Nonostante siano ormai passati più di dieci anni da quando l’UNESCO l’ha iscritta nella lista del patrimonio culturale immateriale dell’umanità, la dieta mediterranea continua a essere ancora oggi una fonte di ispirazione e un punto di riferimento per i regimi alimentari esteri, anche molto diversi dal nostro. Con la sua popolare piramide alimentare, la nostra dieta continua infatti a dettare non solo la frequenza ma anche la varietà degli alimenti da mettere in tavola.
Tuttavia, le ricerche non si sono mai fermate e, in questo senso, è stato fatto un ulteriore passo in avanti: un gruppo di ricercatori italiani dell’università Federico II di Napoli ha pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica Nature uno studio in cui si parla di una nuova frontiera nell’ambito dei modelli alimentari che porta con sé la filosofia di esportare in un’ottica il più possibile globale i principi della dieta mediterranea. Ci riferiamo alla dieta Pianeterranea, ne avete già sentito parlare?
Perché si chiama Pianeterranea?
Il nome Pianeterranea deriva dall’unione delle parole – pianeta e mediterranea – in un’ottica che tende a globalizzare le proprietà e i benefici insiti nella dieta mediterranea sfruttando i prodotti locali e a km0 presenti in ciascuna area del globo presa a riferimento.
Insomma, si tratta di un modello alimentare panico, salubre e sostenibile che si pone l’obiettivo generale di adattare i principi della nostra piramide alimentare ad ogni parte del mondo, facendo un rigoroso riferimento a ingredienti stagionali e soprattutto locali.
Si prevede, quindi, una base vegetale a cui aggiungere un adeguato apporto di grassi insaturi (come l’olio d’oliva) limitando il consumo di carne, pesce e latticini e prediligendo l’impiego di frutta, verdura e cereali integrali. Per fare un esempio: avocado, papaya, mais e banane sono gli alimenti sui quali costruire la piramide alimentare se ci troviamo in America Latina. O noci, pesce e olio di canola se si stratta del Canada.
I vantaggi
Il primo vantaggio della dieta Pianeterranea riguarda la nostra salute: da alcuni studi è emerso che sia in grado di ridurre del 50% l’insorgenza di patologie cardiovascolari (come ictus e infarti) e del 30% malattie metaboliche come il diabete. La ragione di questi benefici si troverebbe proprio nel fatto di rappresentare una dieta varia e bilanciata che propende per il consumo di cereali integrali, fibre e vitamine a discapito di grassi saturi e zuccheri.
Ma anche la sostenibilità non è un aspetto di poco conto: la valorizzazione dei prodotti locali a km0 caratteristici del territorio di ogni parte del mondo contribuirebbe a migliorare la biodiversità e la consapevolezza alimentare riducendo le importazioni e, di conseguenza, l’impatto ambientale delle nostre scelte alimentari.