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Chiese e moschee in rovina, il danno culturale e religioso del sisma

A cavallo tra Turchia e Siria il durissimo terremoto con epicentro vicino Gaziantep che ha colpito nella notte i due Paesi del Vicino Oriente non ha risparmiato nemmeno i luoghi di culto. Dalle prime ore della mattina, le immagini circolanti sui social network e le agenzie hanno mostrato danni, in particolar modo, a chiese e moschee nei due Paesi.

La devastazione delle Chiese cristiane

Drammatici in particolare i danni subiti dalle chiese cristiane a cavallo tra i due Paesi. Le cui conseguenze sono state rese note all’opinione pubblica italiana dal ministro degli Esteri Antonio Tajani, che sul suo profilo Twitter ha ripreso due episodi significativi riguardanti i Paesi colpiti.

In Turchia, vicino al confine, è in macerie la cattederale di Iskederum, città storicamente nota come Alessandrietta. Il domenicano Claudio Monge, residente a Istanbul, ha lanciato il grido d’allarme per la chiesa rilanciato poi da Tajani.

Colpita, secondo quanto riferito dalla comunità locale, la Chiesa dei Quaranta Martiri della comunità armena, centro degli sparuti resti di una popolazione dall’antico radicamento spazzata in larga parte via dal genocidio del secolo scorso.

The Armenian Church of the Holy Forty Martyrs was destroyed in Alexandretta (Iskanderun), 1 Armenian was killed in Malatia.

— 301 Military (@301military) February 6, 2023

Stesso problema ad Antakya, città che sorge dove un tempo vi era Antiochia, una delle capitali della civiltà nel Vicino Oriente classico, ritrascinata violentemente nel gorgo della storia dalla tragedia del sisma. Qui ad essere colpita dal sisma è stata la chiesa del culto ortodosso.

Chiese, moschee, diverse di un certo valore storico, sono ridotte in macerie. Dopo le tragiche immagini della cattedrale latina di Iskenderun, ecco quelle della chiesa greco-ortodossa di Antakya, che ha perso completamente la facciata, oltre ad essere inagibile#terremototurchia pic.twitter.com/sJUyjt0g8i

— Claudio Monge op (@galatacla) February 6, 2023

Monge, Superiore della comunità domenicana e responsabile del Centro domenicano per il Dialogo interreligioso e culturale, segnala l’entità della devastazione che è notevole sul fronte dei danni culturali e simbolici. Le comunità cristiane in Turchia ammontano a una ridottissima minoranza e la perdita di un solo sito rappresenta una tragedia immane. Ad Alessandrietta a dirigere la diocesi è il vescovo Paolo Bizzetti, che si trova oggi in Italia, e ha confermato la distruzione del sito innalzato dai Carmelitani Scalzi nel XIX secolo.

Sul profilo Twitter di Tajani è stata ripresa anche la segnalazione, da parte dell’Ong Pro Terra Sancta, del danneggiamento della chiesa della Custodia della Terra Santa a Aleppo, già città martire della guerra civile siriana negli anni scorsi.

Ha riportato dei danni anche la Cattedrale Presbiteriana di Aleppo e nei canali Telegram e Twitter la lista dei monumenti danneggiati aumenta di ora in ora.

Le moschee simbolo della regione subiscono danni

Alle Chiese si aggiungono i problemi delle moschee. Non a caso nelle prime ore dopo il sisma la prima immagine che appariva era quella dell’imponente Moschea di Yeni, a Malatya, 150 km a Nord-Est di Gaziantep, capitale turca della produzione di albicocche e frutta. Nella notte segnata dal gelo e dalla neve, Malatya ha visto il crollo della sua moschea e le immagini hanno fatto il giro del web.

Walls of the historical Yeni mosque collapse after the 7.8 magnitude earthquake strikes.

Photograph: Anadolu Agency/Getty Images pic.twitter.com/dORXwveMdb

— Abdulsatar Bochnak (@AbdulsatarBoch1) February 6, 2023

Yeni Cami, il nome ufficiale della struttura, in turco significa “la Nuova Moschea” ed è stata costruita nel 1894 su iniziativa del controverso sultano Abdulhamid II dopo che l’antica Moschea Hacı Yusuf era stata distrutta da un altro terremoto, in cui erano morte 1.300 persone. Nell’Impero ottomano in via di tracollo e in cui Abdulhamid faceva della persecuzione contro diverse minoranze cristiane un punto della sua politica di ammiccamento al nazionalismo turco Yeni Cami era diventata un simbolo di tolleranza religiosa, tanto che a Malatya, l’antica Melitene sede legionaria romana, vi lavorarono musulmani, cristiani e ebrei, desiderosi di ridare un simbolo alla propria città. La caduta e la morte di un capomastro cristiano durante la costruzione del minareto, a tal proposito, è commemorata all’interno dell’edifico che oggi rischia di andare perduto.

This mosque was one of the symbols of Malatya where my roots come from. Now it is a wreck (besides hundreds of houses) and we have again witnessed how life is turned upside down in a minute. It will take a long time for our wounds to heal again. #earthquake #turkey pic.twitter.com/3lTcuBOCaY

— Rezan Demir-Cakan (@rezandc) February 6, 2023

In Siria nella città di Hama è andata invece danneggiata una moschea a sua volta simbolica per la città nata sulle rovine della storica Epifania. Oltre a centinaia di morti, la cittadina vicina allo strategico centro di Homs, più volte sede di combattimenti durante la guerra civile nel Paese, ha visto danni notevoli riportati dalla moschea Allama Muhamed Adeeb, soprattutto sulla facciata.

Tutto questo ovviamente è un complemento al principale dei problemi, la conta delle vittime causate dal sisma. Ma non può lasciare indifferenti per la natura materiale e simbolica dei luoghi di culto per regioni già attraversate per anni da odii e tensioni e in cui un ritorno alla normalità appare, alla luce di questi fatti, più difficile. Una comunità ferita materialmente è una comunità a rischio di divisioni. Se poi a essere colpiti sono i simboli di identità e religione, in aree come Turchia e Siria, la portata del sisma si amplifica. E ci dà l’idea della natura immane e inclemente di una tragedia con pochi precedenti nella storia recente della regione.

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