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Dalla Rai ai giornali, il “golpe mediatico” della premier Meloni

Se il centrodestra non godesse già del sostegno “familiare” delle tre reti Mediaset, e di quello padronale della maggior parte dei giornali italiani, l’assalto del governo alla Rai si potrebbe anche archiviare come l’apoteosi di una […]

(di Giovanni Valentini – Il Fatto Quotidiano) – “Costi quel che costi io ho intenzione di togliere la Rai ai partiti” (Matteo Renzi a Radio 24 – 16 maggio 2015)

Se il centrodestra non godesse già del sostegno “familiare” delle tre reti Mediaset, e di quello padronale della maggior parte dei giornali italiani, l’assalto del governo alla Rai si potrebbe anche archiviare come l’apoteosi di una lunga pratica di lottizzazione e spartizione del servizio pubblico radiotelevisivo. Una pratica cui non è affatto estraneo l’intero arco della sinistra, dal Pci-Pds-Pd fino al Movimento 5 Stelle: tanto da aver escluso Fratelli d’Italia, allora unico partito d’opposizione, dall’ultimo Cda di Viale Mazzini. Una reazione di rivalsa da parte di Giorgia Meloni, ancorché deplorevole, potrebbe apparire perciò comprensibile e giustificata.

Ma l’occupazione manu militari della Rai cui stiamo assistendo, già denunciata su questo giornale e in questa rubrica, tende a superare per così dire i limiti della legittima difesa, per assumere il carattere di un’invasione barbarica al grido di guerra “non facciamo prigionieri” ovvero “ora tocca a noi, prendiamoci tutto”. Un saccheggio, dunque, ai danni del pluralismo dell’informazione e della libera concorrenza. E quindi, di quella larga parte dell’opinione pubblica, e verosimilmente dei cittadini abbonati, che in maggioranza non hanno votato sei mesi fa per la destra.

Vogliamo parlare, allora, di “golpe” mediatico? Di emergenza democratica? Certamente si tratta di una mostruosa concentrazione multimediale che, sotto il controllo diretto o indiretto del governo, configura una grave anomalia nel sistema dell’informazione. Al confronto, perfino il famigerato “regime televisivo” berlusconiano, su cui abbiamo consumato nel corso degli anni le tastiere dei computer, si ridimensiona: non fosse altro perché ai tempi di Sua Emittenza il vertice della Rai dipendeva dal Parlamento e non dall’esecutivo, prima dell’infausta riforma imposta dal governo Renzi contro tutta la giurisprudenza costituzionale, mentre il ventaglio dei giornali era in qualche misura più articolato e più libero.

Ora si passa definitivamente dalla tv di Stato alla tv di governo. Un Minculpop virtuale. Un servizio pubblico asservito non più alla partitocrazia, bensì all’autocrazia della “signora Meloni” che non ha voluto raccogliere gli appelli in difesa dell’informazione lanciati ancor prima delle elezioni. E non ha preso in considerazione neppure la ragionevole e costruttiva proposta del suo fiduciario alla Rai, Giampaolo Rossi, ex consigliere di amministrazione, designato adesso alla direzione generale e poi alla poltrona di amministratore delegato nel futuro Cda: e cioè, la proposta di convocare quegli Stati generali che avrebbero potuto almeno impostare la riforma del servizio pubblico magari a partire dalla prossima legislatura.

Niente da fare: la Rai è mia e me la gestisco io, sembra proclamare la presidente Meloni, per mutuare il motto e il gesto spudorato con le dita a triangolo che esibivano le femministe negli anni Settanta. Per quanto attiene alla tv pubblica, la prima donna premier si comporta come l’ultimo premier uomo. E come tutti i predecessori.

Non contento di aver espropriato il Parlamento del controllo sulla Rai, il leader di Italia Viva avanza ancora pretese sulla presidenza della Commissione bicamerale di Vigilanza, riproponendo fino all’ultimo la sua fedelissima Maria Elena Boschi come il conte Dracula a capo dell’Avis, l’Associazione dei donatori di sangue. Ed è quello stesso ex premier che prometteva ai quattro venti “fuori i partiti dalla Rai”, salvo poi nominare il presidente e il direttore generale da Palazzo Chigi. Oggi, parafrasando l’antico motto latino quis custodiet custodes, resta solo da chiedersi chi vigila sulla vigilanza.

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