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Garante, anche in Umbria tanti detenuti in sciopero fame

Garante, anche in Umbria tanti detenuti in sciopero fame

Garante – Non solo Alfredo Cospito, a Milano, ma sono “numerosi” anche nelle carceri dell’Umbria i detenuti che ricorrono allo sciopero della fame per rivendicare quelli che considerano i loro diritti. Così come sono piuttosto frequenti le richieste di intervento che arrivano da quelli al 41bis al Garante regionale per le persone sottoposte a misure ristrettive Giuseppe Caforio. Un quadro che traccia rispondendo all’ANSA. Senza volere entrare nel merito della vicenda dell’anarchico.

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avv. Giuseppe Caforio

“Quello allo sciopero della fame è un diritto e come tale va rispettato – ha detto Caforio – ma purché non metta in pericolo la vita del detenuto. Lo Stato non può consentirgli di arrivare fino alla morte e ha gli strumenti per intervenire. Il trattamento sanitario obbligatorio alimentare è uno di questi”. In Umbria le carceri di Spoleto e Terni ospitano circa 150 detenuti al 41bis.

Diversi quelli che chiedono l’intervento del Garante. “Si rivolgono a noi – ha spiegato Caforio – soprattutto per questioni sanitarie e le istanze sono cresciute nel post pandemia. E’ difficile curare patologie importanti come può essere un tumore in quel regime di detenzione e altrettanto complicato è un trasferimento in ospedale.

Per Matteo Messina Denaro, ad esempio, si è dovuto creare una stanza per la chemioterapia in carcere”. Caforio ha quindi rilevato come il cosiddetto carcere duro preveda “un isolamento totale a 360 gradi”. “E’ di fatto un altro sistema carcerario – ha aggiunto – con i detenuti in stanze, controllati in audio e video 24 ore su 24 da un corpo speciale della polizia penitenziaria.

Nulla può uscire all’esterno”. Il Garante umbro si è quindi soffermato sull’Istituto del 41bis. “E’ una forma di detenzione che ha funzionato per certi reati – ha detto – ma ha sollevato diversi dubbi e critiche, da organizzazioni umanitarie internazionali, in termini di civiltà giuridica. E’ stata fatta usa scelta, di usarlo per debellare certi fenomeni gravi come mafie e terrorismo”.

Secondo Caforio, avvocato e giurista, però, “portato all’eccesso in termini di durata confligge con la funzione rieducativa che deve avere la pena”. “Ci sono dei correttivi che potrebbero essere attuati – ha concluso – magari introducendo sistemi di verifica dopo lunghi periodi di applicazione del 41bis”.

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