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Il cieco ri-nato


di Mirabilia Orvieto

Tutto si svolge a Gerusalemme, durante la festa più importante per i Giudei, detta delle Capanne. Il vangelo di Giovanni, al capitolo 9, racconta di Gesù che vedendo un uomo cieco dalla nascita compie un miracolo di sabato. Sputa per terra, fa del fango con la saliva, la spalma sugli occhi di quel pover’uomo e lo manda a lavarsi nella piscina di Siloe.
Ebbene, il cieco “tornò che ci vedeva”. Grazie a quell’incontro, l’uomo non è più costretto a sopravvivere, elemosinando un po’ di pane agli angoli delle strade, ma può aprirsi finalmente alla vita, una vita davveroinsperata. Egli aveva ritrovato la sua libertà e la sua dignità, in una parola il senso profondo dell’esistenza. Ma questa nuova vita appare subito così diversa dalla precedente che addirittura nessuno lo riconosce. Praticamente l’uomo non è più lo stesso, non perché abbia cambiato i connotati, ma per il suo modo di essere. E invece di gioire per la guarigione del cieco, i Giudei s’indignano perché non possono concepire che un uomo, un peccatore di nome Gesù, potesse fare un simile miracolo. Si attaccano a tutto pur di negare l’evidenza. Chiamano allora i genitori che sottoposti a un vero processo mettono persino in dubbio che sia loro figlio e che sia nato cieco: “Noi non lo sappiamo, lui c’ha la sua età, chiedetelo a lui”. Perché rispondono così? Lo dice l’evangelista: “questo dissero i suoi genitori perché avevano paura dei Giudei”, i quali “avevano già stabilito che se uno avesse riconosciuto Gesù come il Cristo, venisse espulso dalla sinagoga”.
In quel tempo essere espulsi non voleva dire solo essere cacciati dal culto, ma significava l’esclusione totale dalla vita sociale al punto che la comunità doveva stare distante da questi ‘peccatori’ almeno 2 metri.
Nessuno poteva né comprargli, né vendergli nulla, insomma erano come maledetti, condannati alla morte civile. Mentre i farisei discutevano tra loro, ecco che entra in gioco tutta l’ironia dell’ex cieco che risponde con l’esperienza: “se sia un peccatore non lo so”, questo è affar vostro, “una cosa so, che ero cieco e ora ci vedo”. La realtà dei fatti mi dice che è stato proprio lui a guarirmi e questa è la cosa più importante!
Così l’ex cieco mette indiscutibilmente al centro il primato della vita: il bene e il male, sembra dire, lo decide ogni uomo in base a quello che vive e non perché gli è imposto dall’esterno. Quando sono i dogmi a regnare, questo rappresenta la vera cecità che impedisce di leggere la storia. Per i capi religiosi il fatto che un cieco abbia riacquistato la vista è addirittura un male, perché andava contro le loro convinzioni. Essi si sentono gli autorevoli rappresentanti di un Dio ‘disumano’ che mette la legge e la dottrina al di sopra del bene dell’uomo. Non sapendo cosa dire gli replicano con violenza: “Sei nato tutto nei peccati e insegni a noi”. I farisei non vogliono apprendere da nessuno, perché sono loro ad insegnare, ad ammaestrare e a guidare il popolo quando sono dei “ciechi e guide di ciechi”. Ma potrà mai un ex cieco, praticamente un risorto, tornare alla miseranda vita di prima pur di dar loro ragione?

La piscina di Siloe, James Tissot

No, certamente. Al contrario egli fa un ragionamento molto semplice: non si è mai sentito dire che un cieco nato abbia recuperato la vista e se costui(Cristo) non venisse da Dio non avrebbe potuto far nulla. La situazione si rovescia, adesso è l’uomo riscattato da Dio che si trasforma in un profeta che insegna ai cosiddetti ‘maestri’, i quali vogliono far passare il dono di Dio in una colpa. Non possono ammettere che grazie alla trasgressione del comandamento del sabato, che pure Dio osserva, qualcuno possa aver operato del bene. Il vangelo continua con questa espressione: “…e lo cacciarono fuori”.
Ma i capi religiosi che scomunicano gli uomini in nome di Dio sono in realtà i veri scomunicati. Gesù, infatti, appena saputo che l’uomo da lui guarito è stato cacciato dalla sinagoga corre a cercarlo. Ed è proprio qui la sorpresa. L’espulsione da parte dell’istituzione religiosa non causa la tanto temuta rovina dell’ex cieco, anzi diventa per lui una provvidenziale occasione per incontrare e vedere il Signore. Quando lo trovò, Cristo gli disse: “Tu, credi nel Figlio dell’uomo?”. Egli rispose: “E chi è, Signore, perché io creda in lui?”. Gli replicò Gesù: “Lo hai visto: è colui che parla con te”. È stata proprio l’esperienza a dire a quell’uomo riscattato e tornato alla vita che in lui si era manifestata tutta l’opera creatrice di Dio il quale, dopo aver plasmato l’uomo dalla terra, lo guardò perché Dio non è invisibile, ma è colui che guarda e si lascia guardare negli occhi.

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