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La ricerca sui buchi neri fa grandi passi in avanti

02 Apr 2023 18:01

di G.R.

Suscita molto interesse e fa grandi passi in avanti la ricerca sui buchi neri. A dimostrarlo sono due studi pubblicati su Monthly notices of the royal astronomical society riportati in Italia da Sky Tg24. Il primo è una ricerca di un gruppo coordinato da James Nightingale, dell’Università di Durham, che ha individuato uno dei buchi neri supermassicci più grandi mai visti. Si trova a 2,7 miliardi di anni luce da noi e ha una massa grande 32,7 miliardi di volte quella del nostro Sole. Il secondo è di un team del Centro Harvard-Smithsonian e Istituto Max Planck, che ha trovato con il satellite europeo Esa Gaia due buchi neri più piccoli. Hanno una massa grande circa 10 volte quella del nostro sole e sono i più vicini a noi mai scoperti trovandosi a una distanza di 1.500 e 3.000 anni luce.

L’importanza dei buchi neri

Per capire meglio ciò di cui stiamo parlando partiamo dall’abc. L’appassionato di astronomia ed esperto di didattica e divulgazione Maurizio Caselli spiega in parole semplici cosa è un buco nero: «È un oggetto che nasce dalla morte di una stella massiccia, una supernova che fa un gran botto. Tutto scompare sotto il proprio peso e resta una grande forza gravitazionale». Negli ultimi anni, con il progresso degli strumenti di ricerca e i risultati che ne sono conseguiti, sono aumentate anche le domande: «Quelli di cui ho parlato sono i buchi neri di origine stellare. Se ne sono trovati alcuni però anche con 30, 40 o addirittura 50 masse solari. Considerando che tanta massa della stella originaria viene dispersa nello spazio e ne resta solo una parte, ci si chiede come sia possibile lo sviluppo di buchi neri così massicci. Ci sono poi i supermassicci che si trovano al centro delle galassie e bisogna capire chi è nato prima. Alcuni sono stati osservati quando l’universo era giovanissimo, aveva qualche centinaia di milioni di anni, e secondo i modelli hanno avuto pochissimo tempo per formarsi. I buchi neri oggi sono anche un buco di mistero». La loro importanza è legata alla curiosità dell’uomo che si interroga sulla Via Lattea e sull’universo: «Possono dare risposte sull’origine del tutto. La fisica del buco nero non si può riprodurre in laboratorio eccetto che con modelli matematici. Cosa avviene all’interno ancora non lo sappiamo ma ci sono tante ipotesi, alcune più fantascientifiche come quella alla base del film Interstellar».

Gli studi

La massa del buco nero osservato dall’università di Durham (32,7 miliardi di volte quella del nostro Sole) è notevole. Caselli commenta: «Innanzitutto diciamo che si tratta di oggetti extragalattici, ovvero che si trovano al di fuori della Via Lattea. Ricorda il gigantesco M87 della galassia Virgo A. Sembra però nudo e dobbiamo domandarci se è stato espulso». A dare ancora più importanza alla scoperta è l’utilizzo della lente gravitazionale: «Il telescopio stava osservando un ammasso di galassie quando nella linea di vista un buco nero ha distorto l’immagine a causa della distorsione spazio-tempo. Ci si accorge che qualcosa non va come quando dalle vecchie finestre si vedeva il panorama compresso e ci si accorgeva che era a causa delle irregolarità sui vetri. Solitamente i buchi neri vengono osservati perché la materia prima di essere risucchiata produce delle radiazioni elettromagnetiche. La lente gravitazionale è invece molto utile anche per i pianeti extrasolari». Nello studio dei due buchi neri minori c’è anche un pizzico d’Italia: «Gaia è il satellite dell’Agenzia spaziale auropea (Esa) che sta realizzando la mappatura delle stelle e ci darà tante soddisfazioni». Caselli rassicura tutti sulla vicinanza: «Sono di origine stellare e si trovano dentro la via lattea. A 1.500 e 3.000 anni luce si trovano anche alcune stelle che riusciamo a vedere a occhio nudo ma ricordiamoci che un anno luce sono 10 mila miliardi di chilometri. Comunque – sorride – non verremo risucchiati via».

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