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Nuove armi all'Ucraina: riparte l'assedio a Scholz

Prima i carri armati Leopard 2, ora i caccia F-16. Una nuova querelle sugli aiuti militari da fornire a Kiev vede al centro della scena Berlino. Il braccio di ferro non è più tra la Germania e gli alleati occidentali che rappresentano il cuore della Nato, ma tra Berlino e i falchi antirussi dell’Est, guidati dalla Polonia. In gioco c’è la conferma della linea tedesca varata sulla crisi ucraina: ogni assistenza a Kiev deve passare per Berlino; la sicurezza dell’Ucraina è da ritenere funzionale alla coesione e alla difesa dell’architettura di sicurezza europea; il governo di Olaf Scholz intende tenere ben distinti i confini tra il sostegno al Paese vittima dell’aggressione russa e lo sdoganamento di una guerra per procura contro Mosca, condotta invece da Stati Uniti, Regno Unito, Polonia e falchi baltici.



Ritenuto debole e indeciso, Scholz sta tenendo botta e ha potuto più volte rivendicare che la Germania è la terza nazione più attiva nel sostegno all’Ucraina. Vuole la protezione dell’Ucraina, ma non l’innalzamento del livello dello scontro con la Russia, complice il fatto che Berlino ha sofferto più di ogni altro Paese del Vecchio Continente i contraccolpi del braccio di ferro tra Occidente e Mosca.

Su questo fronte ora premono i falchi polacchi e i settori più intransigenti del governo ucraino, tra cui spicca il viceministro degli Esteri Andriy Melnyk, ex ambasciatore a Berlino. Già pronto a “ubriacarsi”, come ha dichiarato, dopo la consegna dei Leopard e ora intento a chiedere alla Germania anche i sottomarini U-212.

Hello folks, as I feared, my creative idea to deliver a German submarine HDW Class 212A to Ukraine was ridiculed by some sceptics. I am fine. What counts is that 🇩🇪experts are convinced: this “world’s quietest sub could help combat Russian Black Sea navy”💪https://t.co/V2NHqsEuve pic.twitter.com/gt56GrYU1e

— Andrij Melnyk (@MelnykAndrij) January 30, 2023

L’attendismo tedesco

La combo F-16 e U-212 sarebbe intesa dalla Russia come un allargamento eccessivo del conflitto e farebbe ricadere sulla Germania conseguenze gravissime in termini di ritorsioni strategiche. Non dimentichiamo che Berlino ha subito l’attentato al gasdotto Nord Stream 2, di matrice non confermata, imputabile con ogni probabilità a frange radicali degli apparati polacchi e baltici desiderosi di silurare la “GeRussia”; ha visto un’infiltrazione crescente di spie russe ai massimi livelli decisionali, compresa la discussa “lobby” sulla cybersicurezza e i servizi segreti; ha conosciuto a dicembre lo svelamento del putsch che i Reichsburger filorussi volevano mettere in pratica. Insomma, è diventata campo di battaglia.

Mykhailo Podolyak, consigliere del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, ha denunciato un atteggiamentoconservatore” da parte di Berlino, ma Scholz ha ribadito che il dibattito sulle future armi all’Ucraina “inizia in Germania” in un’intervista al Tagesspiegel, annunciando poi che “per me è importante ora che tutti coloro che hanno annunciato la loro intenzione di fornire carri armati all’Ucraina lo facciano”.

Dopo aver proposto di trasferire munizioni tedesche detenute dalle forze armate brasiliane ricevendo il rifiuto di Lula, Scholz (che ha meditato la mossa) può a maggior ragione ribadire la discontinuità del fronte che spinge per il sostegno più massiccio a Kiev. E alleggerire le critiche che, spesso ingenerosamente, sono state rivolte nei suoi confronti. Aventi l’obiettivo di ridurre la credibilità e la tenacia della strategia tedesca per l’Ucraina e l’Europa.

Le conseguenze di questo braccio di ferro

Colpire Scholz significa colpire la volontà di una terza via per l’Ucraina dopo che la sfrontatezza di Vladimir Putin ha frenato la volontà di Emmanuel Macron e della Francia di farsi pacieri. Paesi come la Polonia, l’Estonia, la Lettonia e la Lituania criticano l’impegno tedesco per Kiev per aumentare il potere negoziale nella Nato e nell’Unione Europea. Un gioco che il cancelliere, alle prese con un governo frastagliato e diviso, ha però capito. Non intende, dunque, essere l’artefice dell’incendio europeo nel prossimo futuro. E mira anche a preservare la stabilità economica e sociale interna, già spezzata a più riprese nel 2022.

In quest’ottica, va tenuta in conto anche la necessità del governo tedesco di interpretare a tutto campo la Zeitenwende, la svolta strategica del riarmo oggi affidato al neo-ministro della Difesa Boris Pistorius. A cui Berlino non vuole rinunciare, mettendo unicamente al servizio dell’Ucraina la sua industria militare.

In questo gioco d’incastro la Germania preserva i suoi margini di autonomia strategica dettando i tempi del dibattito alla Nato e fungendo da potere frenante di fronte ai falchi più radicali. Una novità per l’atteggiamento di una potenza economica sempre in secondo piano, in passato, sulle grandi questioni geopolitiche.

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