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Separazione e divorzio secondo le Chiese ortodosse – Aldo Maria Valli

Cari amici di Duc in altum, prosegue nel blog il dibattito sugli ortodossi e sulle simpatie che in ambito cattolico si vanno delineando verso le loro chiese, viste come più coerenti nell’opporsi alla modernità e più coraggiose nel proclamare la fede. 

Segnalo i contributi finora ricevuti: Lettera / Ortodossi “ramo secco”? Ma loro aprono nuove chiese, noi le chiudiamo (di Angelo Busico), Lettere / Il mondo ortodosso è scismatico. Restiamo cattolici! (di don Andrea Mancinella e A.S.),  Sul fascino esercitato dal mondo ortodosso / Ma la Chiesa cattolica resta la nostra madre (di Paolo Deotto). 

Nell’ambito del dibattito, al fine di accrescere la conoscenza del mondo ortodosso, don Andrea Mancinella mi ha inviato un articolo di Cyril Vasiľ, arcivescovo cattolico slovacco di rito orientale, gesuita. Figlio di un sacerdote della Chiesa greco-cattolica slovacca e già rettore del Pontificio istituto orientale oltre che segretario della Congregazione per le Chiese orientali, Vasil’ è attualmente eparca di Košice. Trovate l’articolo subito dopo alcune parole introduttive dello stesso don Andrea. Buona lettura.

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Caro Valli,

poiché mi sto accorgendo che tra i cattolici c’è una quasi totale disinformazione circa ciò che succede veramente tra i sedicenti “ortodossi”, a cominciare dal tema della famiglia, le invio un intervento in proposito dell’arcivescovo Cyril Vasil’, di rito cattolico orientale.

Molti per esempio non sanno che, contro le chiarissime parole di Gesù, – “Quello dunque che Dio ha congiunto, l’uomo non lo separi” (Mt 19.6) -, essi ammettono il divorzio, minando così alla base il nucleo familiare. Senza contare la vera e propria schiavitù degli ortodossi verso le istituzioni statali, siano esse quelle comuniste dei tempi dell’Urss o quelle odierne.

Spero che questo articola contribuisca a istruire e a far tornare in sé i cattolici eventualmente tentati di passare allo scisma.

don Andrea Mancinella

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Separazione, divorzio, scioglimento del vincolo e seconde nozze. Approcci teologici e pratici delle Chiese ortodosse

di Cyril Vasil’, S.J.

L’influenza del diritto civile romano e bizantino su divorzio e secondo matrimonio

Nell’era pre-cristiana, il diritto romano permetteva il divorzio per due ordini di motivi: per un accordo fra le parti (dissidium) o per il ripudio di una delle parti a causa di una colpa dell’altra (repudium). […]

Il maggior riformatore del diritto romano, l’imperatore Giustiniano i (527-565), volle applicare la sua riforma del diritto matrimoniale alla Chiesa. […] La Novella 117 di Giustiniano era un compromesso fra la tradizione della Chiesa orientale – che consentiva la separazione per adulterio o per entrare in monastero – e il diritto romano che permetteva il divorzio per molti altri motivi.

Si dice spesso che la Chiesa orientale, nel suo desiderio di vivere in armonia con l’autorità civile, abbia fatto molte concessioni, anche a costo di alterare il messaggio evangelico. Si può tuttavia affermare che nel corso del primo millennio anche in oriente la Chiesa aderiva all’assioma di san Girolamo secondo cui “aliae sunt leges Caesarum aliae Christi” (una cosa sono le leggi di Cesare, un’altra quelle di Cristo). […]

Il primo vero cambiamento si ebbe con il Nomocanone in 14 titoli redatto dal patriarca Fozio nell’883, in cui – mentre si affermava l’indissolubilità del matrimonio – si prevedeva anche una lista di motivazioni per il divorzio, nella forma introdotta dalla legislazione di Giustiniano. Il successivo sviluppo dell’impero bizantino rafforzò, da una parte, il ruolo della Chiesa, dall’altra aprì la strada a una sovrapposizione delle due istituzioni, lo stato e la Chiesa. […]

Fino alla fine del IX secolo era ancora possibile contrarre il matrimonio civile, ma dall’anno 895, sulla base della Novella 89 dell’imperatore Leone IV, la Chiesa fu proclamata l’unica istituzione legalmente competente a celebrare i matrimoni. In questo modo, la benedizione sacerdotale divenne una parte necessaria dell’atto civile del matrimonio.

La Chiesa si trovò così a ricoprire il ruolo di garante del matrimonio come istituzione sociale. In conseguenza di ciò, i tribunali ecclesiastici divennero gradualmente – e nel 1086 definitivamente – gli organi competenti in via esclusiva per l’esame dei casi matrimoniali: la Chiesa orientale doveva così conformare il suo esercizio allo Stato e alla legge civile. Una volta che la legge civile iniziò a consentire il divorzio e i successivi nuovi matrimoni, la Chiesa orientale si trovò dunque obbligata a riconoscere queste pratiche. […]

La successiva diffusione del cristianesimo dal suo centro in Costantinopoli verso territori e nazioni di missione portò con sé anche l’estensione delle pratiche giuridico-disciplinari di questa tradizione, come pure la diffusione dei principi teologici che di tali pratiche costituivano il fondamento.

È per questo che oggi vediamo come le diverse Chiese ortodosse, nonostante siano istituzionalmente e gerarchicamente separate, seguano per lo più i medesimi principi disciplinari e spirituali.

Il divorzio nella Chiesa ortodossa russa

Quando il cristianesimo giunse in Russia dall’antica Bisanzio, le prescrizioni del diritto bizantino riguardo al divorzio vennero incorporate nelle leggi locali, con alcune modifiche attinenti alla situazione russa. […]

Nel cosiddetto periodo sinodale (1721-1917), fu stabilito e precisato dalle autorità statali, in collaborazione con le autorità ecclesiastiche, un numero fisso di giustificazioni per il divorzio. […]

Nel 1917-18 il Concilio panrusso (Vserossijskij Pomestnij Sobor) della Chiesa ortodossa russa adottò una nuova legislazione riguardante i divorzi, in reazione alla legge sovietica laicista […]

Il 7 aprile 1918 il Concilio emanò una delibera in cui stabiliva che il matrimonio benedetto dalla Chiesa è indissolubile. Il divorzio, diceva il documento, “è ammesso dalla Chiesa solo per condiscendenza verso l’imperfezione umana e nella cura per la salvezza dell’uomo”, a condizione che ci sia stata una rottura radicale del matrimonio e che la riconciliazione sia impossibile. La decisione di concedere un divorzio ecclesiastico cadeva sotto la competenza dei tribunali ecclesiastici, che agivano su richiesta degli sposi e per ragioni conformi a quelle approvate dal santo sinodo […]

Oggi la Chiesa ortodossa russa ammette quattordici cause di divorzio. […] Dagli studi sui casi concreti di divorzio autorizzati, con decreti o con dichiarazioni, dai vescovi della Chiesa ortodossa russa, non si evince però il metodo seguito nell’investigazione canonica, né si vede chiaramente l’applicazione dei criteri elencati dalla normativa ecclesiastica. Spesso quello che emerge dalla documentazione è semplicemente il decreto ecclesiastico di divorzio, assieme alla richiesta presentata dalle parti interessate, all’attestazione che la coppia non è più convivente e all’indicazione dell’avvenuto divorzio civile. Ed è in base a questi soli dati che vengono consentiti lo scioglimento del matrimonio religioso e la possibilità di risposarsi.

Il divorzio nella Chiesa ortodossa greca

[…] Dal XII secolo in poi, il divorzio è stato recepito nelle leggi canoniche e nella prassi della Chiesa greca. Gradualmente, le cause di divorzio si modellarono sempre più sulla situazione della società. […]

A partire dal XVII secolo, la prassi divorzista divenne più restrittiva […] Alla fine del XVIII secolo, la compilazione di leggi nota come Pedalion permetteva solo una giustificazione per il divorzio, ossia l’adulterio. […]

Sia la moglie che il marito erano scomunicati se divorziavano per qualsiasi altra ragione e se si risposavano. Queste persone erano allora punite canonicamente con sette anni di esclusione dall’eucaristia. Il Pedalion ricordava anche che, in base al Concilio di Cartagine (407), gli sposi che divorziavano per ragioni diverse dall’adulterio si dovevano riconciliare, o non sposarsi più. Il Pedalion fu pubblicato con il consenso del patriarca e divenne il testo più autorevole della Chiesa greca. Non ebbe mai, però, un influsso molto restrittiva sulla pratica del divorzio.

La Grecia ottenne l’indipendenza nel 1832, e le questioni matrimoniali vennero regolate da un decreto regio emanato nel 1835. […] Lo Stato greco riconobbe il carattere sacramentale del matrimonio e affidò le questioni matrimoniali alla competenza della Chiesa ortodossa greca, salvo le questioni dei divorzi, che rimasero attribuite allo Stato. […] Se questo decretava in tribunale il divorzio, il vescovo era allora obbligato dalla legge civile a garantire il “divorzio spirituale”. […]

Il coniuge divorziato – e il cui divorzio civile fosse stato riconosciuto anche dall’autorità ecclesiastica – che voleva poi contrarre un nuovo matrimonio, doveva fare una penitenza (epitimia). E aveva un carattere penitenziale anche il rito della celebrazione del nuovo matrimonio. […]

Un terzo matrimonio veniva concesso solo ai divorziati che avessero compiuto i 40 anni di età e senza prole. A loro però si proibiva di ricevere l’eucaristia per cinque anni. […] Le quarte nozze erano proibite. […]

Nel 1982 si ebbe in Grecia un’ulteriore riforma del diritto di famiglia, che introdusse un’opzione fra matrimonio religioso e matrimonio civile […]

Oggi, per la struttura giudiziaria greca, solo il tribunale civile ha competenza nelle cause di divorzio. Solo dopo che il decreto civile di divorzio è stato emesso è possibile per la Chiesa decidere la concessione del divorzio religioso. La dissoluzione canonica del matrimonio riguarda peraltro solo coloro che hanno contratto un matrimonio canonico e desiderano contrarne un altro. […]

Confrontando ora il divorzio nella Chiesa ortodossa russa e in quella greca, vediamo che le cause di divorzio possono essere divise in tre gruppi:

  1. Adulterio e altri atti immorali simili;
  2. Situazioni fisiche o giuridiche assimilabili alla morte (irreperibilità, tentato omicidio, malattia insanabile, detenzione, separazione di lunga durata, ecc.);
  3. Impossibilità morale di una vita comune (incoraggiamento all’adulterio ecc.).

Procedimenti giuridici nei paesi dotati di “statuti personali”

[…] In Libano, come anche in altri paesi dell’ex-impero ottomano, la vita delle singole comunità cristiane è governata dai cosiddetti statuti personali. In questi statuti personali, le singole Chiese definiscono se stesse e le loro relazioni con le altre comunità ecclesiali. […]

In questo modo le singole Chiese sono “costrette” a definire le ragioni e le condizioni per dichiarare la nullità di un matrimonio, lo scioglimento del vincolo coniugale, la separazione degli sposi con permanenza del vincolo e il divorzio, come anche la possibilità di contrarre un nuovo matrimonio.

Osservando questi approcci alle questioni matrimoniali in varie Chiese ortodosse possiamo concludere che, nella pratica, le Chiese ortodosse adottano o riconoscono, più o meno velatamente, i divorzi civili. […]

Nella prassi attuale, la separazione di lunga durata dei coniugi è considerata equivalente al divorzio, poiché nella teologia ortodossa la vita comune è un elemento essenziale del matrimonio, e il concetto di separazione “manente vinculo“, come applicato dalla Chiesa cattolica, è sconosciuto alle Chiese ortodosse.

Indissolubilità del matrimonio. Esiste una dottrina ortodossa comune?

Nella ricerca di una dottrina ortodossa comune sull’indissolubilità del matrimonio, sul divorzio e sui divorziati risposati, ci troviamo di fronte alla questione se sia effettivamente possibile parlare di tale dottrina comune o di un “magistero” delle Chiese ortodosse. […]

La prima difficoltà che incontriamo è il fatto che in passato furono pochi gli autori ortodossi che tentarono una riflessione teologica approfondita sulla dottrina comune ortodossa. […]

In generale, possiamo dire che sulla base del Vangelo tutti gli autori ortodossi riconoscono istintivamente l’indissolubilità del matrimonio cristiano come un tema centrale, e insegnano questa dottrina agli sposi cristiani come un ideale a cui tendere. […]

In ogni caso, anche se i vescovi ortodossi riconoscono la possibilità del divorzio e delle seconde nozze, li ammettono come un’eccezione che conferma la regola dell’unità del matrimonio e della sua indissolubilità.

Fra gli autori e i vescovi ortodossi non mancano gli oppositori radicali del divorzio. Alcuni di questi autori sostengono l’osservanza completa dell’indissolubilità del matrimonio e l’impossibilità del divorzio per qualsiasi ragione.

Ad esempio, l’arcivescovo russo Ignat8us (per la Chiesa ortodossa russa sant’Ignatius Brianchaninov, 18071867) non permetteva mai il divorzio, nemmeno per l’adulterio.

Più moderati, ma apprezzabilmente contrari al divorzio, sono stati anche l’arcivescovo Iacovos (Coucouzis, 1911-2005), metropolita ortodosso del nord e del sud delle Americhe (1959-1996), che già nel 1966 insistette sul fatto che il divorzio dovesse essere limitato, come pure il patriarca copto Shenouda III (1923-2012), che dopo la sua intronizzazione nel 1971 restrinse le ragioni considerate valide per concedere il divorzio nella Chiesa copta ad una sola: l’adulterio. […]

Considerazioni conclusive

[…] Per il canonista cattolico abituato a ragionare secondo le categorie del diritto processuale matrimoniale è spesso difficile comprendere il fatto che nella Chiesa ortodossa, di per sé, non si parli mai di aspetti procedurali delle cause matrimoniali, né esistano in questa materia avvocati, procuratori, difensori del vincolo, istanze di appello.

Le Chiese ortodosse non hanno praticamente mai elaborato una dottrina chiara dell’indissolubilità del matrimonio, che possa trasferire i criteri del Nuovo Testamento al livello giudiziario. Questo è il fatto chiave che ci permette di capire perché le Chiese ortodosse, anche al livello delle loro autorità più alte, accettino – spesso passivamente – la realtà sociologica. […]

La posizione della Chiesa cattolica

La Chiesa cattolica non riconosce le procedure di scioglimento del legame coniugale e quelle connesse al divorzio per adulterio, nel modo in cui tali procedure sono applicate da varie Chiese ortodosse, né riconosce l’applicazione del principio della “oikonomia” (che in questo caso è considerato contrario alla legge divina), perché queste modalità di scioglimento presuppongono l’intervento di un’autorità ecclesiastica nella rottura di un accordo matrimoniale valido.

Nelle decisioni in questa materia emesse dalle autorità della Chiesa ortodossa, sono generalmente carenti o praticamente sconosciute le distinzioni fra “dichiarazione di nullità”, “annullamento”, “dissoluzione” e “divorzio”, e spesso i motivi sottesi alle decisioni non sono indicati. […]

Molte Chiese ortodosse si limitano semplicemente a ratificare le sentenze di divorzio emanate dai tribunali civili. In altre Chiese ortodosse, ad esempio in Medio Oriente, laddove le autorità ecclesiastiche hanno la competenza esclusiva in materia matrimoniale, le dichiarazioni di scioglimento del matrimonio religioso vengono rilasciate solo applicando il principio della “oikonomia“.

All’inizio di questo saggio ci siamo chiesti se la prassi ortodossa possa rappresentare una via d’uscita per la Chiesa cattolica di fronte all’instabilità crescente dei matrimoni sacramentali, se cioè possa provvedere un approccio pastorale accettabile per quei cattolici i quali, dopo il fallimento del matrimonio sacramentale e il successivo divorzio civile, vogliano contrarre un secondo matrimonio civile.

Prima di rispondere a questa domanda, però, bisogna considerare un’altra questione. Possiamo pensare di risolvere le difficoltà che i matrimoni cristiani devono affrontare nel mondo contemporaneo diminuendo le esigenze dell’indissolubilità? […]

Cristo ha portato il suo nuovo, rivoluzionario messaggio, un messaggio che era controcorrente per il mondo pagano. I suoi discepoli hanno annunciato la sua buona novella, senza timore di presentare obiettivi troppo alti o quasi impossibili per la cultura del tempo. Il mondo di oggi, forse, è analogamente segnato da un neo-paganesimo fatto di consumismo, comodità, egoismo, pieno di nuove crudeltà perpetrate con metodi sempre più moderni e sempre più disumanizzanti. La fede nei principi soprannaturali è ora più che mai umiliata e derisa.

Tutto ciò ci porta a considerare se la “durezza di cuore” possa costituire un argomento sufficiente a oscurare la limpidezza dell’insegnamento evangelico sull’indissolubilità del matrimonio cristiano.

La risposta ai molti dubbi e alle molte domande, alle molte tentazioni di trovare la “scorciatoia” o di “abbassare l’asticella” per quel grande salto esistenziale che uno fa nel grande “contesto” di una vita matrimoniale, in tutta questa confusione di voci contrastanti e distraenti, risuona ancora oggi nelle parole del Signore: “Quello che Dio ha unito l’uomo non separi” (Mc 10, 9).

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