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Trump incriminato: persecuzione politica e rischio crisi istituzionale – Federico Punzi

Mentre qualcuno cominciava a sospettare che il procuratore distrettuale di Manhattan, Alvin Bragg, stesse per lasciar cadere il caso, ecco che è arrivata l’incriminazione di Donald Trump, la prima volta di un ex presidente. A riportarlo, nella tarda serata di ieri, il New York Times, citando proprie fonti.

Ancora non sono note le accuse specifiche. Ma la vicenda è nota: Trump avrebbe giustificato come spese legali una serie di pagamenti mensili, per complessivi 130.000 dollari, al suo avvocato Michael Cohen, che in realtà sarebbero stati un rimborso dei soldi anticipati dallo stesso Cohen per comprare il silenzio della porno star Stormy Daniels su una presunta relazione con Trump avuta circa un decennio prima della sua elezione a presidente nel 2016.

Ora l’ex presidente rischia l’arresto, che potrebbe essere eseguito nei prossimi giorni, o potrebbe presentarsi spontaneamente, come avrebbe confidato un suo legale alla NBC. Non si è fatto attendere il suo primo commento: “Questa è persecuzione politica e interferenza elettorale al più alto livello della storia”.

Le reazioni

Questa volta non si è fatta attendere nemmeno la reazione del governatore della Florida Ron DeSantis, che ha dichiarato che “non assisterà una richiesta di estradizione”, Bragg sta “forzando la legge” per perseguire un avversario politico. “L’uso politico del sistema legale per far avanzare un’agenda politica capovolge lo stato di diritto, è antiamericano“.

Una decisione che rischia di precipitare ancor di più gli Stati Uniti nel caos politico e istituzionale e che dimostra ancora una volta la determinazione dei Democratici e dell’impero Soros – da cui Bragg è stato finanziato – di impedire con ogni mezzo a Trump di tornare alla Casa Bianca.

Il procuratore, ha commentato lo Speaker della Camera Kevin McCarthy, “ha danneggiato irreparabilmente il nostro Paese nel tentativo di interferire nelle nostre elezioni presidenziali… La Camera dei Rappresentanti terrà conto di Alvin Bragg e del suo abuso di potere senza precedenti“.

Il procuratore distrettuale di Manhattan, secondo l’ex segretario di Stato Mike Pompeo, “sta minando la fiducia dell’America nel nostro sistema legale. Bragg è lo stesso procuratore finanziato da Soros che si rifiuta di perseguire crimini violenti e che ha declassato più della metà di tutti i reati a reati minori”. Con Trump l’unico caso in cui farebbe il contrario: da un reato minore ad un crimine.

Perché il caso non sta in piedi

Avevamo già spiegato in un precedente articolo la debolezza del caso. Anche se fosse, la falsificazione di documenti aziendali è un reato minore a New York (misdemeanor), con un termine di prescrizione di due anni, il che significa che è quasi certamente prescritto.

Per rendere il caso lontanamente sostenibile, Bragg deve trasformarlo in crimine (felony), che ha un termine di prescrizione di cinque anni. Ma ciò richiederebbe provare che Trump intendeva falsificare i documenti per nascondere un altro crimine che sapeva di aver commesso. Dunque, Bragg dovrebbe provare che Trump ha commesso un altro crimine e dimostrare che sapeva che stava commettendo un altro crimine e aver agito con l’intento di nasconderlo.

Il crimine di cui Bragg potrebbe accusare Trump, secondo le indiscrezioni e le supposizioni dei commentatori, è una violazione delle leggi sul finanziamento della campagna elettorale. Ma anche qui l’appiglio sarebbe ancora molto debole, perché tali leggi, nel caso delle elezioni presidenziali, sono federali e Bragg non avrebbe giurisdizione.

L’anno scorso Hillary Clinton ha tranquillamente sanato una violazione della legge sul finanziamento della campagna, per aver giustificato le spese per il Dossier Steele, la bufala alla base del Russiagate, come servizi legali. Una multa e via…

Anche se Bragg ci riuscisse, Trump ha rimborsato Cohen con fondi privati, non della campagna. Inoltre, la motivazione più ovvia dell’ex presidente nel falsificare i registri, non era nascondere un altro crimine, ma mantenere segreto l’accordo di riservatezza da sua moglie e dall’opinione pubblica.

Insomma, vedremo quali sono le accuse su cui ha deciso di puntare Bragg, ma sulla base delle informazioni pubblicamente disponibili ad oggi, da qualunque parti lo si giri, il caso non sembra proprio poter stare in piedi.

Gli effetti politici

Tanto non sta in piedi che persino alcuni Democratici ferocemente anti-Trump hanno auspicato che Bragg non lo incriminasse, temendo che un caso così debole possa screditare altre inchieste su Trump, pur sempre discutibili ma almeno per fatti più seri, come l’assalto del 6 Gennaio e i documenti riservati custoditi a Mar-a -Lago.

C’è una diffusa convinzione tra i commentatori oltreoceano, non solo di destra, che l’incriminazione possa favorirlo nella corsa alla Casa Bianca, quanto meno aiutarlo a vincere le elezioni primarie. Uno scenario paventato in particolare dai repubblicani never-Trump.

Ma abbiamo già spiegato perché questa lettura non ci convince. Passata la prima ondata emotiva, con la rabbia del popolo MAGA e la simpatia anche di chi non lo ama, che troveranno oltraggiosa questa incriminazione, potrebbe infatti prevalere nell’elettore moderato la percezione di un Trump azzoppato, che quand’anche uscisse vincitore dalle primarie, sarebbe destinato a sconfitta certa, condannando i Repubblicani ad altri quattro anni fuori dalla Casa Bianca. I piccoli donatori aumenteranno, ma i grandi finanziatori scapperanno.

Inoltre, è probabile che questa incriminazione rappresenti una sorta di passaggio del Rubicone, il via ad altre incriminazioni per vicende più gravi, come il caso dei documenti di Mar-a-Lago, il 6 Gennaio e il caso “Stop the Steal” in Georgia. I procuratori, che si ritrovano tra le mani questi casi molto più solidi, non volendo essere da meno, non esiteranno anch’essi a incriminarlo.

Sebbene discutibili e politicamente motivate, le accuse di aver ostacolato il Congresso il 6 gennaio 2021 e di aver ostacolato l’indagine sui documenti classificati custoditi a Mar-a-Lago (nonostante a Biden e alla Clinton per una condotta del tutto simile sia riconosciuta sostanziale impunità) si riferiscono a fatti estremamente seri, ai quali molti elettori repubblicani e indipendenti sono più sensibili rispetto al caso ridicolo portato avanti da Bragg.

I procuratori di Soros

Non ispira certo fiducia che a guidare l’inchiesta sia un procuratore di sinistra radicale, Alvin Bragg, eletto grazie ai copiosi finanziamenti di George Soros. È questo uno degli aspetti più inquietanti: un governo ombra o parallelo, quello di Soros, che ormai controlla pezzi sempre più ampi del potere giudiziario Usa.

E un uso politico-ideologico della giustizia più sottile del mero perseguitare gli avversari politici, perché la linea comune dell’esercito dei procuratori di Soros è depenalizzare di fatto i reati commessi da poveri e appartenenti a minoranze, o dai militanti dei gruppi di sinistra radicale, come Antifa e BLM.

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