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Un'arma chiamata TikTok

TikTok è la rete sociale (social network) più in voga tra gli internauti delle generazioni Y e Z di tutto il mondo, ma in particolare dei Paesi occidentali. Nata nel 2016 da un’idea del visionario software engineer Zhang Yiming, che è anche il fondatore della casa madre – ByteDance –, TikTok non è che la versione per il mercato internazionale di Douyin, una delle applicazioni di condivisione video più scaricate e utilizzate nella Repubblica Popolare Cinese.

In pochi anni, grazie ad una campagna pubblicitaria accattivante e ad un “algoritmo anti-algoritmico”, TikTok è divenuta una delle applicazioni più utilizzate del pianeta. Degna sfidante delle piattaforme sociali globali di origine occidentale, come la famiglia Meta di Mark Zuckerberg, TikTok ha fatto ingresso nel 2023 nelle vesti di quarta app con il maggior numero di utenti attivi mensilmente – un miliardo –, dietro a Facebook – 2,9 miliardi –, YouTube – 2,2 miliardi – e Instagram – 1,4 miliardi.

Il successo di TikTok è primariamente legato al possesso di suddetto algoritmo anti-algoritmico, che, permettettendo la popolarizzazione istantanea dei contenuti, al di là del tema trattato e del numero di seguaci (follower) dell’utente, è in grado di “trasformare persone comuni in star dell’internet”. Il sogno di ogni figlio legittimo della società dello spettacolo. La forza delle tesi di Thorstein Veblen sui proletari ossessionati dai simboli di status. L’avveramento della profezia di Andy Warhol sul capitalismo che avrebbe dato a chiunque quindici minuti di celebrità.

L’algoritmo malleabile e il funzionamento intuitivo sono i segreti del successo di TikTok, l’app divenuta fenomeno culturale, così come sono due dei motivi del declino delle maggiori piattaforme sociali globali di origine occidentale, in particolare Facebook. Ma come è vero che la famiglia Meta manipola l’algoritmo col pretesto di contrastare la disinformazione e di fermare i discorsi d’odio, lo è altrettanto che la prole di ByteDance non ha meno ombre in materia di operazioni psicologiche, guerre informative e raccolta dati per usi impropri.

La malleabilità è ciò che può rendere l’algoritmo di TikTok tanto un ascensore sociale, per aspiranti influencer alla ricerca della monetizzazione e per imprenditori a caccia di nuovi clienti, quanto un’arma, ché nelle mani degli specialisti di ByteDance è una sorta di “super-psyop” multiuso e multiscopo. Tra gli scopi, oltre alla sorveglianza digitale – nella sinosfera – e alla raccolta dati – in tutto il mondo –, risulta e risalta l’intorpidimento mentale.



Gli studi concordano: TikTok è stato ingegnerizzato in maniera tale da creare dipendenza. Negli Stati Uniti, dove TikTok vantava 80 milioni di utenti attivi mensilmente a inizio 2023, i rapporti sull’analisi dei dati di ByteDance parlano di un’utenza che trascorre mediamente 89 minuti al giorno sull’applicazione. Tempo passato a “consumare contenuti raccomandati dall’algoritmo”, che agiscono sulle funzioni cognitive come una sorta di “cocaina digitale”.

L’algoritmo di TikTok è unico nel modo in cui apre all’applicazione le porte dei lati più intuitivi di un individuo, come i gusti musicali e le preferenze umoristiche, ma anche i più intimi e solitamente noti ad una ristretta cerchia di persone, quali potrebbero essere l’orientamento sessuale e lo stato di salute emotivo-comportamentale. Molto più di altre piattaforme sociali, in sintesi, TikTok è in grado di produrre una lettura mentale, e da remoto, dell’utilizzatore.

L’esito delle letture mentali di TikTok è, nella maggior parte dei casi, un “loop di dopamina” di natura pavloviana. Spiegato altrimenti: l’applicazione suggerisce all’utente la visione di contenuti che, in quanto raccomandati sulla base di un’analisi propriocettiva a distanza, creano assuefazione e gratificazione. Stati emotivi che incidono sulla sensibilità relazionata allo scorrere del tempo, rendendo possibile che alcuni spendano un’ora anziché dieci minuti sull’app e che altri sviluppino vere e proprie forme di dipendenza.

Come altre piattaforme sociali globali di networking, in particolare Facebook e Instagram, TikTok è suscettibile di esercitare influenze perniciose su alcune delle più importanti funzioni cognitive, quali ad esempio la memoria, la percezione e l’attenzione. Ma a differenza dei predecessori, dato “lo streaming ininterrotto di video lunghi dai 15 ai 30 secondi […] e il fatto che gli utenti spendono mediamente delle ore su TikTok”, i danni alle capacità di attenzione e concentrazione sono molto più gravi.

Le prime ricerche condotte sull’utenza di TikTok hanno constatato la presenza generalizzata di problematiche alla memoria di breve termine e alla capacità di attenzione. La metà degli utilizzatori, nel 2022, dichiarava di sperimentare “stress” alla visione di video superiori al minuto di lunghezza. Il cervello messo in stato di sonno paradossale.

Se le guerre cognitive sono i conflitti con al centro l’egemonizzazione delle menti della società del paese rivale, che può significare addormentamento come può significare logoramento, TikTok è sicuramente l’applicazione più adatta allo scopo: una super-psyop dalla forma di una fabbrica, nelle cui catene di montaggio si depotenziano cervelli a mezzo di iniezioni digitali di dopamina.

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