(ANSA) – FOLIGNO (PERUGIA), 09 GEN – “L’Italia e l’Unione europea adottino per l’Iran le stesse sanzioni che stanno applicando alla Russia e sequestrino i beni degli oligarchi iraniani e dei loro figli che sono presenti in occidente”: a chiederlo è Mansoureh Tarkeshi, iraniana di 70 anni, da 44 in Italia. “Il massacro in atto in Iran si può fermare soltanto se si colpisce il cuore economico dei pasdaran, le forze armate del governo”, sottolinea la donna parlando dalla sua casa di Foligno con l’ANSA. “Vanno inoltre chiusi tutti i centri culturali islamici gestiti da iraniani e le ambasciate iraniane, serve una forte azione di isolamento”, aggiunge.
Quella di Tarkeshi – meglio conosciuta nella sua comunità come Sury – è una storia di lotta politica che inizia con la rivoluzione del 1978. “Quando scendemmo in piazza perché il Paese diventasse una repubblica democratica, ma ben presto – racconta – ci rendemmo conto che il ritorno dell’Ayatollah Ruhollah Khomeyni, ci avrebbe portato indietro di secoli e avrebbe segnato la fine della libertà per gli iraniani e in particolare per le donne”. Sury arriva in Umbria proprio nei mesi più difficili della rivoluzione per volontà del padre “perché temeva per la mia vita”. “Ero una testa calda e così preferì allontanarmi e spedirmi in Italia”, racconta ancora Sury. “A Foligno – dice – mi sono sposata, ho avuto un figlio, tre nipoti e ho lavorato come infermiera, per 25 anni, negli ospedali della regione ma non ho mai smesso di combattere, anche se a distanza, per la libertà dell’Iran. Adesso è il momento di essere meno timidi verso i capi iraniani: il governo italiano, l’Europa e gli Stati Uniti d’America devono agire per difendere le nostre ragazze e i nostri ragazzi che ogni giorno vengono torturati e uccisi. Non serve un intervento armato ma occorre colpire economicamente chi governa e non rifornirli più di armi”.
Sury si dice pronta anche a tornare nella sua città natale, Teheran, per protestare al fianco dei giovani. “Le mie quattro sorelle che vivono ancora lì me lo sconsigliano – aggiunge – e mi dicono che sono più utile alla lotta parlando a distanza, ma se ci sarà bisogno tornerò in Iran”. “Vinceremo noi, vincerà la democrazia e la libertà”, conclude. (ANSA).
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