Dal bando dei motori a combustione alla nuova direttiva sulle classi energetiche degli immobili, l’espansione incontrollata dell’agenda green, promossa dalle istituzioni Ue, rischia di limitare sempre più diritti individuali e proprietà dei cittadini. Ne abbiamo parlato con Carlo Lottieri, saggista e professore di filosofia del diritto all’Università di Verona, tra i fondatori dell’Istituto Bruno Leoni.
Ecologismo anti-umano
TOMMASO ALESSANDRO DE FILIPPO: L’ideologia green danneggia sempre più diritti individuali e proprietà privata, come dimostrano i provvedimenti su auto e immobili. Perché questa dottrina trova tanto riscontro nell’opinione pubblica?
CARLO LOTTIERI: Da molti decenni le giovani generazioni vengono spesso educate secondo i principi di un ambientalismo che se da un lato esibisce il massimo rispetto per la natura (e quindi la giusta necessità di contrastare l’inquinamento e salvaguardare fauna e flora), d’altro lato interpreta una visione ideologica avversa agli esseri umani, visti come distruttori e malvagi.
In questo modo prevale un dogmatismo che non soltanto rischia di dissolvere il diritto e cancellare ogni nostra libertà fondamentale, ma ha già reso difficile ogni confronto scientifico su una serie di temi (come è evidente quando si prova a ragionare sul cambiamento climatico e le sue cause).
A pagare sono i più deboli
TADF: Il dirigismo europeo in materia di economia green finirà per colpire i ceti deboli? Il governo italiano avrà intenzione e forza per opporsi a determinati provvedimenti?
CL: È chiaro che questa ideologia verde ha offerto straordinarie opportunità al ceto politico, che in nome dell’emergenza climatica pretende di poter fare qualsiasi cosa, e che è pure sostenuto da una serie di gruppi d’interesse.
Già oggi il finanziamento di molti progetti in tema di energie alternative è stato pagato a caro prezzo dalla gente comune, ma un costo ancora più alto – specie in Italia, dove la proprietà immobiliare è particolarmente diffusa – sarà conseguente alla volontà di mettere fuori gioco quel 60 per cento degli immobili che attualmente non è considerato in linea con i criteri “ecologici”.
Da tempo una serie di soggetti molto influenti già parlano del carattere “inefficiente” della proprietà immobiliare diffusa, vista come un ostacolo alla mobilità dei lavoratori. Quando non avremo più una casa, dovremo spostarci dove altri hanno deciso che dobbiamo andare.
Un mix infernale
Quanto al governo italiano, si deve sempre sperare che sappia opporsi a questo mix infernale di ideologia anti-liberale e di parassitismi coalizzati, ma bisogna essere consapevoli che non è facile contrastare quanti hanno dalla loro l’amministrazione democratica a Washington, le organizzazioni internazionali, l’euroburocrazia e la maggior parte dei governi, oltre che la stampa e gli intellettuali.
Rifiutare gli Stati Uniti d’Europa
TADF: Quali soluzioni vede per cercare di ridurre costi e impatto delle decisioni europee?
CL: L’Unione europea è sempre più una minaccia, ma in passato le istituzioni europee sono state anche una formidabile opportunità (specie quando hanno eliminato molte barriere all’interno del Vecchio Continente).
Per salvaguardare gli aspetti positivi e contrastare quelli negativi bisognerebbe rifiutare il consenso dominante in tema di Stati Uniti d’Europa (l’idea che il potere centrale andrebbe sempre più rafforzato) e ragionare, invece, sull’ipotesi di una vera Confederazione europea, che da un lato definisca chiaramente – mi pare indispensabile dopo la Brexit – criteri razionali in tema di “exit” e permetta quell’Europa a geometria variabile, che già esiste nei fatti (si pensi all’Eurozona), ma che va rafforzata.
È necessario, in particolare, che ogni Paese si veda riconosciuto il diritto di “nullificare” sul proprio territorio ogni decisione assunta a livello comunitario. In questa maniera avremo una maggiore concorrenza istituzionale, con la possibilità di prendere dall’Europa il meglio e lasciar perdere il peggio.
Verso una società totalitaria
TADF: Stiamo entrando in un vortice dove l’individuo è costretto ad adattare i propri comportamenti sulla base di ciò che in società è ritenuto “sostenibile” e “corretto”? Se sì, come uscirne?
CL: La tendenza è questa e non è facile capire se e quando tale processo s’arresterà. Per giunta non esiste nulla che possa contrastare il degrado che una società conosce nel momento in cui la maggior parte della popolazione chiede più obblighi e meno libertà, più regolazione e meno autonomia decisionale.
Quando si smarrisce la consapevolezza che la propria libertà va difesa e tutelata ogni giorno, ci si dirige già verso una società con numerosi tratti totalitari (come la riproposizione in Occidente della “social credit card” cinese è lì a testimoniare).
Cosa fare
Sul piano politico e operativo, le strategie per uscire da questa gabbia sono le solite: è importante favorire quelle innovazioni imprenditoriali che permettono di eludere il dominio del ceto politico (penso, solo per fare un esempio, al Bitcoin come moneta libera e non inflazionabile e manipolabile).
È necessario dar vita a comunità parallele che difendano i principi del dissenso (come avviene spesso grazie alle scuole parentali); è opportuno cercare di localizzare il più possibile la regolazione, la tassazione e il potere governativo, favorendo processi di secessione territoriale.
È indispensabile che le tesi e le ragioni di quanti rifiutano l’incubo politico-tecnocratico che le classi dirigenti dell’Occidente stanno preparando per tutti noi vengano meglio conosciute e che la cultura della libertà e della responsabilità sia meglio compresa.