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A Palazzo Penna Serena Ciai si racconta e svela la forza insopprimibile delle idee e della creatività – Vivo Umbria

PERUGIA – Ho conosciuto Serena per vie traverse, abbiamo insieme curato una mostra, io con le immagini dell’Umbria in bianco e nero, lei con i suoi splendidi lavori di décartage. La nostra è stata un’intesa fulminea, enrambi impegnati ad inseguire i nostri sogni, entrambi con la ferrea volontà di realizzarli, costi quel che costi. Avevo intuito che è una donna dalla lunga esperienza, con un vero – come si direbbe oggi – storytelling alle spalle che aspettava solo di essere raccontato. Da quella mostra condivisa ebbi il piacere di entrare a far parte delle sue amicizie. Invitato spesso a casa sua mi colpì subito l’estremo gusto con cui preparava i suoi piatti, autentiche apoteosi di abbinamenti insoliti, lontani dalla nouvelle cuisine, eppure degni di un ristorante pluristellato. Così intuì la sua raffinatezza che applica ad ogni suo pur piccolo impegno. Compresa la sua nuova idea di radunare intorno a sé e all’intensità della sua vita creativa, un folto pubblico nella sale di Palazzo della Penna, amici di vecchia data e soprattutto di persone che ne apprezzano il suo iter creativo (l’assessore comunale alla cultura Leonardo Varasano, l’artista pubblicitario Angelo Buonumori, il fotografo Franco Prevignano, l’antropologo Piergiorgio Giacchè, la storica Marina Ricciarelli e il giornalista Leo Malà). Un iter creativo tutto basato sul sesto senso dell’intuito, a volte svelatosi redditizio, più spesso prodotto di piccole ingenuità che ne hanno compromesso la completa riuscita. Iniziative mai banali, ricche di invenzioni, di intuizioni appunto.

Ma Serena è un’artista a tutto tondo, dalla fede incrollabile della potenza psichica che origina la creatività per incunearsi negli anfratti dell’anima. Ora tira le somme e non nasconde le sue debolezze, le sue tenerezze, il suo continuo accogliere e le sue insanabili ferite, da dove entra la vita e le sue amarezze. Ora Serena si difende anche, si schermisce prendendo in considerazione aspetti che non appartengono alla sua natura, come quelli economici. Perché Serena è nata per inventare e creare, per liberare la sua immaginazione, sia che si tratti di fotografia, che di pubblicità, che di design o di carte pregiate. Serena ora scrive – è autrice di un numero imorecisato di romanzi che si è autoprodotta – da un paio d’anni trae dal suo bagaglio di esperienze parole che si incuneano in piccole epifanie di senso, felici definizioni che scaturiscono dalla libido sublimata – come direbbe Freud – del suo Es. Mi soffermerei su questo aspetto, le epifanie di Serena, capace di trarre poesia dai suoi sensi, sensibilissimi agli odori e ai profumi, ai sapori, alla vista, ma non dimenticando quel distacco ironico, ma anche un po’ malinconico di chi sa che le sue epifanie, sono frutto di rivisitazioni della memoria e di quella costellazione del passato nella consapevolezza di un’initerrotta opera di sublimazione. C’è Eros dunque alla base dello scrivere di Serena, quella libido che è forza psichica che è derivata, per sua stessa ammisione dall’incoscienza di un puer, figura archeticipica jungiana che ispira l’artista – capace di vette altissime, ma anche di una teoria infinita di ferite. Serena ne è intimamente cosciente, così come è cosciente che in fondo, nella sua incoscienza, nell’accumulare le sue esperienze ha seguito l’unica categoria del sentire che è stato il suo intuito e il suo eterno giocare a soddisfare la sua libido. Ora sa – non rimpiange niente, né chiede niente, se non di lasciarla libera di far scorrere ininterrotto quel flusso di parole che la gratificano in quegli squarci di senso e di poesia che disvelano un universo ricco di sensi e sensazioni che non si sono mai sopite, come in un gioco dove improvvisamente si scopre il proprio ruolo. Il ruolo della bambina, ma non nell’ingenuità di un’Alice nel mondo delle meraviglie, ma di quello di una bambina capace delle migliori categorie della creatività. E’ la creatività che gratifica Serena ed è lei l’unico vero faro nella navigazione tempestosa della sua ricca vita. Lei è una creativa che forse si è un po’ illusa che le buone idee, le idee geniali bastassero ad affermarsi, in fin dei conti fottendosene del marketing e del fatto che vendere idee e trasformarle in ricchezza è una delle operazioni più ardue e difficili dell’ingegno umano. Ma Serena è cosapevole che in un certo periodo della sua vita ha trovato le condizioni opportune per mettere a punto il suo sogno di privilegiata sedotta e seducente perché guidata dal piacere del creare, dalla sua inesauribile forza psichica. E non venitela a scocciare con l’invadenza del buon senso di un genitore, lei nella psicologia del suo gruppo, da quello familiare a quello amicale, rimarrà sempre la bambina oppositiva e proprio per questo capace di creare. Ora Serena scrive e contestualmente ci fa sapere, con un pizzico di amarezza e niente più, che l’Umbria cuore verde d’Italia è frutto della sua vena creativa. Un claim su cui la Regione ha investito ultimamente 250 mila solo per rilanciarne il logo con il contributo dell’Agenzia Testa. A lei e alla sua creatività è bastato un sorriso, seducente e sedotta.

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