di Massimiliano Bottoni
Le economie delle principali forze occidentali dovranno scontare gli errori di valutazione sull’andamento inflazionistico di inizio 2021. Fù infatti troppo ottimistico pensare che l’inflazione allora galoppante fosse un fenomeno temporaneo di breve durata ed il conseguente ritardo nelle azioni delle banche centrali ha portato agli eventi a cui stiamo assistendo nelle ultime settimane.
Le banche americane che crollano e Credit Suisse in Europa che ammette l’accordo come unica soluzione per evitare il fallimento, sono elementi indicativi di come la corsa all’aumento dei tassi vista nel corso del 2022 sia stata una sorta di ultima ratio, che, come tutte le soluzioni di emergenza, non è riuscita a salvare tutto il salvabile.
Ci attende ora un periodo di instabilità ed imprevedibilità economica, dove le banche centrali con tutta probabilità non riusciranno a mantenere il pieno controllo, condito da un alto grado di insicurezza e paura nei confronti del sistema creditizio. Ma come ne usciremo?
Difficile da prevedere, le ipotesi si sprecano, saranno decisivi i prossimi 12 mesi, i quali sapranno dirci se e come la recessione impatterà sulle principali economie mondiali; certo è che se non si riuscirà a smorzare l’inflazione, allora la situazione potrebbe evolvere in peggio, con nuovi aumenti dei tassi che si renderanno necessari e pesanti ulteriori ripercussioni sul mondo bancario.
Intanto OPEC (organizzazione paesi esportatori di petrolio) si mobilita per assorbire al meglio eventuali decelerazioni del ciclo, annunciando un taglio di produzione di circa 1,1 milioni di barili al giorno, mossa protezionistica nei confronti del prezzo del petrolio; mentre l’arresto di Donald Trump non scuote i mercati.