La delegazione del Viminale in Libia
Aldo Torchiaro — 15 Gennaio 2023
Giuliano Pisapia, giurista ed europarlamentare da sempre impegnato sul fronte dei diritti umani, sulla Libia vuole vederci chiaro. È stato lui il relatore per il Parlamento Europeo del dossier sulla situazione di Tripoli e Bengasi. “Da quello che risulta dalla lettura dei giornali, sul cosiddetto Piano Mattei non mi pare di cogliere una compiuta strategia da parte del Governo. Mi pare che siamo ancora alla fase degli annunci e degli auspici. Si deve passare dalle parole ai fatti, siamo già in grave ritardo, dalla caduta di Gheddafi sono passati più di 10 anni”.
E da dieci anni perdura la guerra civile. La Libia ha un governo di unità nazionale stentoreo. Ci sono responsabilità italiane ed europee?
Per troppo tempo i leader europei hanno quasi ignorato la Libia e, più in generale, la sponda sud del Mediterraneo, anche perché avevano e hanno interessi contrapposti. Il processo di allargamento della UE e la guerra di aggressione russa contro l’Ucraina hanno fatto sì che i governi europei rivolgessero il loro sguardo soltanto ad est, dando poco peso a quello che succedeva in Africa.
Così altri si sono facilmente insinuati…
Come sempre avviene. Il disinteresse europeo è stato colto subito da altri Paesi, come Russia e Turchia, e anche da alcune potenze del Golfo, che hanno stretto alleanze proficue solo per i loro interessi. La conseguenza è che l’UE e i suoi Stati membri non hanno più alcun peso politico in quelle zone.
I lager libici in cui i migranti vengono rinchiusi in condizioni disumane, devono ancora godere del supporto europeo?
A livello europeo si è a più riprese chiesto alle autorità libiche di porre fine alla detenzione arbitraria dei migranti e di introdurre alternative alla detenzione basate sui diritti umani.
Allora preciso: finanziamo la Guardia costiera libica, che fa la spola dal mare ai centri di detenzione.
Ecco, vi sono altri tipi di finanziamenti o supporto logistico, tra cui quello controverso alla Guardia costiera libica. Come Parlamento europeo abbiamo ripetutamente chiesto che l’Ue prestasse maggiore attenzione sull’utilizzo dei suoi fondi e garantisse la loro subordinazione al rispetto dei diritti umani e del diritto internazionale. Nella relazione sulla Libia di cui son stato relatore, votata a larghissima maggioranza lo scorso ottobre, il Parlamento Europeo è stato molto chiaro: l’Ue non deve finanziare e cooperare con gli attori libici che sono responsabili di gravi violazioni dello stato di diritto e di coinvolgimento nella tratta di esseri umani.
Imprudente, da parte delle autorità italiane, incontrare Emad Trebelsi, responsabile secondo inchieste indipendenti di ripetute violazioni dei diritti umani con le sue milizie?
Questo è del tutto evidente. Noto la stessa imprudenza che ebbero all’epoca gli 007 italiani incontrando al Cara di Mineo il trafficante di uomini libico Bijia come denunciò Avvenire. Allora il colloquio con gli omologhi libici era finalizzato a studiare il modello Mineo. Ecco, sarei più prudente con gli interlocutori che si scelgono, bisogna stare attenti.
Come si può rivedere l’accordo con la Libia sui migranti?
L’abbiamo visto in passato e lo vediamo tutt’oggi: il “modello Libia” sbandierato in passato dal governo Berlusconi, e purtroppo anche dopo, ha fallito. I trafficanti di esseri umani hanno continuato ad operare e gli sbarchi non si sono affatto ridotti. Riproporlo oggi non cambierà le cose. Le persone lasciano il proprio Paese alla ricerca di un futuro migliore ed è nostro dovere creare percorsi di migrazione sicuri e legali. Tuttavia, sappiamo bene che la gestione dei flussi comporta dei costi non indifferenti. Credo quindi sia giusto aiutare, logisticamente e finanziariamente, i Paesi che se ne fanno carico, in Europa come altrove. Ma è indubbio che qualsiasi aiuto economico deve essere condizionato dal rispetto dei diritti umani. Ricordo infine che la Libia, prima della guerra, era meta ambita da tantissime persone in cerca di lavoro. Si stima che la ricostruzione libica permetterebbe di ridurre la disoccupazione dei Paesi limitrofi fino al 10%. Cifre che dimostrano quanto sia necessario impegnarsi affinché la pace e la democrazia mettano radici in un Paese da troppo tempo martoriato.
E nel concreto, cosa dovrebbe fare l’Italia?
Serve una risposta unitaria dell’UE per avere legittimità da parte degli interlocutori libici; proprio perché questo sarebbe indispensabile un Rappresentante permanente dell’UE per la Libia. Sarebbe invece importante che l’Italia e l’Ue si impegnino maggiormente per sostenere le autorità libiche nella creazione di uno Stato moderno con istituzioni solide e un sistema giudiziario indipendente. In mancanza assoluta di uno stato di diritto, è purtroppo ovvio che milizie e trafficanti continueranno a operare nella totale impunità, violando costantemente i diritti umani.
A Baku il ministro Crosetto avrebbe offerto anche assistenza militare. Ma l’Azerbaijan non ha un conflitto in corso con l’Armenia?
Fornire tecnologia o attrezzature militari a un Paese in guerra è molto grave, poiché contribuisce ad aggravare il conflitto. Già 15 anni fa il Consiglio europeo presentò una posizione comune che definiva norme per il controllo delle esportazioni di tecnologia e attrezzature militari. Uno dei criteri individuati per concedere licenze di questo tipo è il rispetto dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario. È palese che nel Nagorno-Karabakh i diritti vengano costantemente violati. La situazione umanitaria è estremamente preoccupante anche a seguito del blocco del corridoio della Cina. Il governo italiano deve agire con molta cautela e nel pieno rispetto del diritto nazionale e internazionale.
Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.
© Riproduzione riservata