Se il presidente di Taiwan, Tsai Ing Wen, dovesse fare scalo negli Stati Uniti, nell’ambito del suo viaggio diplomatico in America Centrale, allora la Cina “contrattaccherà con forza”.
Zhu Fenglian, portavoce dell’Ufficio per gli affari di Taiwan del governo centrale, ha lanciato questo ammonimento e spiegato che le autorità taiwanesi del Partito democratico progressista, e cioè quello del quale fa parte la leader di Taipei, “hanno trovato scuse e sfruttato varie opportunità per perseguire interessi politici di indipendenza“.
Ricordiamo che dal 29 marzo al 7 aprile Tsai è impegnata in una visita in Guatemala e Belize, due alleati diplomatici di Taiwan, e che dovrebbe compiere due scali negli Stati Uniti, a New York e Los Angeles, rispettivamente durante i viaggi di andata e di ritorno.
È per questo che nelle ultime ore ha preso quota l’ipotesi di un suo incontro con lo speaker della Camera Usa, Kevin McCarthy. Nel caso, “un’altra provocazione in violazione del principio della Unica Cina, minando la sovranità e l’integrità territoriale della Cina, e la pace e la stabilità” regionali, ha tagliato corto Pechino.
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La missione di Tsai in America Centrale
Per la Cina un’eventuale scalo di Tsai negli Stati Uniti altro non sarebbe che un pretesto per incontrare alti funzionari statunitensi. Anche perché tra Taipei e Washington sono in ballo diversi dossier militari scottanti, compresi quelli relativi all’invio nell’isola di nuovi armamenti Usa e della possibilità di creare nella “provincia ribelle”, come la definisce Pechino, centri di stoccaggio per munizioni da impiegare in ipotetici conflitti nell’Indo-Pacifico.
È per questo, dunque, che agli occhi di Pechino il transito “dei leader delle autorità di Taiwan è essenzialmente un atto provocatorio di affidarsi agli Stati Uniti per cercare l’indipendenza” e che il doppio transito di Tsai negli Usa “non significa rimanere in aeroporto o in hotel, ma usare vari pretesti per contattare funzionari del governo americano e membri del Congresso, impegnarsi in scambi ufficiali tra Stati Uniti e Taiwan, collegandosi con forze esterne anti-cinesi”.
Si tratta di attività alle quali la Cina “si oppone con determinazione” e verso le quali “prenderemo risolute contromisure“, ha aggiunto Zhu Fenglian.
La risposta della Cina
Contrattaccare con forza: è difficile tradurre in azioni concrete la perifrasi usata da Pechino in risposta al possibile transito di Tsai nel territorio statunitense. Le contromisure più plausibili, escludendo ogni intervento militare, assolutamente illogico in questa fase, potrebbero riguardare l’ambito economico, come ad esempio limitazioni negli scambi commerciali di alcune risorse.
In ogni caso, secondo quanto riportato da Reuters il viaggio di Tsai ha innervosito le agenzie di sicurezza di Taiwan, le quali temono che la Cina possa lanciare una serie di campagne di influenza, tra cui la diffusione di disinformazione sulle piattaforme dei social media, per influenzare la percezione pubblica del transito della stessa Tsai negli Stati Uniti.
Un precedente che non dovrebbe essere sottovalutato coincide con la visita di Nancy Pelosi a Taipei, avvenuta lo scorso agosto. In quell’occasione, Pechino ha risposto con campagne di influenza su larga scala, attacchi informatici e varie manovre militari nel Mar Cinese Meridionale.
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