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La sfida di Prighozin e il dilemma di Putin sulla Wagner

Il gruppo Wagner, la potente legione dei mercenari russi che ha assunto un ruolo centro tanto in Ucraina quanto nel continente africano, è un’arma a doppio taglio nelle mani di Vladimir Putin. Il presidente russo ha sfruttato negli anni questo esercito parallelo per essere impiegato nelle missioni dove i russi non dovevano apparire ufficialmente sul campo. È successo in parte in Siria, ma soprattutto in molti Paesi partner di Mosca in Africa, a partire dalla Libia e dalla Repubblica Centrafricana fino in Sudan e Mali. Poi, con l’inizio della guerra in Ucraina, l’utilizzo della Wagner è stato molto diverso. Non solo questo impiego è stato reso pubblico e ufficiale, ma si è anche trasformato in uno strumento nelle mani dello stesso fondatore, Evgheny Prigozhin, per imporsi tra le figure politiche e militari più rilevanti sia nelle gerarchie del potere russo sia nell’opinione pubblica nazionalista.

La svolta pubblica di Prigozhin è stata tollerata dal Cremlino e mal digerita dalle forze armate russe per un motivo molto semplice: la Wagner serve. I mercenari, le cui file sono state rimpinguate da detenuti liberati in cambio dell’arruolamento sul fronte ucraino, hanno ottenuto vittorie fondamentali soprattutto in Donbass. Inoltre, le evidenti difficoltà dell’esercito hanno mostrato anche la superiorità di organizzazione e di preparazione di questa compagnia privata, che del resto conta un’esperienza di guerra nei teatri più difficili oscuri del mondo. Infine, la violenza e la fama che accompagnano il gruppo dello “chef di Putin” sono a loro volta potenti armi psicologiche che, al pari dei ceceni di Kadyrov, hanno rappresentato un incubo per l’Ucraina orientale.

I problemi per le autorità russe

Questa fama dei contractors russi e del loro capo sta però diventando sempre più difficile da gestire da parte delle maggiori autorità russe, ovvero da parte di Putin e dei due vertici della Difesa: il ministro Serghei Shoigu e il capo di Stato maggiore Valerij Gerasimov, ora capo anche delle operazioni in Ucraina. Da tempo Prigozhin accusa gli ufficiali delle forze armate e i comandanti inondando i suoi canali ufficiali di insulti riguardo la presunta pavidità e inadeguatezza rispetto agli uomini della Wagner. Inoltre, si è spesso palesato un divario tra forze armante e compagnia di sicurezza sull’intestazione delle maggiori vittorie russe, con i portavoce di Difesa e Cremlino che hanno spesso dovuto fare da mediatori rispetto alle impellenti richieste del gruppo di Prigozhin.

Infine, il giorno in cui Putin faceva il suo appello alla nazione nell’anniversario dell’inizio dell’invasione, lo “chef” del Cremlino ha puntato di nuovo il dito su Mosca dicendo che non inviavano appositamente munizioni alla sua organizzazione, lasciando così morire migliaia di combattenti russi. I cadaveri di alcuni di essi sono anche stati mostrati dai canali ufficiali della compagnia con il messaggio che la loro morte era la conseguenza del presunto tradimento della Difesa russa. Ventiquattro ore dopo, lo stesso Prigozhin ha detto che grazie alle sue pressioni sarebbe stato ordinato l’invio di rifornimenti, per poi annunciare la conquista da parte dei suoi uomini del villaggio di Berkhivka, a nordovest di Bakhmut.

Verso la censura contro Prigozhin

A confermare il fatto che questa svolta anti-autorità del “cuoco” inizi a rappresentare un problema per il Cremlino e la Difesa, è la notizia della presunta censura ordinata ai principali media russi riguardo Prighozin. Alcune fonti del sito indipendente russo Verstka hanno riferito che sarebbe stato chiesto alle testate della Federazione di non citare Prigozhin se non in caso di assoluta necessità. Secondo alcune analisi, questa sorta di blocco sul capo della Wagner sarebbe già visibile sulle più importanti agenzie russe, che da tempo non parlano dello “chef” se non per questioni di natura strettamente militare. Le fonti sentite dal sito, inoltre, hanno anche parlato della predisposizione di una campagna di diffamazione per colpire Prigozhin che però sarebbe attivata solo con un ordine dall’alto.

L’uscita di queste notizie conferma quello che diversi osservatori sottolineano da diversi mesi, e cioè la spaccatura ormai sempre più visibile tra forze regolari e mercenari all’interno della cosiddetta “operazione militare speciale”. Una frattura che mentre prima cercava di essere ricomposta dal Cremlino, ora rischia invece di coinvolgere anche l’intera verticale del potere russo, preoccupata da un uomo ricco, violento, con migliaia di uomini in armi al proprio servizio e che può diventare pericolosamente popolare nei segmenti nazionalisti dell’opinione pubblica. Putin, che per anni ha certamente sfruttato i servigi della Wagner, rischia quindi al momento di essere incastrato in una situazione complessa: da un lato non può fare a meno di questa legione impegnata sua in Donbass che nella sua rete di alleanze africane; dall’altro lato deve però limitarne la forza per non sottostare alla propaganda di Prighozin e al pericolo di una classe di “boiardi” con milizie private fuori dai ranghi delle forze armate di Mosca.

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