l’opposizione-c’e,-ma-non-si-vede.-gli-assenti-salvano-meloni-8-volte

L’opposizione c’è, ma non si vede. Gli assenti salvano Meloni 8 volte

I voti chiave. Al Senato la maggioranza ha margini risicati e ha rischiato di andare sotto: graziata dai banchi vuoti degli altri. La maggioranza che sostiene il governo Meloni è divisa e litigiosa al suo interno ma può stare […]

(DI GIACOMO SALVINI – Il Fatto Quotidiano) – La maggioranza che sostiene il governo Meloni è divisa e litigiosa al suo interno ma può stare tranquilla: l’opposizione ha deciso di non impensierire la destra in Parlamento. E non solo perché le posizioni politiche di Giuseppe Conte (Movimento 5 Stelle), Elly Schlein (Pd) e Carlo Calenda (Azione/Italia Viva) siano spesso inconciliabili tra loro. Il problema riguarda anche il coordinamento in Parlamento.

Nei primi cinque mesi di legislatura, infatti, in otto voti chiave tra Camera e Senato sono state le assenze in aula dell’opposizione a evitare che la maggioranza venisse battuta e il governo messo a dura prova. Questo è avvenuto su provvedimenti su cui la presidente del Consiglio Meloni ha investito molto della sua azione politica: si va dal decreto Rave al Milleproroghe, passando per il decreto sul riordino dei ministeri fino al decreto Aiuti Quater che serviva per combattere il caro-energia. A certificarlo è un rapporto di Openpolis che ha analizzato i 47 voti chiave dall’inizio della legislatura ad oggi.

Una premessa è d’obbligo. Teoricamente la maggioranza di destra non dovrebbe avere problemi in Parlamento perché i numeri tra Camera e Senato sono abbastanza larghi e permettono a Meloni un certo margine di tranquillità: a Montecitorio può contare su 238 voti (la maggioranza è di 201) e al Senato su 116, con 14 voti di scarto sui 201 richiesti visto che il presidente Ignazio La Russa non vota. Inoltre, la maggior parte delle votazioni non richiede una maggioranza assoluta ma basta quella dei presenti. In entrambe le Camere, dunque, il governo potrebbe dormire sonni tranquilli fino a fine legislatura. Peccato che, soprattutto al Senato, le cose si complicano perché nove senatori del centrodestra oggi sono anche ministri e dunque quasi mai presenti ai lavori d’aula.

Ma fino ad oggi l’opposizione non ne ha mai approfittato. Su 47 voti chiave, spiega Openpolis, in 12 casi (9 al Senato e 3 alla Camera) la maggioranza ha rischiato di essere battuta: il margine tra i voti della destra e quelli del centrosinistra è stato inferiore a 20, rispetto al margine medio di 55 voti alla Camera e di 35 al Senato. Tra questi 12, però ce ne sono 8 in cui la destra poteva addirittura finire in minoranza ma è stata aiutata dalle assenze dell’opposizione. Avere più parlamentari, infatti, espone la maggioranza ad avere anche più defezioni: i ministri o i sottosegretari che risultano “in missione” non vengono conteggiati ai fini del numero legale. Il voto contrario di tutti i parlamentari dell’opposizione, dunque, avrebbe fatto aumentare la soglia per approvare il provvedimento. Così, se in quegli 8 voti, tutti i parlamentari di opposizione fossero stati presenti in aula, avrebbero bloccato alcune norme della maggioranza provocando uno scossone nel governo. Ma così non è andata.

Il primo caso è stato il decreto Rave al Senato: per giorni le opposizioni hanno dato battaglia fuori dal Parlamento contro la norma liberticida che vietava le manifestazioni non autorizzate di ogni genere. Poi, però, quando si è trattato di votare il testo in aula, le assenze nel centrosinistra hanno aiutato la maggioranza: il decreto è passato al Senato con un margine di 8 voti, mentre gli assenti a sinistra erano 9. In questo caso, le divisioni nella maggioranza furono anche politiche: Licia Ronzulli e qualche senatore di FI decisero di non partecipare al voto perché contrari alla norma che reintegrava i medici no vax. La maggioranza è stata “salvata” dall’opposizione a Palazzo Madama anche sul decreto Ministeri, sul Milleproroghe, sul decreto Flussi e sul decreto sull’ex Ilva. In quest’ultimo caso il margine è stato di 10 voti, mentre le assenze e le “missioni” dell’opposizione erano 17. Sul decreto Flussi, il margine era di 11 voti e le defezioni del centrosinistra 19. Anche alla Camera ci sono stati tre casi identici: il decreto Ministeri, l’Aiuti quater e quello sull’ex Ilva.

Related Posts

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *