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L'Ungheria sempre più filorussa: così si smarca dalla Nato

Purghe nell’esercito ungherese. Dopo lo stato di diritto e l’energia, l’Ungheria di Viktor Orbán fa un’altra scelta di campo apprezzata dal Cremlino: oltre 170 tra generali e ufficiali del Magyar Honvédség (le Forze di difesa ungheresi) sarebbero stati pre-pensionati dal governo come conseguenza di un decreto ad hoc emanato la scorsa settimana.

L’allarme è stato lanciato da Ágnes Vadai, politica del partito di opposizione Dk ed ex sottosegretaria della Difesa.

Perché si tratterebbe di una mossa anti-occidentale? Lo spiega Vadai in un’intervista televisiva su Atv: “Ho saputo che almeno 170 generali e ufficiali sono già stati sollevati dalle loro funzioni”. Non si conosce la cifra esatta a cui si arriverà, ma “ho sentito parlare dell’ordine di migliaia“, ha aggiunto la politica ungherese.

“Questo significa che è attualmente in corso un congedo delle Forze armate ungheresi dalla Nato, poiché gli ufficiali e i generali sono soldati con esperienza internazionale, che parlano più lingue e hanno socializzato nell’ambito dell’Alleanza”. Lo scopo delle misure sarebbe quello di garantire che la lealtà politica al governo di Viktor Orban sia d’ora in poi il principio guida delle forze armate ungheresi.

Nel nuovo decreto sono contenute norme che disciplinano il pensionamento anticipato dei membri dell’esercito. In particolare, lo Stato ungherese si riserva di congedare qualsiasi generale e ufficiale con almeno 45 anni di età e 25 anni di servizio. “È rapidamente giunta al nostro giornale la notizia che il ministro della Difesa Nazionale, esercitando il diritto concesso dal decreto, ha avviato una grande epurazioneha rivelato il sito d’informazione indipendente ungherese, Telex.



Il ruolo dell’Ungheria nella guerra in Ucraina

L’impudenza del governo di Budapest non è certo una novità nelle cancellerie europee e atlantiche. Dallo scoppio della guerra in Ucraina, Viktor Orbán e il suo ministro degli Esteri, Péter Szijártó, hanno rappresentato più di una spina nel fianco di Nato e Unione Europea: si sono comportati alla stregua di due sabotatori.

L’Ungheria si è immediatamente smarcata dalla retorica muscolare del blocco occidentale in risposta all’invasione russa, mostrandosi più possibilista nei confronti del Cremlino e rifiutandosi non solo di inviare armamenti, ma addirittura di consentire ai convogli di armi diretti in Ucraina di passare dal territorio magiaro.

Dura anche la stoccata contro le sanzioni europee alla Russia, avversate e mal digerite dall’ex alleato dei sovietici ai tempi del Patto di Varsavia. “Se facciamo una valutazione, un’analisi, dell’impatto delle sanzioni, è ovvio che non hanno soddisfatto le aspettative”, ha commentato il capo della diplomazia ungherese Szijjártó intervistato da Cnbc in occasione del World Economic Forum di Davos.

“Perché cosa ci si aspettava all’inizio di marzo o alla fine di febbraio, quando abbiamo discusso il primo pacchetto di sanzioni? Che avrebbero messo in ginocchio l’economia russa e che quindi la guerra si sarebbe fermata presto”, ha continuato il Ministro degli Esteri, bastian contrario all’interno di un’alleanza atlantica che non sta ammettendo voci contrarie o tentennanti, come dimostra il caso dei Leopard tedeschi bloccati dalla Germania.

La scelta di Orbán

Le ragioni di questo “appeasement” vanno rintracciate soprattutto nelle politiche energetiche: per Budapest, Mosca, principale fornitore di gas naturale, è un partner vitale nel breve periodo, non esistendo né un’alternativa, né la volontà politica di chiudere i rubinetti dalla Russia.

Nel 2014, Gazprom ha firmato un accordo con l’Ungheria per espandere la sezione ungherese del gasdotto TurkStream, che porta il gas russo in Europa passando da Turchia e Bulgaria, altri due Stati filo-russi (ma per motivi divers). Prima della sua rovinosa fine, l’Ungheria è stata inoltre una convinta sostenitrice del gasdotto Nord Stream 2. Ma oltre all’energia, Orbán e Putin, tra i leader più longevi d’Europa, hanno sviluppato un singolare rapporto personale, basato sul vecchio adagio “il nemico del mio nemico è mio amico”.

Il Primo ministro ungherese ha elogiato la leadership di Putin e ha attaccato la sua nemesi ucraina, Volodymyr Zelensky, citato tra i suoi “nemici” dopo la roboante vittoria alle elezioni dell’aprile 2022. L’autocrate magiaro, come Putin, mal sopporta Joe Biden. Nel suo ultimo viaggio negli Stati Uniti lo scorso agosto Orbán ha persino snobbato la Casa Bianca, preferendo partecipare a Dallas al Cpac, il congresso internazionale dei conservatori, piuttosto che volare a Washington per incontrare il suo omologo americano.

Nel complesso, le relazioni dell’Ungheria con la Russia restano complesse e sfaccettate. Se da un lato i due Paesi hanno profondi legami storici ed economici, dall’altro la stretta relazione tra Orbán e Putin ha sollevato preoccupazioni tra gli altri leader europei. Indimenticabile il siparietto con l’ex presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker, che nel 2015 diede un buffetto al Premier ungherese, chiamandolo “dittatore” davanti a tutti gli altri capi di governo dell’Unione Europea.

Vale la pena notare comunque che l’Ungheria, pur avendo una posizione filorussa, è membro a pieno titolo dell’Ue e della Nato (alla quale Budapest fece richiesta per entrarci nel 1991, tra i primi dopo la caduta dell’Urss), il che crea un delicato e talvolta imperscrutabile equilibrio nella sua politica estera.

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