La California è per molti osservatori degli Stati Uniti il “paradiso” liberal, terra di diritti, sviluppo, innovazione, creazione del futuro. Il Golden State, primo per popolazione negli Stati Uniti, a novembre complice la crisi energetica della Germania e i venti recessivi su Berlino ha superato quest’ultima come Pil e, presa singolarmente, sarebbe la quarta economia della Terra dopo il resto degli Usa, la Cina e il Giappone. Ma il modello costruito dal sistema guidato con forza dal Partito Democratico, che a Sacramento ha costruito una delle sue roccaforti, ha diversi punti oscuri e problematici.
La fine dell’El Dorado tecnologico
Politiche malcongegnate, fallimenti operativi, disuguaglianze: dietro la Silicon Valley, dietro i colossi dell’industria tecnologica e le altre punte d’eccellenza della California, come l’industria della Difesa, dietro Hollywood e Beverly Hills c’è uno Stato che soffre per diverse tensioni interne e le conseguenze di politiche che hanno spesso preferito il centro rispetto alla periferia.
Il fallimento di Silicon Valley Bank ha recentemente mostrato il vero volto di tante situazioni che si celano dietro l’El Dorado tech della California. Un mondo in cui lo sviluppo tecnologico, avviato nel passato con il sostegno di iniziative pubbliche quali i fondi della Darpa del Pentagono, è oggi trainato dai fondi di venture capital che subordinano la promozione dell’innovazione a una spietata lotta per la visibilità e la raccolta fondi tra gli start-upper, gli innovatori e i creativi. Arrivata a valle di una fase di normalizzazione del Big Tech californiano, segnata da utili in calo e ondate di licenziamenti, la crisi di Svb ha segnato la fine della lunga euforia industriale e finanziaria che la Silicon Valley ha cavalcato nell’era del quantitative easing globale.
Da Berkeley, California, viene anche la società che ha contribuito al più grande crollo finanziario prima dell’attuale fase di crisi, Ftx, il colosso dell’autoproclamato “re delle criptovalute” Sam Bankman-Fried fallito con un buco miliardario a fine 2022 e affondato in parallelo all’arresto del suo ex uomo di riferimento.
La “Valle Oscura” tra bolla immobiliare e disuguaglianze
In quest’ottica, la corsa del Pil e delle quotazioni finanziarie che ha portato Apple, Microsoft, Alphabet e Meta a sfiorare il valore delle economie di interi Stati in borsa prima della flessione di fine 2022 ha creato a cascata enormi distorsioni su due fronti: il mercato immobiliare e le disuguaglianze.
La California rischia di essere l’epicentro della bolla immobiliare prossima ventura, che sulla scia del riazlo dei tassi e della fuga di capitali erratici in cerca di valore può colpire la tenuta di città come Los Angeles e, soprattutto, San Francisco. 3,8 milioni di abitazioni è il “deficit” che i residenti in California hanno rispetto alle reali necessità: in pratica, servirebbero 3,8 milioni di case per permettere a tutti i cittadini che vivono nel Golden State di sfuggire al precariato abitativo, alla vita stipati in alloggi di fortuna, all’assenza di prospettive per l’acquisto di una residenza. “La carenza di alloggi”, nota CalMatters, “si traduce in alti prezzi delle case e affitti. Poiché questi costi, in particolare gli affitti, gravano particolarmente sui cittadini che si trovano nei gradini più bassi della scala economica, si arriva una situazione che vede la California”, locomotiva economica d’America, avere “il più alto tasso di povertà di qualsiasi stato, il 13,2%”, rapportando i dati degli Usa alla parità di potere d’acquisto.
La politologa Anna Wiener ha scritto nel suo libro La Valle Oscura di come l’intreccio tra Big Tech, finanza dei venture capital e dei fondi di real estate e grande attrattività del mercato californiano abbia stravolto le città nel Golden State. La Wiener parla della trappola di un sistema che presenta “spazi di lavoro disegnati come appartamenti e appartamenti disegnati come spazi di lavoro”, in cui i giovani e rampanti imprenditori digitali e i manager delle Big Tech spiazzano i cittadini storici nelle città come San Francisco e in cui la gentrificazione degli spazi storici delle metropoli si accompagna a un aumento del divario tra i sommersi e i salvati di questo modello.
Il flop della California “green”
Last but not least, c’è il problema energetico. La California è da decenni all’avanguardia economica, finanziaria, tecnologica e industriale negli States per progettazione e sviluppo della transizione energetica e della spinta verso la sostenibilità. Ma il combinato disposto tra le fragilità della rete, l’eccessiva accelerazione politica sulla svolta “verde” e la persistente siccità nello Stato sta colpendo duramente l’ambientalismo ideologico della Sinistra californiana.
Tra il 2021 e il 2022 ondate di cali di tensione, blackout e crisi nelle reti hanno accompagnato le estati torride della California, Stato che con le ultime amministrazioni democratiche ha anticipato al 2045, rispetto al 2050, i target di neutralità climatica. Ma, ricorda Politico, “le recenti decisioni della California di posticipare la chiusura della sua ultima centrale nucleare e di prolungare la vita di alcuni impianti alimentati a gas naturale evidenziano ciò che funzionari ed esperti dicono da tempo”.
E cioè rendono palese “il fatto che lo stato con gli obiettivi energetici più ambiziosi è lontano dal raggiungerli”, perché “le energie rinnovabili hanno fornito il 36% della fornitura di energia dello Stato” nel 2022, una quota ben lontana da rendere possibile, in una generazione, toccare il 100% nonostante risulti una punta di assoluta eccellenza. In nome della quale, però, il governatore Gavin Newsom non può permettersi di sacrificare l’economia e lo sviluppo di uno Stato intero. Già poco attento, in passato, a proteggere gli scartati di un modello di sviluppo tanto importante per l’economia globale quanto, spesso, lontano dai modelli di inclusione di cui si fa spesso vanto.
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