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“Per contrastare l’odio serve la conoscenza degli strumenti che usiamo” .. la comunicazione nell’era del

Nell’era del digitale dove tutto dura il tempo di un like, di una faccina, di un dito alzato piuttosto che di uno scroll, sedersi ad ascoltare, riflettere e dialogare sembra essere quasi un lusso. Eppure quando succede acquista il sapore di un attimo infinito in cui si ha la possibilità di riappropriarsi di se stessi, ascolare in silenzio la propria voce e sentirne il suono così da udirlo quasi come una liberazione.

“Solidarietà, ascolto, condivisione: valori irrinunciabili anche sui social network” sono state le parole scelte per una riflessione a cuore aperto in occasione della Festa di San Francesco di Sales, patrono dei giornalisti, ripercorrendo il tema che Papa Francesco ha scelto per la 57esima Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali (21 maggio 2023): “Parlare col cuore: Veritatem facientes in caritate (Ef 4,15)”.
Sabato 28 gennaio il vescovo della Diocesi di Orvieto-Todi monsignor Gualtiero Sigismondi, ha così accolto gli operatori della comunicazione di Orvieto in un incontro che ha visto il prezioso intervento di Sonia Montegiove, informatica e giornalista, responsabile della comunicazione del Centro di Innovazione Digitale del Politecnico di Milano, formatrice per l’Ordine Nazionale dei Giornalisti, per scuole ed università sui temi dell’uso consapevole del digitale. A moderare l’evento Michela Massaro, direttore dell’Ufficio Comunicazioni Sociali della Diocesi di Orvieto-Todi.

“Nell’era di oggi è necessario allenarsi all’ascolto che implica attesa e pazienza – ha spiegato Montegiove – Purtroppo le tecnologie digitali non favoriscono nessuna delle due ma anzi, fanno sì che le persone siano più veloci nelle azioni penalizzando la riflessione. Nell’impossibilità di aspettare e riflettere prima di parlare e rispondere siamo portati anche a fare cose che di persona non faremmo.
Papa Francesco ha parlato del rumore che viviamo nei social e anche questo decisamente non ci aiuta. Il fatto di essere bombardati di informazioni, leggere continuamente pensieri di altri ci porta a non riflettere prima di rapportarci agli altri. Insieme all’Ordine dei Giornalisti stiamo preparando un corso per prevenire l’odio online. I numeri dicono è un fenomeno in grande ascesa, lo conferma anche la Mappa dell’Intolleranza, un progetto che va avanti da sette anni e coinvolge le università. Le categorie più bersagliate dall’odio online continuano ad essere le donne (43%), i disabili (33%), seguiti da omosessuali e migranti.
Si è inoltre notato che i picchi di odio arrivano proprio nei momenti in cui il Papa ne parla su Twitter. Il Consiglio d’Europa ha definito l’odio online dal 2015, mettendo in evidenza che il digitale ha il potere di rendere duraturi i commenti negativi. Perché è preoccupante? Si sono trovate correlazioni tra picchi d’odio e gesti violenti. Ad esempio l’odio contro donne e femminicidio. Il fatto che avvenga online fa sì che diventa eterno. È sempre visibile, è ricorrente, l’odio online non si spegne mai. Come contrastare questa cosa e riportare l’ascolto, la condivisione vera? Uno studio di Amnesty International spiega che per contrastare l’odio serve la conoscenza degli strumenti che usiamo.  Dice anche che bisognerebbe ritornare a pensare, meditare, riflettere prima di rispondere. E poi agire. Tornare a dialogare con gli intolleranti, il nostro mettersi ai margini, il non intervenire, il non provare a cambiare quel clima ci rende parzialmente colpevoli. Sempre Amnesty parla di solidarietà, necessità di essere solidali con le persone che vengono attaccate. A lungo andare gli attacchi di odio ci segnano. È compito di ciascuno tornare a provare un po’ di compassione per le altre persone che sono bersaglio, tornare ad agire in gruppo, costruire una rete di protezione intorno alle persone che sono attaccate in quel momento.
Il Papa dice anche noi siamo ciò che comunichiamo. Anche nel manifesto della comunicazione nello stile viene riportata questa frase. Rispetto: altra parola nel messaggio del Papa. Le idee si discutono ma le persone si rispettano”.

A chiudere l’incontro, il vescovo Sigismondi con una riflessione sul mestiere del giornalista. “Un giornalista dovrebbe esser simile a un pellegrino perche la strada è il suo orecchio. A una sentinella, il silenzio è l’inchiostro della sua penna perché è il grembo della parola. E poi ancora, dovrebbe essere simile a un contadino perché l’attesa è il suo taccuino. Dovrebbe essere anche un sarto perché la verità è il filo del suo discorso. Dovremmo essere tutti attenti alla voce della nostra coscienza, il vero like da cercare è quello della nostra coscienza”.

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