Tra le migliaia di persone presenti in piazza San Pietro per le esequie di Benedetto XVI c’era anche lo scrittore americano Rod Dreher, che nel 2006 è diventato ortodosso. Ecco il suo racconto e le sue sensazioni.
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di Rod Dreher*
Sono arrivato in Vaticano prima dell’alba, per essere sicuro di avere un posto al funerale di Benedetto XVI. Avvolte nella nebbia fredda, la basilica e la piazza avevano un che di magico.
Come i miei lettori abituali sanno, ho amato profondamente Joseph Ratzinger, papa Benedetto XVI, e per questo ho voluto essere presente alle esequie. Ho lasciato la Chiesa cattolica nel 2006, poco dopo l’elezione di Ratzinger, e l’unico rimpianto duraturo che ho avuto è stata la sensazione di averlo abbandonato. È stato un grande padre cristiano e per questo ho sentito il bisogno di essere presente, per rendergli omaggio. Benedetto XVI è stato un modello non solo per i cattolici, ma per tutti noi che amiamo Gesù Cristo e vogliamo essergli più fedeli.
La Messa funebre è stata piuttosto bella. Non so quante persone fossero presenti in piazza, forse 60 mila. Non è stato come il funerale di Giovanni Paolo II, perché Benedetto era emerito ormai da quasi un decennio. Tuttavia è chiaro che quelli che sono intervenuti lo amavano. Due anziane bavaresi sedevano dietro di me. Anche loro lo amavano, ma in un modo che il resto di noi non può capire. Un amore tutto loro.
Prima dell’inizio del funerale abbiamo recitato il rosario in latino. La liturgia è stata gloriosa. Alla fine papa Francesco, che era sulla sedia a rotelle, ha tenuto la sua omelia. Forse esagero, ma ho pensato che sia stata vergognosa. Non è stata, nel complesso, una brutta omelia, quindi perché dico che è stata vergognosa?
Perché Francesco ha menzionato esplicitamente l’uomo che stavamo seppellendo solo alla fine, ai saluti. Il predecessore di Francesco è stato forse il più grande teologo che abbia mai occupato il soglio di Pietro, ma di questo Francesco non ha detto nulla. Joseph Ratzinger è stato un pilastro assolutamente essenziale del grande pontificato storico-mondiale di san Giovanni Paolo II, ma anche su questo, da parte di Francesco, nulla.
Non è necessario che la teologia di Ratzinger ti piacesse per riconoscere comunque il suo significato. Questa poteva essere per Francesco l’occasione per riconoscerlo, ma non l’ha fatto. Avrebbe potuto pronunciare lo stesso tipo di omelia per il suo maggiordomo. Basta confrontare la sua omelia con quella dettagliate e amorevole che Benedetto XVI pronunciò ai funerali di Giovanni Paolo II. So di essere, come sempre, un partigiano, ma l’omelia di Francesco mi ha colpito come un atto di mancanza di rispetto spiegabile solo con un disprezzo accumulato nel tempo.
Anche se non ho molto riguardo per il pontificato di Francesco, penso che in una situazione del genere io avrei potuto trovare parole di lode per lui. E al funerale di Benedetto, se una guardia svizzera mi avesse preso per il bavero e spinto sul palco per dire qualcosa, avrei potuto pronunciare un’omelia in lode di questo grande vecchio cristiano bavarese, un discorso fedele alla sua imponente eredità. Dal papa seduto, invece, niente di tutto questo. Ho pensato: quanto deve aver odiato Benedetto questo papa! Ero quasi in lacrime, davvero.
Ma dopo il funerale il mio spirito è stato sollevato dalla vista di una famiglia bavarese che era lì per mostrare tutto l’amore e il rispetto per il loro conterraneo. Sarebbe stato bello tornare a casa con queste persone e mangiare alla loro tavola.
Se qualcuno conosce questa famiglia, mettetemi in contatto. Hanno innalzato il mio spirito e vorrei ringraziarli per il dono di grazia che il loro amore per Benedetto mi ha fatto lì in piazza San Pietro, mentre ero così giù.
Dopo il funerale, ho visto bavaresi in costume regionale che marciavano con una banda musicale. Dio li benedica!
E poi, gloria delle glorie, ho incontrato il cattolico più ispiratore del mondo, il grande Marco Sermarini, presidente della Compagnia dei Tipi Loschi di Piuer Giorgo Frassati.
C’erano tanti Tipi Loschi e, ve l’assicuro, se solo voi poteste star loro vicino, il vostro cuore si infiammerebbe per Cristo. Con la purezza e la gioia della loro fede, questi cattolici mi fanno venire le lacrime agli occhi. Non vedevo i figli di Marco da cinque anni: come sono cresciuti! Mentre parlavamo, è venuto a presentarsi padre Edmund Waldstein, un intellettuale leader dei cattolici tradizionali. Non sapevo che fosse così giovane. Io non sono cattolico, né così solidale con i tradizionalisti, eppure sono stato entusiasta di incontrare padre Edmund, perché so che nonostante le nostre differenze è un uomo che ama Gesù e sta facendo del suo meglio per il Regno di Cristo. Siamo, in qualche modo, dalla stessa parte. Ed è un monaco, e io amo i monaci.
Sono stato estremamente grato per il privilegio di essere stato a Roma per salutare uno dei più grandi cristiani del nostro tempo, un uomo la cui vita e il cui lavoro hanno significato molto per me. Sono addolorato e arrabbiato che papa Francesco nella sua omelia abbia mostrato tanta freddezza e meschinità nei confronti di Benedetto, ma in realtà non sono sorpreso. Mi dispiace molto per i miei amici cattolici tradizionali. Credo che l’era post-Benedetto sotto Francesco sarà terribile.
Tuttavia, la fede sopravvive tra i cattolici attraverso gruppi come le famiglie bavaresi e i Tipi Loschi, e leader come Marco Sermarini e padre Edmund. Anche se non sono più con loro nella Chiesa cattolica, sono con loro come un fratello in Cristo, e spero e prego che prevalgano. Tutti noi, credo, con la morte di Joseph Ratzinger abbiamo guadagnato un potente intercessore in cielo.
*caporedattore di The American Conservative, ha scritto il best seller The Benedict Option. Nel 2006 è diventato ortodosso.
Titolo originale: Lessons From Pope Benedict’s Funeral
Fonte: theamericanconservative.com
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