In settimana, da un lato l’Oms ha ridimensionato l’allarme relativo alla diffusione della famigerata variante Kraken. Con una conferenza stampa, Hans Kluge, il direttore generale dell’Organizzazione, ha dichiarato che “l’impennata dei casi in Cina non dovrebbe avere un impatto significativo sulla situazione epidemiologica perché le varianti che circolano sono già presenti in Europa”.
Tanto rumore per nulla
Insomma, come al solito, tanto rumore per nulla. Per esempio, la stampa italiana aveva già iniziato a martellare con la consueta litania dei contagi in crescita per il dilagare di questa variante dal nome mostruoso.
Eppure il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie infettive ne ha registrato una diffusione inferiore al 2,5 per cento dei casi accertati chiarendo che, al momento, non vi è alcun rischio che diventi dominante.
Al di là del fatto che, con le conoscenze attuali, i sintomi (tosse, febbre, dolori muscolari) provocati dalla Kraken sono simili a quelli della Omicron o di tutte le altre varianti che hanno attinto a piene mani dall’alfabeto greco e quindi del tutto gestibili. Peraltro, tanti esperti si affannano a spiegare come la pandemia sia ben oltre i titoli di coda visto che si è entrati nella fase endemica.
Ma la stampa persevera
Tuttavia, neppure questo è stato sufficiente ad arrestare le ondate di panico. La Stampa, sempre in prima linea sul fronte sanitario, ha titolato “Ecco perché la variante Kraken fa così paura”. Eppure, a leggere l’articolo, i virologi interpellati hanno smorzato i timori. Per cui, resta davvero un mistero il motivo per cui si debba perseverare in questo tipo di narrazione.
Pure il Corriere della Sera ha parlato di “casi in crescita” pur dando conto dei numeri snocciolati dall’Ecdc. È pur vero che l’Oms ha dato delle indicazioni per proseguire con l’applicazione delle misure che ritiene più efficaci nel contrasto del virus: incrementare la campagna di immunizzazione su tutta la popolazione e somministrare le dosi booster alle categorie a rischio, favorire l’uso della mascherina negli spazi chiusi e sui trasporti pubblici, ventilare i luoghi affollati come le scuole o i ristoranti, fornire terapie precoci ai pazienti più fragili. Nulla di nuovo sotto il sole.
A tre anni dall’inizio dell’emergenza sanitaria, il refrain è sempre lo stesso con le massime autorità mondiali che, se per un verso provano a circoscrivere la portata dell’allarme, dall’altro fanno fatica ad abbandonare tutto l’armamentario pandemico che tanto ha impattato sulle vite, i diritti e le libertà delle persone. In tutta questa estenuante e ridondante discussione, il fattore trascurato è proprio questo.
Perciò, appare paradossale pure la presa di posizione di Catherine Smallwood, responsabile Oms per le emergenze in Europa, la quale ha sentenziato che “i passeggeri dovrebbero indossare le mascherine in ambienti ad alto rischio come i lunghi voli aerei”. Per ora, si tratta di una raccomandazione rivolta urbi et orbi a tutti viaggiatori in giro per il globo ma sappiamo bene che, in materia sanitaria, si passa ben presto dai suggerimenti alle rigide imposizioni.
Anche perché le ultime rivelazioni giornalistiche, rimbalzate dagli Stati Uniti, circa l’influenza esercitata dalla Casa Bianca sui principali social network per controllare le informazioni sanitarie condivise dagli utenti, lasciano piuttosto sbigottiti.
L’inghippo è che tra i post che sarebbe stati oscurati vi erano anche quelli che presentavano contenuti veritieri ma che potevano avere un effetto “sensazionalistico, allarmistico o scioccante”. Oppure, in poche parole, andavano a smentire i dogmi pandemici cari ai progressisti americani e scoraggiavano la massiccia campagna di immunizzazione.
D’altronde, i casi di utenti “sanzionati” nell’ultimo triennio si sprecano. Tra di loro non figurano solo dei pericolosi complottisti ma pure persone che hanno veicolato notizie scientificamente ineccepibili.
Colpiti i non allineati
In pratica, si sarebbe limitata la libertà d’espressione di tutti gli internauti dubbiosi, critici o, comunque, non allineati alla cattedrale sanitaria. Tanto per intenderci, tra i post sui quali sarebbe calata la mannaia della censura ci sono quelli che sostenevano la maggior efficacia dell’immunità naturale o quelli che invitavano a riservare la stessa campagna di immunizzazione ai soggetti più fragili esentando le fasce più giovani della popolazione poche esposte alla malattia grave ma più suscettibili di reazioni avverse.
A fronte di opinioni più che condivisibili messe in sordina, altri teoremi non dimostrati sono passati in cavalleria come quello sulla non contagiosità dei vaccinati, dimostrando come l’affaire sia tutto politico.
Di questa vicenda se n’è occupato pure il Washington Post che, già in precedenza, aveva scritto del “laboratorio Italia” dove era in atto un esperimento sociale inedito per le società occidentali basato sulla compressione di alcuni diritti fondamentali.
Verità amare
Ora, seppur lentamente, stanno emergendo delle verità amare. Chiunque abbia a cuore le sorti della democrazia e della libertà di espressione dovrebbe preoccuparsi del fatto che le piattaforme social – formalmente indipendenti o comunque non schierate – abbiano assunto una linea più politica che scientifica.
Per anni sono state descritte come il nostro fiore all’occhiello da opporre alle autocrazie all’ambito delle quali non è tollerata la libera circolazione delle idee. Adesso, ci accorgiamo che non solo il virus venuto dalla Cina ha sconquassato le nostre certezze ma anche alcuni nostri diritti fondamentali tra cui il free speech.
Il pericolo maggiore è che tutto questo abbia creato un precedente applicabile pure in futuro per qualsiasi altra emergenza – vera o presunta – dovesse abbattersi sulla popolazione mondiale. E potrebbe capitare che, in questa logica orwelliana, non sia più possibile distinguere la verità dalle fake news.
O, più probabilmente, come teorizzato dal regista David Cronenberg, il ruolo dei censori è proprio quello di confondere la realtà con l’illusione. Il dramma è che questa gigantesca illusione assume sempre più i contorni della farsa.