Date un’occhiata all’immagine sopra al titolo. Che cosa vi suggerisce? Io direi freddezza, senso di vuoto, angoscia. Si potrebbe parlare di minimalismo, ma non renderebbe l’idea. Qui c’è più che altro il desiderio di non dire, di non accogliere, di non coinvolgere. Si tratta di un’architettura del no, della negazione.
Eppure proprio questo progetto (per l’adeguamento dello spazio liturgico della Cappella della Fondazione Santi Francesco d’Assisi e Caterina da Siena a Roma) si è aggiudicato il Premio delle Pontificie Accademie.
Ma adeguamento a che cosa?
Papa Francesco, in occasione della consegna dei premi, ha scritto in un messaggio che l’ambiente celebrativo è importante “per favorire la preghiera e il senso di comunione” e nella liturgia sono fondamentali “lo spazio, la luce, l’acustica, i colori, le immagini, i simboli, le suppellettili liturgiche”.
Ma nel progetto in questione, almeno stando all’immagine diffusa, è difficile trovare qualcosa che favorisca la preghiera e il senso di comunione. Prevale, piuttosto, un senso di desolazione, tristezza e sconforto.
Nella motivazione del premio si legge: “Il progetto si innesta con consapevolezza contemporanea su un contesto già connotato, valorizzandone e riutilizzando determinate caratteristiche e alcuni tratti latenti del manufatto esistente; stabilendo in maniera coerente una connessione tra sotto e sopra, tra ambiente ipogeo e suolo, tra spazio santo e spazio feriale”.
Connessione tra sotto e sopra? Sinceramente, ci vedo più il sotto che il sopra. Ma le mie sono le valutazioni di un povero cattolico ignorante.
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