Un altro è stato sospeso. Indagate in tutto 18 persone
(ANSA) – PERUGIA, 19 GEN – Un sistema di corruzione da parte di alcuni dipendenti dell’Agenzia delle entrate di Perugia, relativo a pratiche catastali di vario genere, è stato scoperto a Perugia dalla guardia di finanza che ha eseguito un’ordinanza del Gip di applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari nei confronti di un dipendente del locale ufficio provinciale dell’Agenzia delle entrate, delle misure interdittive della sospensione per otto mesi dall’esercizio del pubblico ufficio a carico di un altro dipendente della medesima Agenzia e del divieto di esercitare la libera professione di perito agrario per 12 mesi nei confronti di una terza persona.
L’indagine riguarda complessivamente 18 persone. Si tratta anche di persone che avrebbero ottenuto favori dai tre dipendenti pubblici. I reati contestati, a vario titolo, sono quelli di corruzione per l’esercizio della funzione, corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio, istigazione alla corruzione e accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico.
Gli accertamenti hanno consentito di acquisire gravi indizi di un sistematico svolgimento, da parte di un dipendente dell’ex Ufficio del Catasto di Perugia, destinatario della misura cautelare, di attività parallele a quella istituzionale, consistenti nella redazione di atti di aggiornamento catastale, nella effettuazione di visure e redazione di planimetrie, per le quali venivano richieste erogazioni economiche.
I “beneficiari” di tali condotte, oltre che privati cittadini, sarebbero stati anche professionisti che si rivolgevano all’indagato principale per fruire di servizi che, se perseguiti per le vie lecite, avrebbero avuto maggiore durata ed esito incerto. Nel dettaglio, gli elementi probatori raccolti hanno disvelato gravi indizi dell’esistenza di “un sistema consolidato e parallelo di evasione di pratiche catastali di vario genere – riferisce ancora la procura – da parte del dipendente pubblico, che, avvalendosi delle risorse e degli strumenti dell’amministrazione di appartenenza, con la collaborazione di un collega e sfruttando l’abilitazione professionale del coniuge, avrebbe asservito il proprio pubblico ufficio a fini privatistici e personali”. (ANSA).
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