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Due pesi, due documenti segreti. Perché Biden se li tiene e non fa notizia

Con gran ritardo, l’opinione pubblica americana ha appreso che anche Joe Biden si era portato a casa documenti segreti dopo aver concluso il suo secondo mandato da vicepresidente, nel 2016. Sono stati trovati il 2 novembre 2022 nel suo ufficio del Penn Biden Center, Washington DC e consegnati dagli avvocati del presidente agli Archivi Nazionali, dove avrebbero dovuto essere custoditi da sei anni. Il presidente, stando a quanto lui stesso afferma, non era a conoscenza della presenza dei documenti nell’ufficio fino a quando i suoi avvocati personali non ne hanno segnalato l’esistenza E sarebbe anche rimasto all’oscuro del loro contenuto.

Spicca la differenza di trattamento fra la vicenda di Biden e quella di Donald Trump, accusato di aver tenuto documenti segreti con sé, nella residenza di Mar-a-Lago (Florida) dopo la fine del suo mandato presidenziale. Donald Trump, come è noto a tutto il mondo sin dal 9 agosto, quando si sono svolte le prime indagini, ha subito una perquisizione all’alba da parte dell’Fbi. I media hanno immediatamente dato risalto all’investigazione. Dei documenti segreti trattenuti da Joe Biden, invece, non si è saputo nulla dal 2 novembre fino a ieri. E il 2 novembre era una settimana prima delle elezioni di metà mandato. “Lo sapevano una settimana prima delle elezioni, forse il popolo americano avrebbe dovuto essere informato”, ha dichiarato Jim Jordan, deputato repubblicano dell’Ohio, a capo della Commissione Giustizia della Camera. “Sicuramente sapevano del raid a Mar-a-Lago tre mesi prima di queste elezioni, ma sarebbe stato bello se il 2 novembre il Paese avesse saputo che c’erano documenti riservati nel Biden Center”.

In queste ultime 24 ore abbiamo già letto diverse giustificazioni sulla disparità di trattamento riservato a queste due vicende analoghe. Il britannico Guardian, ad esempio, ritiene che il caso Trump sia più grave, perché vi sono due caratteristiche che possono spingere il Dipartimento di Giustizia ad aprire un’indagine: ostruzione della giustizia (Trump non voleva consegnare i documenti, due di essi sono stati trovati in una seconda perquisizione) e quantità dei documenti trattenuti (più di cento nel caso di Trump, una decina in quello di Biden). Insider ritiene che gli avvocati di Biden, trovando e consegnando i documenti segreti agli Archivi Nazionali, abbiano fatto “esattamente quel che ci si attendeva da loro”. E che in generale si tratti di “routine”. Anche il più autorevole Washington Post ritiene che le due vicende non siano la stessa cosa, con argomenti simili. E la CNN avverte: “Biden sembra collaborare con gli Archivi Nazionali e il Dipartimento di Giustizia come Trump non ha fatto e, a differenza dell’ex presidente, non è indagato per possibile ostruzione della giustizia”.

Gli esperti che affermano come i due casi non si possano confrontare, come Bradley Moss, vicedirettore del James Madison Project, secondo il quale paragonarli è “come confrontare le mele con le pere”. Però più di un dubbio resta. In primo luogo, Biden ha smentito se stesso. In un’intervista rilasciata alla CBS dopo l’indagine nella residenza di Donald Trump, di fronte alle foto dei documenti segreti prelevati dall’Fbi, aveva affermato, con voce grave: “Mi chiedo come sia stato possibile tutto questo. Mi chiedo come si possa essere così irresponsabili”. Ecco, appunto.

Da un punto di vista legale, poi, conservare 10 documenti piuttosto che 100 non cambia la sostanza della violazione. Un vicepresidente in un caso, un presidente nell’altro, non hanno rispettato la legge che prescrive la consegna agli Archivi Nazionali di tutti i documenti segreti, allo scadere del mandato. Trump è accusato di “ostruzione”, però Biden, dopo mesi di silenzio sulla vicenda, dichiara di non sapere e non ricordare. “Una manina” ha nascosto quei documenti in un cassetto a sua insaputa?

La giustizia statunitense ora farà il suo corso, il procuratore generale Merrick Garland ha chiesto al procuratore di Chicago di aprire un’indagine. Si rafforza la posizione difensiva di Donald Trump, a questo punto. Perché se è vero che tracciare la posizione di documenti segreti era difficile per Biden, lo stesso vale per Trump. Se in un caso è “routine” e i documenti non erano importanti, allora lo stesso criterio vale anche per i faldoni conservati a Mar-a-Lago, a prescindere dalla quantità e dall’atteggiamento più o meno antipatico di chi se li è portati con sé.

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