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Francia, per 9 voti bocciata la mozione contro la riforma delle pensioni: esplodono i disordini – Secolo d'Italia

Dopo la bocciatura, per soli 9 voti, della mozione di censura contro il governo francese sulla riforma delle pensioni, esplodono i disordini a Parigi. E, secondo quanto riferiscono i media francesi, alcuni cassonetti sono stati dati alle fiamme a place Vauban, mentre la polizia sta usando lacrimogeni per disperdere i manifestanti.

Un’altra manifestazione spontanea è iniziata nella città di Strasburgo, sulla piazza Kléber, subito dopo il voto in Assemblea nazionale a Parigi che ha visto respingere la mozione di censura contro il governo di Elisabeth Borne per la riforma delle pensioni con appena nove voti.

Manifestazioni spontanee si segnalano anche a Lione, Tolosa e Lille, dove si registra il lancio di lacrimogeni da parte della polizia per disperdere la folla.

Erano due le mozioni contro il governo, una di Liot, l’altra del Rassemblement national, entrambe bocciate: prima una, poi l’altra.

In discussione è il tentativo di Emmanuel Macron di far passare un impopolare aumento dell’età pensionabile senza il voto del Parlamento.

La prima mozione di censura contro il governo francese di Elisabeth Borne ha visto i deputati francesi esprimersi sul testo del partito Liot: ha raccolto 278 voti, solo 9 in meno della maggioranza assoluta richiesta per essere adottata, 287.

Poi è stata la volta della mozione del Rassemblement national, anch’essa bocciata.

“La riforma delle pensioni è considerata come adottata”, ha affermato la presidente dell’Assemblea Nazionale, dopo che è stata respinta anche la seconda mozione di censura, quella presentata da Rn, che ha avuto 94 voti.

Elisabeth Borne se ne deve andare” oppure “il presidente deve rimuoverla dall’incarico”, dice, a caldo, Marine Le Pen.

Il presidente del Rassemblement national ha prima attaccato i parlamentari di Les Républicains che si sono astenuti, e che lei considera “responsabili del salvataggio del governo. Dovranno assumersi le conseguenze del proprio gesto di fronte ai loro elettori. Si sono chiaramente posizionati con la  maggioranza di Emmanuel Macron”, ha detto la Le Pen.

Per quanto riguarda l’esecutivo, il presidente del Rassemblement national ha chiesto un “nuovo governo”.

“La crisi non sarà risolta se” Macron “non lo fa – ha ripetuto. –  Sono sei anni che aspettiamo Emmanuel Macron. Ma sappiamo  che è sordo alle richieste dei francesi e al funzionamento democratico dello Stato. Nei miei sogni più folli, mi aspetto che metta in atto un referendum. Quando si verifica una crisi politica di questa portata, si ricorre all’espressione più direttamente democratica”. Il referendum, appunto.

Quasi sette francesi su dieci, secondo un sondaggio Elabe per Bfmtv, volevano che i deputati votassero la censura contro il governo di Elisabeth Borne, e tra questi anche una maggioranza di quanti hanno votato a favore di Emmanuel Macron al secondo turno delle presidenziali.

Dopo il ricorso all’articolo 49.3 con cui il governo ha posto la fiducia sul provvedimento della riforma delle pensioni, il 68 per cento del campione dice di auspicare che il governo cada con il voto di una mozione di censura all’Assemblea nazionale.

E ora? Macron e la Borne sfoggiano sicurezza. Ma le opposizioni contrarie alla riforma delle pensioni in Francia hanno ancora strumenti a loro disposizione per bloccare l’adozione del provvedimento, ricorrendo ad esempio alla Corte costituzionale o promuovendo l’organizzazione di un referendum di iniziativa condivisa.

Il referendum di iniziativa condivisa, chiamato Rip, è un dispositivo costituzionale che prevede la possibilità di organizzare una consultazione popolare su una proposta di legge, che nasca da  un’iniziativa di un quinto dei membri del Parlamento, ossia 185 dei 925 parlamentari purché la proposta sia sostenuta da un decimo degli elettori, cioè 4,87 milioni di persone, le cui firme devono essere raccolte entro nove mesi.

Un disegno di legge in questo senso è stato già presentato alla Presidente dell’Assemblea nazionale, Yaël Braun-Pivet, oggi. Ed è stato firmato da più di 250 deputati e senatori.

Secondo Le Figaro, la proposta è stata accolta e trasmessa alla Corte Costituzionale. Che ora ha un mese di tempo per esaminarla e decidere se convalidarla.

La proposta di legge afferma che “l’età legale di pensionamento non può essere fissata al di sopra dei 62 anni”.

L’ostacolo a questo provvedimento consiste nel fatto che “tale referendum non può avere per oggetto l’abrogazione di un dispositivo di legge promulgato da meno di un anno”.

Dunque affinché il Rip possa sussistere, deve essere convalidato dalla Corte Costituzionale prima che lo sia la riforma delle pensioni.

In tal caso, la raccolta delle firme viene poi organizzata per nove mesi dal ministero dell’Interno che mette a disposizione dei potenziali firmatari una piattaforma digitale. Durante questo periodo, la promulgazione della legge è sospesa.

La Corte Costituzionale potrebbe essere coinvolta – attraverso la richiesta di almeno 60 parlamentari – anche per un parere sulla costituzionalità del testo di riforma.

In attesa di una pronuncia della Corte Costituzionale, la promulgazione della legge sulle pensioni verrebbe sospesa. E i giudici avrebbero un mese di tempo per studiare il ricorso, otto giorni se il governo interviene e chiede la procedura “urgente”.

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