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Gerasimov è il nuovo comandante dell'”operazione speciale”

A ventiquattro ore dal giallo che aveva riguardato l’avvicendamento – presunto – tra i generali Alexander Lapin e Valerij Gerasimov, la Difesa russa mette le carte in tavola. Nessuna destituzione per Gerasimov, come ipotizzato in queste ore: nella giornata di ieri si erano accavallate, infatti, una serie di agenzie e ipotesi che, stante la promozione di Lapin, volevano quest’ultimo al posto di Gerasimov, del generale Oleg Salyukov oppure del generale Vasily Tonkoshkurov.

Perché Mosca ha “promosso” Gerasimov

Nel primo caso, la valenza della sostituzione non sarebbe stata meramente “tecnica” ma, gravemente, politica. Da questi dubbi, avanzati dall’agenzia Tass, e dai no comment del Cremlino, i rumor avevano portato a immaginare uno scenario di risposta ai falchi interni, ma anche a fedelissimi come Ramzan Kadyrov, e a tutti quelli che chiedono al Cremlino un impegno ancora più deciso e distruttivo nella guerra contro l’Ucraina. 

Oggi, la Difesa russa sceglie di diradare le nebbie: Valery Gerasimov prende il posto come nuovo comandante dell’operazione speciale russa in Ucraina di Sergei Surovikin, che resta come suo vice, insieme al comandante delle forze di terra, Oleg Salyukov, e al vice capo di stato maggiore Alexei Kim, precisa Ria Novosti. A nominarlo, il ministro della Difesa Sergei Shoigu. Negli scambi di ruolo sul campo Surovikin non era stato affatto menzionato nelle ultime ore, tantomeno il quadro era stato dipinto come una “promozione” per Gerasimov. L’aumento del livello di comando è associato, si precisa, all’espansione della portata degli obiettivi e all’organizzazione di una più stretta integrazione fra i diversi rami delle truppe, per migliorare tutti i tipi di supporto e l’efficacia del comando e del controllo dei raggruppamenti di forze.

Gerasimov, il teorico della guerra ibrida che porta anche il nome di “Dottrina Gerasimov”, che tanto successo ha avuto nel 2014 in Crimea e nel Donbass, è stato sotto attacco per l’andamento della guerra che avrebbe dovuto, nelle intenzioni di Mosca, esaurirsi in poco tempo con la caduta di Volodymyr Zelensky. Quella di Sergei Surovikin, classe 1966 e originario di Novosibirsk, noto a molti come il “generale Armageddon”, era stata una nomina che aveva lasciato molti di stucco lo scorso ottobre. Il giorno prima dell’inizio della guerra, Surovikin era stato inserito nell’elenco delle persone sanzionate dall’Unione Europea per il suo ruolo nell’apparato militare e per il suo stretto rapporto con Putin che nel 2017 gli aveva conferito l’onorificenza di Eroe della Russia. Al di là della crudeltà del personaggio, la sua scelta aveva messo a tacere le voci circa un altro papabile al comando delle operazioni: proprio il famigerato Kadyrov, in quei giorni fresco di promozione al grado di colonnello generale. La nomina, che per molti faceva presagire un ruolo chiave nel futuro delle operazioni, al momento resta una mera promozione sul campo e null’altro, sebbene il leader ceceno sia stato fra i più critici verso la gestione del conflitto.

Come intepretare la mossa del Cremlino

Se per molti questo è il segno di un rush finale, un tentativo di chiudere con un colpo decisivo la partita del conflitto prima di cedere a più sani tentativi di negoziazione, l’opinione dei bellicisti russi non è unanime. Dando una rapida scorsa ai social, i commentatori russi a favore della guerra non sembrano colpiti: la somma non cambierebbe, dunque, ma solo l’ordine degli addendi. Surovikin, un veterano delle campagne russe in Cecenia e Siria, ora verebbe usato come capro espiatorio per una una serie di recenti fallimenti militari russi, tra cui l’attacco ucraino a una caserma russa nella città di Makiivka che ha ucciso almeno 89 soldati a Capodanno.

Tuttavia, che questo cambio di pedine sia business as usual, non convince molti analisti. La nomina di Gerasimov, infatti, potrebbe essere il segno della riaffermazione della postura del ministero della Difesa nella condotta della guerra, dopo mesi di grigiore che avevano fatto ipotizzare addirittura l’epurazione di Shoigu e Gerasimov in primis. E questo esula dal fatto che Surovikin possa essere visto come un fallimento in un conflitto che era impensabile vincere già un anno fa. Non è da escludere che come figura stesse diventando molto potente e, in una sorta di tattica del salame al contrario, sia stato incapsulato dalla Difesa per non trasformarsi in un barone di guerra. La nomina ufficializzata oggi è “una sorta di retrocessione, quantomeno un calice amaro”, commenta Mark Galeotti, analista specializzato negli apparati di sicurezza russi. D’ora in poi sarà lui a essere il diretto responsabile di quello che avviene sul teatro di battaglia. Il generale Surovikin, reduce dalla devastante campagna aerea contro Aleppo, ha resistito solo poco più di tre mesi al comando dell’operazione speciale. Per lui notoriamente, militari e civili nemici sono sullo stesso piano, obiettivi da colpire. La sua era stata la prima nomina ufficiale di un comandante dell’operazione, compito ora assunto dal capo di stato maggiore.

Ciò che sta accadendo per il controllo di Soledar e Bakhmut nell’Ucraina orientale, la più sanguinosa battaglia per le forze russe e ucraine dall’inizio dell’invasione, non è altro rispetto a queste “promozioni”. Le forze russe sono impegnate in intensi combattimenti nell’Ucraina orientale, un trampolino di lancio nella spinta di Mosca per catturare l’intera regione del Donbass. Da parte sua, il ministero della Difesa russo ha dichiarato che truppe aerotrasportate di Mosca hanno circondato le forze ucraine a Soledar e ora le stanno bombardando. I russi, precisa il Ministero, hanno bloccato la cittadina a nord e a sud. Interrogato sulla situazione militare sul terreno, il portavoce del Cremlino Dimitri Peskov ha affermato che la Russia “non ha fretta” a dichiarare la vittoria. “Aspettiamo i rapporti ufficiali, ma c’è una dinamica positiva nell’evoluzione“, riporta Ria Novosti. Gerasimov dovrebbe dunque compiere il miracolo finale? I russi sembravano avere il sopravvento, tuttavia, il florilegio di nomine che durano poche settimane tradiscono una sola verità: nulla sta andando secondo i piani di Putin.

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