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Il virus di Wuhan e l’operazione orwelliana di Virality Project – Gianluca Spera

Mentre negli Stati Uniti il presidente Joe Biden ha declassificato gli atti sull’origine del virus (non precludendosi la possibilità di scoprire la connessione con il laboratorio di Wuhan), la dottoressa Antonella Viola su La Stampa esclude questa ipotesi. Lei ritiene che siano stati i procioni in vendita nei mercati cinesi del distretto di Hannan gli ospiti intermedi che hanno provocato il passaggio del Covid dai pipistrelli all’uomo.

Pechino e Fauci nel mirino

La Viola scrive che la tesi è verosimile ed è sostenuta da gran parte della comunità scientifica ma, in assenza di prove inoppugnabili, non si può emettere un verdetto definitivo sul punto. Tuttavia, la dottoressa approfitta della questione ancora aperta per tirare le orecchie alle super potenze impegnate, a suo dire, a calpestare la scienza per interessi geopolitici.

In effetti, analizzando attentamente il pezzo, si scopre che le critiche della Viola sono mosse in particolare “alle posizioni contradditorie e spesso scientificamente insostenibili provenienti da alcuni settori chiave degli Stati Uniti”, cioè il Partito Repubblicano che vorrebbe strumentalizzare in chiave anti-cinese le indagini sull’origine della pandemia.

Tanto è vero – si legge ancora nell’articolo – che i Repubblicani hanno messo nel mirino pure Anthony Fauci, ritenuto dalla Viola “figura leader nella risposta alla pandemia del governo degli Usa”, perché, tra l’altro, appoggia con convinzione la tesi dell’origine naturale del virus.

Eppure, bisognerebbe ricordare alla Viola che il dibattito politico è alla base di ogni democrazia liberale e che, al momento, gli Stati Uniti sono guidati da un presidente democratico che ancora non permette l’ingresso nel Paese a chi non è vaccinato.

Divieto d’accesso

È sufficiente citare la vicenda del tennista Novak Djokovic, impossibilitato a partecipare agli importanti tornei di Indian Wells e Miami perché non in regola con gli adempimenti sanitari. Un divieto ormai anacronistico e scientificamente ingiustificabile che aveva spinto il governatore della Florida, Ron DeSantis, a intervenire in favore della causa del campione serbo.

Nulla da fare: al di là delle tassative esenzioni previste, l’ingresso negli Stati Uniti è impedito ai non vaccinati almeno fino al prossimo 11 maggio. Su questa norma inutilmente punitiva non si è pronunciata la Viola la quale accusa la Cina di nascondere dati e i Repubblicani di volerne ricavare un vantaggio politico.

Tutto questo, secondo lei, dimostrerebbe quanto sia necessaria la collaborazione tra gli Stati per “affrontare i prossimi spillover e prevenire nuove pandemie”; obiettivo che la pone sulla stessa lunghezza d’onda del presidente Biden, anche lui interessato a un’analisi a ritroso concentrata esclusivamente sulla necessità di scongiurare future epidemie.

La sospensione delle libertà

In effetti, alla luce di quanto sta emergendo nelle ultime settimane (ma che ad alcuni osservatori più attenti era chiaro fin da marzo 2020), la complessiva gestione pandemica ha palesato la fragilità delle democrazie occidentali che hanno risposto al virus venuto dalla Cina con una sospensione dei diritti e delle libertà senza precedenti.

Ciò di cui ci si dovrebbe preoccupare è la creazione di robusti anticorpi che tutelino i cittadini nel caso in cui si pensasse di sospendere nuovamente le loro prerogative costituzionali per fronteggiare la diffusione di un virus. È questo il punto carente del dibattito ancora incentrato sui vari dogmi sanitari, specialmente nel nostro ambito nazionale.

I disastri dei lockdown

Altrove, tutto questo viene messo in discussione. Per esempio, il Telegraph prosegue la sua meritoria campagna di stampa denominata Lockdown files. Il commento a firma di Daniel Hannan ha messo pesantemente in discussione l’efficacia delle chiusure evidenziando come i lockdown hanno provocato più danni che benefici.

Il confronto tra quanto accaduto in due Paesi con approcci diversi al virus è emblematico: la Svezia che non ha seguito il modello cinese ha avuto più contagi ma la percentuale europea più bassa di decessi in eccesso mentre la rigidissima Australia ha ridotto le infezioni ma non la mortalità.

Allora, secondo il ragionamento di Hannan, bisognerebbe riconoscere che tutti i disastri (malattie non diagnosticate, danni alla salute mentale, aumento del debito pubblico, inflazione, istruzione perduta etc. etc.) di cui stiamo ancora pagando il prezzo sono stati determinati proprio da questi provvedimenti sconsiderati.

L’espansione del governo

I vari governi, forse forti del consenso popolare alimentato dalla paura del contagio, hanno ritenuto più opportuno distruggere l’economia, il sistema scolastico, la psiche delle persone piuttosto che provare a bilanciare i vari interessi in gioco.

Probabilmente, non era solo una questione di indici di gradimento o sondaggi dell’epoca ma anche un’opportunità più unica che rara: governare in emergenza e in deroga ai principi fondamentali dell’ordinamento consente di espandere il proprio potere a dismisura. Quello che, in effetti, è accaduto: in Italia più che nel resto del mondo occidentale.

Perciò, è necessario tenere i riflettori accesi su quello che è successo nell’ultimo triennio. Per evitare che possa ripetersi.

A ciò si aggiunga pure i Twitter files che si arricchiscono del capitolo Virality Project, l’iniziativa promossa dalla Stanford University per rintracciare e limitare le informazioni sanitarie ritenute false. “A tutti gli effetti, invece, lo studio è stato una gigantesca operazione per limitare e censurare informazioni fondate”, ha denunciato il giornalista americano Matt Taibbi delle cui affermazioni hanno dato conto La Verità e Italia Oggi.

Ma non si trattava più di censurare informazioni false. Secondo uno dei partner del Virality Project, “non possiamo avere fiducia nella capacità dei cittadini di avere dei giudizi per conto proprio. I cittadini devono invece essere protetti da verità che potrebbero minare la loro fiducia nell’autorità. E continuare a seminare dubbi e incertezze rende incapace una società di capire cosa è vero e cosa no”.

Operazione orwelliana

In pratica, in una perversa logica orwelliana, questo sistema si è trasformato in uno strumento di controllo delle piattaforme social con il risultato di filtrare le notizie secondo il favore delle autorità governanti. Come spiega Taibbi, si è trattato di una forma di censura che ha cancellato il confine tra verità e menzogna, concentrandosi sulla necessità di salvaguardare la narrazione predominante.

Così, sono stati censurati utenti che hanno condiviso informazioni reali, critiche politiche o semplici perplessità sull’efficacia della massiccia campagna di vaccinazione. I loro post e commenti sono stati marchiati con una sorta di lettera scarlatta riservata ai non allineati, con il paradosso che è stata bollata come disinformazione quella che era la libera manifestazione del pensiero.

Sappiamo bene che questo meccanismo ha portato alla proliferazione dei cacciatori di ipotetiche fake news o presunte bufale, riducendo la libera circolazione delle idee e imponendo uno storytelling sanitariamente e politicamente orientato.

Lezioni per il futuro

In chiave futura, sarà fondamentale prendere coscienza di tutti i danni collaterali provocati dalla dissennata gestione pandemica e preservare in uno scrigno inaccessibile le nostre libertà fondamentali, compresa quella di espressione garantita dalle costituzioni nazionali e dall’art. 19 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo.

Con buona pace di chi si preoccupa di altro, per impedire o ridurre la diffusione di un virus non potrà e dovrà essere più contemplata l’instaurazione di un regime sanitario distopico e dispotico.

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