Roma, 27 mar – Un’ondata di proteste contro il premier Benyamin Netanyahu e il suo governo, sta travolgendo Israele. Una contestazione massiccia che va avanti da alcune settimane e che oggi vede decine di migliaia di persone manifestare davanti al Parlamento. Due manifestanti sono riusciti ad entrare momentaneamente alla Knesset, gridando al ministro dell’educazione Yoav Kish di dimettersi, prima di essere allontanati dalle forze di sicurezza. Ma cosa sta succedendo davvero in Israele? Perché tutti questi cittadini stanno scendendo in piazza inferociti contro l’esecutivo guidato da Netanyahu? Al centro di tutto, c’è la riforma della giustizia, il cui iter legislativo dovrebbe però essere sospeso oggi dal primo ministro. Vediamo allora cosa prevede(va) e cosa potrebbe accadere adesso.

Caos in Israele, cosa prevede la riforma della giustizia

La riforma della giustizia in questione, prevede il controllo politico della Corte suprema israeliana (massimo tribunale in Israele). Con tre modifiche sostanziali rispetto alla vigente legge.

La prima modifica darebbe al Parlamento la possibilità di ribaltare qualunque decisione della Corte con una maggioranza semplice di 61 voti sui 121 seggi totali. In pratica, considerati i numeri a disposizione, la coalizione di governo che sostiene Netanyahu potrebbe facilmente cambiare qualunque decisione dei giudici. La seconda modifica toglierebbe alla Corte il potere di controllare e rivedere la legalità delle leggi giudicate fondamentali, ovvero provvedimenti che equivalgono alla Costituzione (Israele non ha una vera e propria carta costituzionale). La terza modifica riguarda la selezione dei giudici che compongono la Corte suprema. Attualmente i giudici vengono nominati da una sorta di commissione indipendente, formata da magistrati e da figure politiche già al servizio del tribunale. Con la modifica prevista, l’esecutivo avrebbe un potere maggiore nella scelta dei giudici, stracciando di fatto il principio di parità.

Verso la sospensione della riforma

Se dovesse essere approvata questa riforma della giustizia, secondo l’opposizione e manifestanti scesi in piazza, il governo avrebbe vita facile nell’approvare leggi ad personam per evitare a Netanyahu processi che lo coinvolgono, scagionarlo direttamente e pure agevolare gli insediamenti israeliani nei territori occupati. Il tutto con il risultato di esacerbare le già alte tensioni con i palestinesi e trasformando Israele in una sorta di dittatura de facto.

Al contrario, secondo il governo questa riforma servirebbe soltanto a limitare gli “eccessivi poteri” della Corte, evidenziati da tempo. Nella giornata di oggi è però atteso il discorso alla nazione di Netanyahu, in cui il primo ministro dovrebbe annunciare la sospensione della riforma giudiziaria. Quest’ultima non verrebbe dunque archiviata definitivamente, ma congelata. Sarebbe comunque un evidente passo indietro volto a rassicurare i manifestanti e disinnescare l’improbabile spettro della guerra civile.

Eugenio Palazzini

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