Credevate che con Area B a Milano fossero finite le vessazioni contro gli automobilisti? Sappiate che il candidato del PD, che alle prossime Regionali se la vedrà con Fontana e Moratti, già da candidato in pectore alle Comunali del 2016 (ma poi presentarono Sala) aveva anticipato che qualora fosse diventato il Borgomastro della metropoli più chic avrebbe voluto una città senz’auto. Più o meno. Poi non diteci che non ve l’avevamo detto.
Giuseppe Sala non ha voluto arretrare di un millimetro sull’inasprimento dell’Area B: ora se vuoi passare per piazzale Corvetto, non proprio il centro di Milano, devi pagare. O comprarti un’auto elettrica. Che per i residenti in Municipio 1, piazza Castello per intenderci, feudo elettorale del PD, abituati alle vacanze a Capalbio, sarà un’inezia, ma per i lavoratori (che una volta il loro partito voleva rappresentare) no.
Milano non è più la città della nebbia e della classe operaia, è la città del Vanity Sindaco (geniale definizione di Giorgio Gandola) Giuseppe Sala che di fronte alle proteste dei lavoratori sembra il generale che non ha dubbi e sgancia lo stesso la bomba, Milano è “the place to be” dove l’Assessore ai Trasporti Arianna Censi, già bibliotecaria, prende a librate sul cofano gli automobilisti indisciplinati.
Milano non è solo Gotham City dove ti rapinano in Corso Como, mentre in Stazione Centrale oltre a rischiare di farti tagliare la gola la sera e la mattina devi fare lo slalom tra le deiezioni liquide e solide dei disperati che lì sopravvivono. No, Milano adesso è la Città della Gioia del PD, una città per i bambini e gli studentelli di Ultima Generazione e delle signore in pashmina che fanno la spesa in bici in Montenapo e parcheggiano il suv elettrico in doppia fila davanti all’ICS International School per prelevare i pargoli mentre gli altri automobilisti muti in coda. Una città che non esiste, se non nella loro fervida ideologia (e che avendo preso il potere giustamente mettono in pratica: citofonare centrodestra milanese).
A Milano qualcuno ha dovuto cambiare lavoro grazie ai dazi green della giunta talebana, oppure non potendosi comprare la Tesla s’è dovuto adeguare a fare una cosa che legittimamente non voleva fare cioè prendere il tram, oppure s’è dovuto ingegnare per evitare di dover pagare la gabella verde andando al lavoro quando la mattina fuori è ancora buio. Mica fanno il lavoro del Milanese Imbruttito che racconta una Milano che non esiste (e quando esisteva per davvero era bella, infatti a governare non c’erano loro).
Area B era però solo l’antipasto: zitti zitti, come quando hanno chiuso il traffico in Ripa di Porta Ticinese sul lato opposto di Alzaia Naviglio Grande in piena estate così non se ne accorgeva nessuno, gli esponenti della giunta talebana che governa Milano dal 2011 (prima Giuliano Pisapia, poi Sala) hanno deciso, dal prossimo anno limite massimo di velocità 30 all’ora. Dicono che ci stanno lavorando e iniziano a mettere la mani avanti, anche perché i vigili milanesi hanno bocciato il limite dei 30 orari, magari non sarà per tutta la città. Vedremo. Però che fenomeni a Palazzo Marino: il traffico anziché diminuire è aumentato, idem lo smog. E con le auto incolonnate a 30 all’ora, praticamente tutte ancora a motore endotermico, sai le esalazioni di gas dagli scarichi.
Giuseppe Sala ci vuole tutti in monopattino e risvoltino, in tram e metro a metà mattina dopo la brioche vegana e con Repubblica sotto il braccio, al massimo a bordo di un esemplare Milano Zity, il car sharing 100% elettrico che di solito è guidato da gente più imbranata di Fantozzi con la mitica Bianchina. La Milano della giunta Sala si ferma ai bastioni dell’apericena sui Navigli e le mostre alla Triennale: lavorare, ma figurati, è da servi della gleba.