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«La programmazione della Regione sulla sanità privata non è legittima»

20 Gen 2023 18:15

di Gianni Giovannini
Già dirigente sanità Regione Umbria e Dg dell’azienda ospedaliera di Terni
Coordinatore forum sanità Pd Terni

È recentemente insorta sulla stampa regionale una polemica tra alcuni consiglieri regionali e gli uffici della sanità regionale circa la legittimità dei contenuti della Dgr (Deliberazione giunta regionale) n. 1418 del 2022 in tema di riequilibrio dei posti letto di ospedalità privata. Premetto che ho avuto un ruolo significativo nel passato quale dirigente della programmazione sanitaria regionale in Umbria ed ho controfirmato sia gli atti di riordino della rete ospedaliera regionale già nel 1996, sia il primo recepimento del DM 70/2015 avvenuto con DGR 212/2016. In aggiunta mi è stata mossa un’altra accusa: quella di aver autorizzato e accreditato strutture private in assenza di qualsiasi programmazione regionale. In particolare nel settore della specialistica ambulatoriale. Cade a fagiolo un assenso da me rilasciato al Comune di Terni per la realizzazione di una casa di cura per 82 posti letto già nel 2016 (cfr. DD n 10442/2016).
A questo punto, vista l’inconciliabilità delle posizioni, occorre fare chiarezza su chi sta dalla parte della legalità e chi no, ricostruendo le tappe della vicenda.

Con la DGR 1418/2022 la Regione Umbria ha raccolto il grido di dolore proveniente dal sud dell’Umbria che lamentava una penalizzazione politica a danno della provincia di Terni dovuta all’assenza di case di cura private. Ritenendo valido questo assunto, la direzione regionale ha ritenuto di programmare un riequilibrio ‘quantitativo’ tra le due province di Terni e Perugia in tema di posti letto per le case di cura sovvenzionate dal pubblico.

Il primo vulnus alla normativa lo porta la direzione che nell’istruttoria della Dgr non si è avvalsa degli indicatori che il DM 70 pone a base della programmazione sanitaria: come il tasso di utilizzo delle strutture, l’indice di ospedalizzazione territoriale, nonché la dimensione demografica reale. La semplice applicazione degli indicatori del DM 70 avrebbe evidenziato che i tassi di utilizzo (v. Libro Bianco e tabella relativa) per le strutture private sono bassissimi, pari al 20% quando il dato di tendenza indicato dal DM 70 è del 90%. Quindi le case di cura umbre patiscono una carenza vistosa di attività assistenziale per cui la loro attuale dotazione di posti letto risulta ridondante per circa un 70%. Quindi un programmatore regionale coerente, con la normativa, avrebbe dovuto togliere dall’accreditamento i circa 150 posti letto improduttivi delle strutture private, tra l’altro senza arrecare loro alcun danno.

La direzione, invece, suggerisce alla giunta regionale di prendere una strada diversa e originale; assumendo la dotazione dei posti letto delle case di cura già esistenti nel territorio della provincia di Perugia come standard di riferimento per la programmazione sanitaria dei privati. Non ci sono riferimenti normativi per questo ‘indicatore’ autoprodotto e proprio da questo fatto nascono i dubbi sulla sua legittimità. Sorvolando su tutto, la direzione propone di applicarlo come parametro ‘equo’ alla popolazione della provincia di Terni, facendo uscire in questo modo dal cilindro 105 posti letto per i privati da realizzare ex novo. Nella Dgr 1418 non si fa cenno al tasso di utilizzo programmato per i posti letto ‘ternani’ e soprattutto se sarà analogo a quelli ‘perugini’. Si dovrebbe parlare di poco più di 20 posti letto effettivi.

Il tasso di ospedalizzazione medio regionale rilevato nel Libro Bianco risulta pari al 146 per mille, cioè piuttosto al di sotto della soglia del 160 per mille e questo significa che l’offerta di posti letto è più che adeguata e non esisterebbero spazi per politiche di incremento dell’offerta di ospedalità. Due elementi presenti nella stessa Dgr 1418/2022 depongono a sfavore del fatto che la Regione possa programmare per i privati:

  1. la DGR 1418/2022 non dispone nulla circa il numero di nuove strutture sanitarie private da implementare nella provincia di Terni per soddisfare il ‘fabbisogno di 105 posti letto’. Dovrebbero essere più di una, visti i numeri delle case di cura presenti nella provincia di Perugia (5 per circa 600 mila abitanti). Questo è un dato essenziale della programmazione che risulta colpevolmente assente perché la Regione autorizza soprattutto le strutture prima ancora dei posti letto;
  2. l’altro dato essenziale che manca è il tipo di discipline da implementare nelle strutture private per la provincia di Terni. In quella di Perugia la parte del leone la fa l’ortopedia, come si evince nell’allegato alla Dgr 1418/2022.

Queste lacune fanno ipotizzare che la Regione non sia animata da un genuino spirito di programmazione ma voglia solo limitarsi a sostenere, con i soldi dei contribuenti, delle attività sanitarie private, per le quali manifesta scarsa convinzione tanto che le lascia libere di prendere ogni decisione relativa agli obiettivi di salute. In questo contesto è da apprezzare la grande umiltà che caratterizza l’amministrazione regionale che non tenta di imporre al privato il proprio punto di vista, probabilmente confidando nella competenza e professionalità dell’imprenditore di turno. Questo aspetto è molto di più di un accreditamento, rappresenta un vero e proprio capovolgimento di ruolo tra le responsabilità di chi è chiamato a programmare e di chi è chiamato ad eseguire.

Per ciò che concerne la scorrettezza metodologica nella definizione della base demografica di calcolo dei posti letto secondo il Dm 70, gli uffici regionali hanno affermato: ‘Il decreto ministeriale 70/2015 non prevede infatti, che le regioni possano ridefinire ogni anno l’offerta dei posti letto massimi in relazione alle variazioni demografiche regionali, attivando o disattivando posti letto ospedalieri, a seconda dell’incremento o decremento della popolazione residente e dei saldi di mobilità sanitaria’. Si può essere d’accordo in linea di principio con l’affermazione sopra riportata, non quando a distanza di 8 anni dichiari di volerne aggiornare i contenuti e li formalizzi in un atto deliberativo. Purtroppo la direzione salute della Regione sembra non conoscere il disposto combinato dell’articolo 1 del DM 79/2015 con gli articoli 27 e 29 della legge 68/2011.

All’articolo 1 comma 3 il DM 70 stabilisce che ‘ai fini del calcolo della dotazione dei posti letti di cui al comma 2, in ciascuna regione: a) si fa riferimento alla popolazione residente in base ai criteri utilizzati per il computo del costo standard per il macro-livello di assistenza ospedaliera ai fini della determinazione del fabbisogno sanitario standard regionale di cui all’articolo 27 del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68’. La normativa che finanzia i LEA e quindi il sistema sanitario nazionale ha un carattere dinamico che segue l’andamento demografico della popolazione e tiene conto anche di altri criteri di pesatura. A supporto di ciò interviene anche l’articolo 29 della stessa legge 68/2011 che afferma quanto segue: ‘1. In coerenza con il processo di convergenza di cui all’articolo 20, comma 1, lettera b), della citata legge 42 del 2009, a valere dal 2014, al fine di garantire continuità ed efficacia al processo di efficientamento dei servizi sanitari regionali, i criteri di cui all’articolo 27 del presente decreto sono rideterminati, con cadenza biennale…’.

Quindi la situazione è chiarissima non si può aggiornare il DM 70 retrodatandolo al 2015. È molto strano che a livello regionale questo elemento non sia conosciuto. Per i motivi sopra riferiti qualsiasi aggiornamento del DM 70 non potrà mai avvenire utilizzando come base la popolazione del 2015.

In merito alla seconda accusa, cioè di aver autorizzato e accreditato strutture private in assenza di qualsiasi programmazione regionale, posso solo rinviare al parere dell’11 aprile 2016, fornito all’ufficio che allora dirigevo dall’avvocatura della Regione Umbria con protocollo 75962 che è stato trasfuso in tutte le determinazioni dirigenziali di quel tipo, ivi compresa la DD 10442/2016 che ha espresso l’assenso ad una casa di cura di 82 posti nel Comune di Terni. Il parere di cui ho fornito gli estremi fa riferimento al decreto ‘liberalizzazioni’ del 2012, convertito nella legge 27/2012, alla giurisprudenza consolidata sull’articolo 8 ter. del DLgs 502/92 ed alla sentenza della Corte Costituzionale numero 428/2008 che in sostanza, concordando tra loro, legittimano il mio operato.

Secondo i giudici, infatti, il blocco all’ingresso di nuovi operatori sul mercato delle prestazioni sanitarie, motivato con la saturazione di questo, deve necessariamente essere ritenuto contrastante rispetto alle stesse esigenze di tutela della salute. L’ingresso, al contrario, potrebbe stimolare il miglioramento qualitativo e la riduzione dei prezzi dell’offerta di servizi sanitari da parte dei privati operanti non in regime di convenzionamento con il servizio sanitario nazionale. In conclusione, spero di aver fornito i dovuti chiarimenti su una materia relativamente complessa e di aver offerto un’opportunità di crescita professionale a chi opera nell’ambito della programmazione sanitaria regionale.

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