Buongiorno Mattia, parlaci del tuo romanzo, come nasce?
Nasce da una mia esigenza personale di buttare fuori un po’ di scorie che avevo accumulato in quel periodo. Mi è sempre piaciuto scrivere, inventare storie e ho pensato che realizzare un qualcosa del genere sarebbe stato utile a me nel fondere le due cose: sfogarmi e allo stesso tempo fantasticare. Solo poi ho deciso di ampliare questo racconto, trasformandolo in un romanzo vero e proprio.
Quali sono le tematiche più importanti del libro?
Sono varie e devo dire che non sono partito a scriverlo aspirando a una morale o a una tematica, semplicemente ho cercato di raccontare qualcosa che possa stupire. Però a libro finito, una volta riletto, mi ha colpito una cosa in particolare: la solitudine dei miei personaggi. Li coinvolge tutti, dal primo all’ultimo, c’è chi la odia e chi la cerca, ma in un modo o nell’altro sono tutti soli.
Il tuo romanzo è molto accurato. Documentarsi sulla New York degli anni 90 è stato difficile o lo hai trovato facile in fondo?
No, non è stato difficile. Mi sono stati di grande aiuto i tantissimi film ambientati lì e alcuni siti in cui ho spulciato. Ma la cornice è un po’ la stessa di tutte le città occidentali, degrado, disparità, violenza, odio. Perugia e New York sono uguali, per certi punti di vista, basta traslare il contesto, poi il comportamento degli uomini in determinate situazioni è lo stesso. Se capisci il meccanismo vale per ogni posto.
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