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Meloni sempre più irritata con Crosetto e i bellicisti

(DI GIACOMO SALVINI – ilfattoquotidiano.it) – Dall’insediamento del suo governo la premier Giorgia Meloni ha sempre voluto dimostrare la sua incondizionata fedeltà atlantica e il sostegno dell’Italia all’Ucraina, anche a dispetto dei tentennamenti degli alleati Salvini e Berlusconi. Nelle ultime settimane, però, lo ha fatto più silenziosamente. Dopo il viaggio a Kiev l’approccio della premier è cambiato: il governo deve continuare a sostenere, anche militarmente, l’esercito ucraino ma senza sbandierarlo troppo. Meloni conosce i sondaggi: la maggioranza degli italiani è contraria all’invio di armi a Kiev e la presidente del Consiglio sa che nel Paese si avverte una “stanchezza” della guerra, soprattutto per gli effetti economici indiretti che sta provocando. Continuare a mostrarsi come il più fedele alleato degli Stati Uniti, all’esterno, può far perdere consensi. A Palazzo Chigi, inoltre, non vogliono rompere le relazioni con il mondo cattolico, che è stato capofila del movimento “pacifista”. Non è un caso che Meloni lunedì scorso sia andata nella sede della Civiltà Cattolica per presentare il libro di Padre Spadaro con il sottosegretario di Stato, Pietro Parolin.

Le distanze tra i due mondi restano ma Meloni e il suo sottosegretario Alfredo Mantovano sanno che non conviene inimicarsi il Vaticano. È per questo che la premier non tollera iniziative e dichiarazioni troppo “bellicose” e che non passino dal suo controllo. È il caso del think tank – la cui nascita è stata rivelata dal Fatto – istituito il 21 febbraio dal ministro della Difesa, Guido Crosetto. Quest’ultimo ha messo in piedi un “Comitato per lo sviluppo e la valorizzazione della cultura della Difesa” formato da lui e altri 14 componenti tra docenti universitari, analisti e giornalisti. Tra questi ci sono i professori universitari Angelo Panebianco e Vittorio Emanuele Parsi, ma anche Gianni Riotta e Fabio Tamburini. Crosetto ha subito specificato che si tratta di un think tank per trovare “approcci innovativi per continuare a essere efficaci” favorendo “il dialogo tra il mondo militare, il sistema universitario, l’industria di settore e l’ambiente dell’informazione”. Il problema però è che – secondo due esponenti di governo – Meloni non era stata informata dell’iniziativa di Crosetto. Anzi, una volta diventata pubblica, la premier avrebbe detto che “si poteva evitare” proprio per non provocare “strumentalizzazioni” che possono danneggiare il governo. Anche perché, ragionano a Palazzo Chigi, il comitato rischia di essere solo un boomerang di fronte all’opinione pubblica.

Ma il think tank però non è l’unico motivo di attrito tra Meloni e Crosetto, quest’ultimo considerato uno dei suoi consigliori, sebbene ora sia più in disparte. Nelle prime settimane del governo, la premier non aveva apprezzato alcune uscite del ministro, a partire da quella sul “machete” da usare contro i dirigenti sgraditi nei ministeri. Anche la questione della taglia da 15 milioni della Wagner su Crosetto – poi negata dallo stesso ministro della Difesa e dal sottosegretario Mantovano – è stata notata a Palazzo Chigi. Sulle nomine, nelle ultime settimane c’è stato poi uno scontro tra i due sull’ad di Leonardo. La premier spinge per l’ex ministro della Transizione Ecologica Roberto Cingolani, Crosetto per Lorenzo Mariani, ad di Mbda. Alla fine, potrebbe spuntare un terzo nome. Di certo c’è che ieri si è mosso anche Luigi Bisignani, grande factotum delle nomine di Stato, che sul Tempo mette un veto su Cingolani: “Un visionario a capo degli armamenti? Un grande azzardo”, ha scritto lanciando l’ipotesi di Elisabetta Belloni. È un messaggio alla premier?

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