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Migranti, stragi nel Mediterraneo e guerra alle Ong: stiamo con Gesù o con Erode? – Il Riformista

L’egoismo uccide

Mons. Vincenzo Paglia — 8 Gennaio 2023

Migranti, stragi nel Mediterraneo e guerra alle Ong: stiamo con Gesù o con Erode?

Tutto il Vangelo di Natale parla di migrazione, di fuga dalla morte, di accoglienza, di sogni… A partire dalla Notte del 24 con la discesa del Figlio di Dio dal Paradiso sulla terra, ma costretto a nascere in una stalla (“al freddo e al gelo”, ci ha insegnato a cantare Sant’Alfonso) perché nessuno l’ha accolto. “Non c’era posto per loro nell’alloggio”, nota amaramente l’evangelista Luca. E l’episodio che chiude il Natale: la visita dei Magi (l’Epifania). Qui c’è l’Erode di allora che ha deciso di compiere una strage di bambini. Quanti ne sono morti in questi anni solo nel Mediterraneo! Quei Magi, avendo ascoltato un angelo se ne tornarono al loro Paese “per un’altra strada”. Non volevano essere complici dell’Erode di allora.

È vero, sono storie accadute circa duemila anni fa. In realtà continuano a ripetersi nel corso dei secoli. E in questi anni non sono solo tornate, si sono anche moltiplicate ovunque nel mondo, soprattutto nei paesi più poveri. E noi come possiamo continuare ad ascoltarle senza sentire la loro forza dirompente? Non possiamo ridurre il Vangelo di Natale ad un appello semplicemente rituale. Sarebbe un tradimento irresponsabile. Anche per noi vale l’avvertimento dell’angelo a percorrere “un’altra strada”, quella di salvare ad ogni costo ed in ogni moda tutte le vite umane, partire da quella del piccolo Bambino di Betlemme. Siamo chiamati ad una nuova creatività, anche quando intraprendiamo vie legislative. Dobbiamo farci “prossimi” a tutti, nessuno escluso. E se non ci arriviamo, dobbiamo piangere, esaminarci seriamente se abbiamo fatto tutto il possibile.  Un giorno, certamente ci verrà chiesto: “Dov’è tuo fratello, tua sorella?” Anche scuotendo coloro –Il Vangelo di Natale ci deve toccare l’anima, dare una scossa al cuore: vale per tutti, ma penso soprattutto agli europei – e non solo ai loro governi – concentrati su sé stessi e sul loro benessere. Non si vede che non abbiamo più sogni, neppure per sé stessi, e affogano nella malinconia di tristi riti di sopravvivenza? I protagonisti improbabili di quell’antico evento – i pastori, Giuseppe, i Magi – ascoltarono angeli, ebbero dei sogni e tutti cooperarono per salvare quella piccola famiglia.

I pastori non pensarono che accogliendo quel Bambino avrebbero perso i loro beni. Giuseppe non pensò che, accettandolo come figlio proprio avrebbe perso l’onore. I Magi non pensarono di essere umiliati dall’invito a portare doni per uno sconosciuto. Gli Angeli la sanno più lunga. E noi, che pensiamo di essere così intelligenti, non abbiamo idee migliori della semplice preoccupazione di non farli nascere nel nostro guardino? Possiamo trovare strade migliori per evitare la strage? O abbiamo anche noi paura, come Erode, che qualche bambino arrivi a bussare alla porta del nostro benessere e della nostra coscienza, mettendo a nudo tutta la retorica delle nostre chiacchiere sui diritti e tutta l’ipocrisia della nostra indignazione per le disuguaglianze? La forza del Natale parte dai sogni degli angeli, non dalla lotteria dei superstiti. Il 25 dicembre, nel pranzo di Natale preparato a Trastevere dalla Comunità di Sant’Egidio, avevo accanto a me nella tavola, Olena, una donna che dopo aver lasciato l’Ucraina per la guerra, era fuggita in Turchia ove aveva partorito e poi era giunta in Italia. E quel giorno con il cuore spezzato – il marito sta in guerra – e nello stesso tempo gioioso per quella festa di Natale che la vedeva con il piccolo circondata di affetto, ricalca la vicenda della piccola famiglia di Nazaret. Come anche Ester, un’altra donna che, partita dalla Nigeria e poi venduta da tre diversi gruppi di trafficanti, è riuscita a fuggire in Libia e, attraverso i corridoi umanitari è arrivata in Italia, raggiunta poi dal marito, il giorno di Natale stavano assieme loro con altri amici festeggiando. Come non pensare alla piccola famiglia di Nazaret che riparte dall’Egitto e poi giunge finalmente a Nazaret? Si tratta solo di due piccole tra innumerevoli storie che si sono risolte. E non a caso. Ma perché c’è chi ha sognato anche per loro e con loro un futuro di serenità. Nulla è stato facile, ma è possibile.

Natale ce lo ricorda. Sì, è vero, si tratta di una piccola storia, di una manciata di sogni, di poche persone in una landa periferica dell’Impero Romano, una madre, un padre, un bambino, pochi pastori e tre Magi. Ed il mondo è cambiato per sempre. Anche oggi le strade si possono trovare, alcune già ci sono, altre si possono “sognare” per poi realizzarle. Ai noi cristiani in particolare – ma non solo, ovviamente – spetta il compito di suscitare il sogno che è racchiuso in tutto il Vangelo: è quel regno di pace e di giustizia che Gesù prima ha vissuto e poi ha annunciato. Le esperienze e le iniziative che si possono mettere in campo sono alla nostra portata. La fantasia della carità si è esercitata, in questi anni, con nomi entrati nel vocabolario collettivo: corridoi umanitari, ricongiungimenti familiari, tanto per citarne due. Molto di più si può fare. Si possono attivare accordi diretti con i paesi di provenienza; si possono coinvolgere gli imprenditori e le aziende in cerca di figure professionali e mettere in campo dei sistemi di chiamata dagli altri paesi. Possiamo ipotizzare delle figure di garanzia, non fittizie ma efficaci, per lavoratori, donne, bambini in ingresso e seguire il loro percorso portando ad un inserimento lavorativo e professionale o accompagnandoli verso altri paesi di destinazione. E naturalmente tutto può venire coordinato a livello europeo, però mettendo in campo meccanismi umanitari italiani efficaci. I princìpi da attuare sono semplici: siamo una famiglia umana unica, non dobbiamo perdere per strada le persone, dobbiamo attivarci per dare loro un futuro, dare un futuro ai minori, togliere queste nostre sorelle e fratelli dalle mani della criminalità.

La storia della famiglia di Nazaret – lo ripeto – oggi è vissuta dalle migliaia di persone in movimento nel mondo. Una marcia incessante che racconta della povertà, della speranza, del desiderio di una nuova vita. E chi guarda, non può limitarsi a contemplare un popolo in cammino. Il movimento della storia umana comporta la ricerca di strade nuove. E ci sono, sono possibili, quando davvero la mano prima si tende, poi afferra, poi tira su con determinazione, facendosi carico degli altri. In questi anni, queste mani si sono tradotte nei percorsi dei corridoi umanitari, che hanno portato in sicurezza migliaia di persone, salvandole da destini terribili attraverso la compassione e lo sguardo attento ai bisogni ed alle richieste di aiuto. Salvare prima di tutto, farsi carico di ognuno e ognuna, senza abbandonare. Certamente è ancora troppo poco, rispetto alle necessità. Però ora sappiamo che quando vogliamo, le risposte ci sono e si possono dare, attraverso catene di solidarietà che si basano su un’altra caratteristica universale umana: la creatività. È la fantasia della carità, è la creatività che si fonde con lo sguardo solidale. In fondo è qui il sogno del nostro tempo, un sogno aperto da Gesù e dal messaggio di fratellanza universale della Bibbia, rinforzato e rilanciato dal Vangelo. Il passaggio dal sogno alla realtà – dai sogni che Dio invia a Giuseppe, dai Magi che si avviano per un’altra strada – ha aperto la pista per quel rinnovamento fondamentale della storia umana che si chiama cristianesimo: umanizzare la storia. Sogni? Una cosa è certa: chi non ascolta l’Angelo, lo voglia o no, finisce allineato con Erode.

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