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Monica, OSS: “i neo Infermieri laureati non hanno umiltà, comandano a bacchetta e non conoscono il nostro profilo”.

Ci scrive Monica Belliardo, da OSS a Paziente neurologico: “i neo Infermieri laureati non hanno umiltà, comandano a bacchetta e non conoscono il nostro profilo”.

Gentile redazione,

mi chiamo Monica Belliardo e sono una OSS. Casualmente ho letto alcuni articoli scritti da infermieri, che lamentano le lacune formative degli operatori socio sanitari.
Dopo un accurata selezione, nell’anno 2000, sono stata ammessa all ultimo corso ADEST, assistente domiciliare e dei servizi tutelari, di 900 ore tra teoria e formazione pratica in tre ambiti: struttura (RSA, RAF, RA), handicap (lieve, grave, gravissimo), territorio.

I miei docenti spaziavano da medici di base, medici ospedalieri, coordinatrici ospedaliere, fisioterapisti ( er la mobilizzazione dei pazienti), psicologi e psichiatri (per avere i principali rudimenti, atti ad instaurare un rapporto empatico con il paziente), docenti di diritto, nutrizionisti, insegnante di informatica.

Detto ciò, mi sento di dire, che ho avuto una formazione completa. Inoltre in precedenza, avevo lavorato come operatore sanitario generico, in ospedale, da lì nacque l’input alla formazione.

Ho iniziato a lavorare in RSA, pazienti totalmente non autosufficienti , molti colpiti da ictus, per cui plegici, parchinsoniani, Alzheimer, demenza senile; tanto lavoro, pochi operatori in servizio, allora tanti non avevano alcun tipo di formazione e non accettavano gli umili consigli, che noi ci permettavamo di dare; assunzioni a tempo determinato, per cui eravamo facilmente e più o meno velatamente, ricattabili; il confine tra ciò che potevamo e non potevamo fare, molto sottile, l’infermiere non era presente durante il turno di notte.

Successivamente, ho aderito ad un corso di 400 ore per la gestione del paziente Alzheimer e di altre 200 ore quando le figure ADEST e OTA, sono state assorbite dalla figura OSS. In tutto ho fatto 1500 ore.

Ho dato decine di concorsi, sia in ambito privato che pubblico e finalmente nel 2009 sono entrata all ASO S Croce e Carle di Cuneo. Ho girato in diversi reparti del dipartimento assegnatomi. L esperienza migliore l ho fatta in oncologia malati terminali. Ora detto ciò alla veneranda età di 55 anni e una certa esperienza lavorativa e formativa, mi sento di affermare che lavorare in equipe, con gli infermieri della vecchia scuola, è stato bello, interessante, in un clima di armonia e collaborazione, con coordinatrici, che avevano fatto la gavetta e conoscevano perfettamente il lavoro e il suo carico.

Tutt’altra storia con l’Infermiere laureato, che arriva in reparto forte della sua laurea, che non conosce la figura dell’OSS ne tantomeno la sua formazione, ma che comanda a bacchetta e con poca voglia di occuparsi fisicamente del paziente, parlo di igiene, rifacimento del letto, cura della cute, prevenzione; la cosa principale per molti di loro, è la somministrazione della terapia e la consegna da trascrivere al PC.

Se suona un campanello, anche sopra la loro testa, non si sognano di rispondere, perché non è il loro lavoro; umiltà pari a zero, tutti saputi. Io consiglierei a questi neolaureati, un po’ di servizio nelle terapie intensive, dove medici, infermieri e OSS, lavorano fianco a fianco, per salvare la vita al paziente e mettono in pratica il cosiddetto lavoro d equipe.

Purtroppo il luglio scorso, un banale incidente mi ha paralizzato per due terzi del mio corpo. Da operatore sono divenuta paziente, attualmente ricoverata all unità spinale unipolare di Torino.

Qui OSS e infermieri lavorano fianco a fianco, per prendersi cura di noi, fisicamente e psicologicamente. Lo fanno in maniera instancabile, senza nulla trapelare, gli uni con gli altri; quali difficoltà incontrano? Le nuove leve, che arrivano e non vorrebbero alzare i pazienti, ma c è l’evacuazione da fare, di competenza infermieristica.

Arrivano e partono, chi rimane? OSS e infermieri che sono qui da oltre vent’anni.

Lascio a voi trarre le dovute considerazioni.

Monica Belliardo, OSS (fiera di esserlo)

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