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Mutilazioni genitali femminili: storia di un orrore

Il 6 febbraio ricorre la Giornata internazionale contro le mutilazioni genitali femminili (Mgf). Secondo la Organizzazione mondiale della sanità (Oms) più di 200 milioni di bambine e donne nel mondo avrebbero subito questa pratica e ogni anno circa 3 milioni di ragazze sono a rischio Mgf. La pratica è ancora attiva in 40 Paesi ed è concentrata per l’80% in Africa, Medio Oriente e Asia. Sono state registrate forme di Mgf in Europa, Australia e America del nord. Malgrado alcuni dati incoraggianti mostrino che alcuni dei Paesi coinvolti stiano adottando misure per contrastare il fenomeno, il numero delle pratiche non sembra destinato a diminuire nel breve tempo.

Che cosa sono le mutilazioni genitali femminili e che rischi rappresentano?

Le Mgf sono tutte quelle procedure che comportano la rimozione parziale o totale dei genitali esterni femminili o altre lesioni agli organi genitali femminili per motivazioni non mediche. La stessa pratica varia in base a diversi fattori, soprattutto etnici. Secondo le stime condotte dal Who circa il 90% dei casi di mutilazione comprende la clitoridectomia, l’escissione e la scalfittura mentre il 10% la forma più grave e dannosa, l’infibulazione (restringimento dell’orifizio vaginale), praticata soprattutto in Paesi quali Gibuti, Eritrea, Etiopia, Somalia e Sudan. Le vittime sono per la maggior parte dei casi ragazze tra l’infanzia e i 15 anni, in alcuni Paesi però vengono operate bambine di pochi mesi o neonate di pochi giorni di vita. Quest’ultimo fenomeno si registra soprattutto in Eritrea, Mali e Yemen.

Le Mgf non rappresentano nessun beneficio per la salute, come la circoncisione, ma al contrario portano a gravi rischi per la salute sia fisica che psichica. Le ragazze che subiscono questo pratica potrebbero andare incontro a emorragie, infezioni, ritenzione di urina e trasmissione dell’Hiv, inoltre a lungo termine potrebbero soffrire di infertilità e complicanze post-partum. Le conseguenze psicologiche sono d’altro canto devastanti e si stima che almeno l’80% di chi è stata mutilata soffre di ansia e depressione.

Sono numerosi i motivi che concorrono alla persistenza di questa pratica, primo fra tutti la condizione socio economica poiché viene considerato come un mezzo di integrazione sociale delle giovani e per il mantenimento della coesione nella comunità. Non mancano però le ragioni sessuali per ridurre e piegare la sessualità femminile o per garantire la castità. Molti credono che vi siano specifiche nel Corano sentendosi quindi legittimati dal fattore religione malgrado la pratica non sia presente in nessun passaggio del testo sacro. Inoltre la mutilazione viene considerata come un prerequisito per il matrimonio e l’eredità e le ragazze che non vi vengono sottoposte rischiano l’esclusione dalla comunità.

Le Mfg rappresentano una violazione dei principi universali dei diritti umani poiché violano i principi di uguaglianza di genere, il diritto alla salute e all’integrità fisica e nondimeno violano i diritti del bambino.

La pratica in Italia e in Europa

La pratica è stata registrata anche negli stati membri dell’Ue. Secondo le stime tra l’11% e il 21% delle bambine originarie di Paesi dove la pratica è prassi, sono a rischio mutilazione. Il fenomeno è in forte crescita dagli ultimi dati raccolti nel 2016 arrivando a un incremento del 40%. La maggior parte delle pazienti alle quali è stata diagnosticata la pratica erano minorenni, la metà di loro aveva meno di 12 anni. Uno dei problemi più gravi che si presenta in Europa è la medicalizzazione della procedura che ha reso la pratica più accettabile per molte famiglie che vi ricorrono. I familiari della vittima si affidano a medici specializzati e questo viene percepito come più sicuro, più igienico e meno doloroso.

Anche in Italia sono stati registrati numerosi casi di Mgf tanto che dal 2006 vige la legge n.7 che stabilisce specifiche disposizioni per affrontare il problema. La legge prevede l’applicazione del principio dell’extraterritorialità, criminalizzando la pratica anche quando viene eseguita all’estero proteggendo così tutte quelle bambine che vengono portate nei Paesi di origine esclusivamente per essere mutilate. In caso di mutilazione vengono applicate le disposizioni generali di protezione dei minori e quindi i genitori possono essere ritenuti responsabili della pratica compiuta sulla propria figlia.

Gli sforzi globali per contrastare la pratica

I progressi per eliminare questa pratica non sono stati omogenei tra i vari Paesi. In alcuni di essi infatti la pratica è rimasta uguale a decenni fa e coinvolge lo stesso numero di bambine. Ad esempio in Somalia oltre il 90% delle donne e delle ragazze tra i 15 e i 40 anni ha subito la Mgf. Rispetto a 30 anni fa, una bambina ha qualche probabilità in meno di essere sottoposta alla Mgf grazie all’impegno di ogni singola nazione nel contrastare il fenomeno. Tuttavia se gli sforzi non verranno incrementare in modo più significativo si stima che nel 2030 aumenterà notevolmente il numero di bambine sottoposte a Mgf. Molte speranze per frenare la pratica sono riposte nell’opposizione delle stesse ragazze e di molti uomini contrari. Si stima che stiano aumentando le ragazze che si ribellano alla pratica sia in Europa che in Africa e Medio Oriente.

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