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Omicidio di Davide Piampiano, Piero Fabbri torna sul luogo della tragedia: “Era buio ed ero convinto fosse un cinghiale”

Un sopralluogo sul luogo dell’omicidio di Davide Piampiano per dimostrare che a quell’ora era buio, ed era difficile distinguere la sagoma di Davide da quella di un cinghiale, senza contare l’abbaiare di un cane che lo avrebbe tratto in inganno rispetto alla posizione di Piampiano e convinto che quello che si muoveva fosse un animale e non una persona. Ieri pomeriggio, 16 febbraio 2023, Piero Fabbri, accusato di omicidio colposo, è tornato sul luogo della tragedia, al fosso delle carceri sul monte Subasio, per una perizia richiesta dall’avvocato Luca Maori, che difende Fabbri, e affidata all’esperto Marco Benetti di Civitavecchia. (Continua dopo la foto)

A riprendere il sopralluogo le telecamere del Tg3 Umbria (dalle quali sono tratti i fermo immagini a corredo dell’articolo), alle quali Fabbri illustra la sua versione dei fatti: “Io ero qua, era molto buio, lui era lassù e io ero convinto fosse un cinghiale, non si vedeva niente e purtroppo è successo quello che è successo”, spiega al microfono del tg regionale. “Ho preso tutte le mie colpe, cosa avrei dovuto fare? Non era facile per tutta la situazione, non ho avuto il coraggio di far niente, mi è presa la paura perché questo ragazzo era come mio figlio e mi è crollato il mondo addosso. Mi dispiace per la famiglia, non gliela faccio ad andare a parlarci, per me era come un figlio, mi dispiace per la madre, non so come dirlo”, aggiunge il muratore 56enne. “Non sapeva come dirlo alla famiglia”, aggiunge il legale. “È uno choc tremendo e ci tengo a sottolineare come per lui il problema del carcere è il meno rispetto al rimorso che avrà per tutta la vita di aver sparato a quello che considerava un figlio”.

Secondo la ricostruzione, Fabbri sarebbe stato tratto in inganno dall’abbaiare di un cane che lo avrebbe convinto che Davide fosse da un’altra parte, e che quello che gli si stava avvicinando fosse dunque un cinghiale. Una tesi che la famiglia non accetta, come emerso anche dalla memoria diffusa qualche giorno fa relativamente alle modalità dell’omicidio di Davide Piampiano: “Fabbri non è un inesperto cacciatore alle prime armi, ha 57 anni e va a caccia dall’età di 14 anni”, quindi non solo è improbabile “la scelta di sparare al minimo fruscio, scambiando una persona per un cinghiale”, ma la versione dei fatti del 56enne – peraltro resa agli inquirenti solo dopo giorni e dopo la constatazione che esistesse un video della tragedia, senza dimenticare tutte le azioni di Fabbri per allontanare da sé i sospetti – “mal si concilia con lo stato dei luoghi, con l’altezza (m. 1,84) e la corporatura robusta di Davide e con il fatto che indossava un giubbotto definito ad alta visibilità”. Per questo è stata richiesta una perizia balistica, non solo perché Piero Fabbri non può essere ritenuto una fonte certa, ma anche “valutata la già dimostrata callidità dimostrata nell’inquinamento delle prove da parte dell’indagato, che potrebbe continuare, tenuto conto della conosciuta omertà che vige tra i cacciatori”.

Come detto inoltre, la famiglia ha organizzato, per domenica 19 febbraio alle 21, con partenza da piazza San Rufino ed arrivo in piazza San Francesco, “una fiaccolata per ricordare Davide e per rimarcare, al di là di ogni valutazione giuridica, il comportamento di Piero Fabbri. L’appuntamento sarà domenica alle ore 21:00 in Piazza San Rufino”.

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