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Pantheon, quel che non fecero i Franceschini, hanno fatto i Sangiuliano

INGRESSO A PAGAMENTO PER TURISTI – Questo sbarramento è un peccato mortale, sul piano civile e politico: perché prende un pezzo di città e lo trasforma in attrazione turistica […]

(DI TOMASO MONTANARI – Il Fatto Quotidiano) – Quel che non fecero i Franceschini, hanno fatto i Sangiuliano. Il detto originale (“ciò che non fecero i barbari hanno fatto i Barberini”) si diffuse quando papa Urbano VIII Barberini fuse la travatura bronzea originale del Pantheon, sostenendo che quel metallo gli servisse per il Baldacchino di Bernini in San Pietro, mentre invece veniva fuso in cannoni dell’esercito pontificio, orrendi strumenti di morte. Oggi lo sfregio è un altro: alla fine, il biglietto di ingresso di 5 euro al Pantheon è arrivato.

Strano Paese, il nostro: dove sono i governi della sinistra a far genuflettere i diritti dei lavoratori ai piedi del dio denaro, e sono i governi di destra a far piegare Dio e patria davanti all’onnipotenza di quello stesso, maledetto, idolo. La prima chiesa della diocesi di Roma a sottomettersi all’osceno costume della tassa d’ingresso, infatti, è anche quella dove riposano Vittorio Emanuele II, Umberto I e la regina Margherita di Savoia: i cui corpi da oggi retrocedono alla stregua di pezzi da musei a pagamento. E son certo che il mio nonno Piero che, poveruomo, faceva parte della Guardia d’onore delle tombe reali del Pantheon, se fosse ancora vivo li ricorrerebbe con il forcone.

Si apprende che il 70% del ricavato della vendita dei biglietti andrà al Ministero della Cultiura, e il 30% alla Diocesi di Roma. E non si capisce cosa sia cambiato dal 2017, quando l’allora cardinal vicario di Roma, Augusto Vallini, diramò un’inconsueta nota in cui, tra l’altro, si leggeva: “Sono da ritenersi destituite di ogni fondamento le ricostruzioni giornalistiche che hanno ipotizzato una ‘spartizione’ degli incassi di un eventuale biglietto di accesso tra il Ministero dei Beni culturali e il Vicariato di Roma. Tale ipotesi è assolutamente in contrasto con lo spirito di servizio che anima la missione della Chiesa”. Sarà dunque cambiata la missione della Chiesa? E la missione dello Stato? Quella promozione della cultura imposta dal primo comma dell’articolo 9 della Costituzione? Col balzello al Pantheon la promuoviamo di più, o di meno?

In nessun altro paese il patrimonio culturale è altrettanto fuso con lo spazio pubblico. Non c’è un vero confine tra il Pantheon e la sua piazza, ed era vitale poter varcare liberamente quella soglia: anche solo per continuare a passeggiare al coperto, anche solo per cinque minuti. Dobbiamo poter respirare liberamente la nostra storia: non possiamo spezzare questa quotidiana intimità, diventando clienti anche nel cuore della nostra casa. Questo sbarramento (per quanto veniale sia il prezzo del biglietto) è un peccato mortale, sul piano civile e politico: perché prende un pezzo di città e lo trasforma in attrazione turistica. A cadere, è quel rapporto sentimentale, quella relazione intima, che non era necessariamente fede e non era necessariamente amore per l’arte: ma era quello che porta i cittadini a varcare, qualche volta l’anno, la soglia delle loro chiese. Disincentivare gli italiani (sono esclusi solo i residenti nel comune di Roma: ma il Pantheon è un monumento universale!) dall’ingresso nella Rotonda è un peccato civile, perché significa disincentivarli dalla conoscenza di se stessi. Ed è anche un peccato vero e proprio: di simonia (cioè di vendita di cose sante), visto che il Pantheon è anche una chiesa consacrata. Una nota del 2012 del Consiglio permanente della Conferenza Episcopale italiana stabilisce che “l’adozione di un biglietto d’ingresso a pagamento è ammissibile soltanto per la visita turistica di parti del complesso (cripta, tesoro, battistero autonomo, campanile, chiostro, singola cappella, ecc.), chiaramente distinte dall’edificio principale della chiesa, che deve rimanere a disposizione per la preghiera”. Una norma che ora la Diocesi di Roma decide di violare clamorosamente.

L’accordo prevede naturalmente che durante le celebrazioni, la chiesa sia chiusa ai turisti e gratuitamente aperta ai fedeli. Ma questa minima salvaguardia non basta: quel che viene a mancare è l’accesso per la preghiera privata, intima, spontanea. Quella urgente necessità di raccogliersi in silenzio che ti spinge in chiesa come una mano invisibile.

E se i fedeli che andranno a messa al Pantheon vorranno poi trattenersi a visitarlo? Dovranno uscire come ‘fedeli’, e rientrare a pagamento come ‘turisti’: ma questa è una devastante sconfessione dell’identità stessa di quel luogo unico al mondo. La stessa Conferenza Episcopale Italiana ha spiegato – nell’Istruzione in materia amministrativa del 2005 – che “solo in linea teorica è possibile distinguere la dimensione culturale di una chiesa da quella religiosa, perché di fatto i due aspetti sono inseparabili”. Ecco, da oggi al Pantheon essi sono invece separati: e la differenza la fa il biglietto (con la fila, la biglietteria, il controllo…). E siccome che non si possa servire a due padroni – cioè a Dio e al denaro – l’ha detto un’autorità indiscutibile in fatto di cristianesimo, sappiamo con certezza che da ora in poi il Pantheon sarà al servizio di un padrone solo: il denaro.

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