E se il Ventunesimo fosse il secolo dell’Africa? Le prospettive di crescita dell’Antico continente non hanno mai destato l’interesse dell’opinione pubblica occidentale, diversamente da quanto mostrato da addetti ai lavori ed esperti, più attenti alla velocità con cui sta cambiando l’Africa rispetto alla gente comune. Il prorompente aumento demografico e le ingenti risorse formano un connubio promettente per il suo futuro. Non ci può essere espansione, però, senza investimenti stranieri. Nell’epoca della globalizzazione, lo sviluppo trae la sua forza dalla cooperazione internazionale in campo economico. Per questo motivo lo Zambia, attraversato dal fiume Zambesi e senza accesso al mare per via degli altopiani al confine con il Malawi, sta scommettendo sulle sue storiche fonti di ricchezza, coinvolgendo attori stranieri di primo piano.
La giovane repubblica, indipendente dal Regno Unito dal 1964 (ma tuttora membro del Commonwealth), ha subito una forte contrazione del Pil negli anni della pandemia, la quale ha comportato un notevole aumento del debito sovrano, finendo in default nel 2020. Per ripagare i creditori, tra i quali emerge la Cina, il governo di Lusaka sta valutando la proposta del Fondo Monetario Internazionale di uno strumento, ancora in fase di discussione e approvazione, che potrebbe allontanare (ma non cancellare) l’incubo di un’altra bancarotta. Ma com’è riuscito lo Zambia a convincere Bill Gates a investire 150 milioni di dollari nell’economia dello Stato africano, che nel 2023 dovrebbe crescere tra il 3 e il 4%, recuperando quanto è stato perso nel periodo del Covid?
La fortuna di vivere nella Copperbelt
C’entra quella che in gergo viene chiamata Copperbelt, la regione tra lo Zambia e la Repubblica Democratica del Congo ricchissima di giacimenti di oro, argento, cobalto e rame. Il mercato globale dell’oro rosso è saturo: basti pensare che gli Stati Uniti sono secondi al mondo per produzione, dopo il Cile. Nonostante questo, le potenzialità delle miniere di rame zambiane sono illimitate e hanno attratto superpotenze economiche, come gli stessi Usa.
L’estrazione del rame metallico in Zambia è iniziata nei primi del Novecento e da allora l’industria ha rappresentato per Lusaka la sua principale voce di entrata. Il Paese ospita alcune delle più grandi miniere di rame, tra cui Konkola Copper Mines, Lumwana Copper Mine e Mopani Copper Mines. Lo Zambia è il secondo produttore di rame in Africa e il settimo in tutto il pianeta. L’industria del rame rappresenta circa l’80% delle entrate in valuta estera del Paese e genera parecchia occupazione, con decine di migliaia di persone impiegate nelle miniere e nella filiera a esse associata.
Negli ultimi anni, l’industria del rame in Zambia ha dovuto affrontare una serie di sfide: la crisi del mercato del rame, la diminuzione della domanda globale e l’aumento dei costi di produzione. Tuttavia, il governo ha adottato misure per sostenere l’industria, attuando politiche che hanno incoraggiato l’imprenditoria locale ed estera.
Diverse importanti società minerarie hanno deciso di modernizzare le proprie attività in Zambia. Ad esempio, la China Nonferrous Metal Mining Group Co. (Cnmc) ha investito 832 milioni di dollari nella fonderia di Chambishi, che ha una capacità di 200 mila tonnellate all’anno. La londinese Vedanta Resources ha immesso 1 miliardo di dollari nelle casse dello Zambia per l’ampliamento delle miniere di rame di Konkola, che dovrebbe incrementare la produzione del 50%.
Nella Copperbelt è stata varata anche una serie di progetti infrastrutturali di base, come strade, scuole e ospedali. Questi progetti non solo sostengono l’industria mineraria, ma migliorano anche la vita dei residenti, alzandone il tenore, seppur creando un’enorme disparità con il resto del Paese, dove il 54% della popolazione guadagna meno di due dollari al giorno. L’industria del rame in Zambia rimane un importante motore per lo sviluppo. Il governo e le società minerarie si impegnano a collaborare per garantire la sostenibilità a lungo termine e massimizzare i benefici per il Paese e la popolazione.
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Il rinnovato interesse americano per lo Zambia
KoBold Metals, startup sostenuta da Breakthrough Energy Ventures di Bill Gates, e che mira a utilizzare l’intelligenza artificiale per trovare i metalli fondamentali per la produzione di auto elettriche, ha accettato di investire 150 milioni di dollari per comprare una parte del grande deposito di rame ancora non sviluppato in Zambia, dove è praticamente inesistente il know-how occidentale. Tra gli investitori di KoBold spiccano i nomi di altri miliardari, quali gli statunitensi Jeff Bezos e Michael Bloomberg, il britannico Richard Branson di Virgin Group e l’evanescente Jack Ma, fondatore di AliBaba.
L’accordo tra le parti è stato presentato durante il vertice tra il presidente americano Joe Biden e i leader africani a Washington a metà dicembre scorso e si preannuncia un successo per gli Stati Uniti in quella che finora è stata un’estenuante ricerca di ulteriori risorse nella concorrenza con la Cina.
In base all’accordo, KoBold, azienda californiana, pagherà ai proprietari della miniera di rame di Lubambe, in Zambia, 115 milioni di dollari da spendere nello sviluppo del giacimento di Mingomba, precedentemente noto come Lubambe Extension Project. L’accordo “invia un segnale forte che gli Stati Uniti e i loro alleati possono e vogliono competere con successo per i minerali e le risorse che alimenteranno la transizione energetica globale”, ha dichiarato Michael Gonzales, ambasciatore degli Stati Uniti in Zambia.
Investimenti che si aggiungono a quello della canadese First Quantum Minerals Ltd., protagonista di un progetto da 1,25 miliardi di dollari per l’allargamento di una miniera di rame a Kansanshi, sempre in Zambia. Dunque un affare miliardario, spartito tra Stati Uniti e Canada, per contrastare le note velleità del Dragone.
La novità assoluta però è l’impiego dell’intelligenza artificiale. KoBold Metals sfrutterà l’AI e il machine learning (apprendimento automatico) per localizzare i depositi di metalli per batterie, con particolare attenzione per la miniera della già citata Mingonba. Il ministro delle Miniere e dello Sviluppo Minerario dello Zambia, Paul Kabuswe, ha accolto con favore l’intervento di KoBold. “Gli investimenti hanno iniziato ad affluire, ed è questo che innescherà la crescita economica”, ha sottolineato entusiasta.
Il rischio di un ritiro non si può escludere: l’instabilità politica dell’Africa è forse l’ostacolo principale allo sviluppo del Continente, ma la partita che si gioca nello Stato africano riflette una più ampia competizione tra due colossi dell’economia mondiale consapevoli dell’importanza dell’Africa e del suo ruolo nella catena di approvvigionamento globale nel prossimo futuro.
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