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Perché i repubblicani americani sono pronti a scaricare l'Ucraina

La guerra in Ucraina sostenuta e alimentata da Joe Biden convince sempre meno i repubblicani americani. Se l’ex vice presidente Mike Pence, ormai inviso dalla base del Grand Old Party, mantiene una linea bipartisan e filo Kiev lo speaker repubblicano della Camera Kevin McCarthy ha appena respinto al mittente l’invito di Volodomyr Zelensky a visitare l’Ucraina ribadendo che “il tempo degli assegni in bianco è terminato”. Una posizione pienamente condivisa dai deputati di Make America Great Again, la corrente trumpiana e isolazionista che condiziona sempre più gli equilibri del gruppo parlamentare.

Accanto ai deputati vi sono poi gli altri pezzi da Novanta del partito, tra tutti Ron DeSantis, il popolarissimo governatore della Florida e probabile (Donald Trump permettendo) prossimo candidato del Gop alla Casa Bianca. Per l’astro nascente dei repubblicani il conflitto si riduce ad “una disputa territoriale tra Russia ed Ucraina” e non tocca “i vitali interessi nazionali statunitensi”. Di conseguenza basta con l’invio massiccio di armi sofisticate come aerei F16, missili a lunga gittata e tanti denari a fondo perduto. Rispondendo a Tucker Carlson, il giornalista di punta della catena di Fox News (lui pure estremamente critico su Zelensky and friends…), DeSantis ha accusato Biden d’aver svuotato gli arsenali militari e “regalato” la Russia alla Cina, il vero e unico nemico globale degli States. “Non possiamo dare la priorità a una guerra straniera che non ci riguarda, il tutto a detrimento della nostra sicurezza”. Per il governatore, autonominatosi campione della lotta all’immigrazione clandestina, la vera emergenza, oltre a Pechino, resta la porosa frontiera messicana. Dunque invece di sprecare risorse per la periferica Ucraina serve un massiccio impegno al confine meridionale per fermare l’invasione dei “latinos”.

Affermazioni e toni che trovano concordi Kristi Noem, la potente governatrice del Dakota, per cui l’Ucraina si riduce a “un Paese di corrotti e affaristi” e la guerra è nulla più che “un affare interno dell’Europa”, e all’influente deputata Marjorie Taylor Green che sposa in pieno la narrazione putiniana ricordando tante le promesse mancate e mai rispettate fatte dalla Nato e da Washington a Mosca sui nuovi equilibri post guerra fredda.  

Poi vi è, ovviamente Trump. Al netto dei suoi noti guai giudiziari “The Donald” mantiene salda la sua presa e il suo fascino sulla base repubblicana, per nulla entusiasta di questa ennesima “crociata della democrazia”, e non lesina affondi contro le politiche del disprezzato Biden, rinominato subitamente “l’uomo della terza guerra mondiale”. L’ex presidente continua a proporsi come possibile mediatore assicurando che lui solo sarebbe capace di imporre alla due parti una tregua d’armi in “meno di 24 ore”.  A Sean Hannity, altro commentatore di Fox News, Trump ha così spiegato la sua idea: “Se fossi presidente avrei negoziato una soluzione politica, accordando al Cremlino la sovranità su una parte delle zone russofone dell’Ucraina. Ci saremmo messi d’accordo senza sparare un colpo. Ma Biden vuole l’apocalisse nucleare”.

Sullo sfondo ovviamente vi sono le turbolenze interne all’interno del Gop. DeSantis, ormai in corsa verso la nomination, si propone come l’erede di Trump, riprendendo le sue tesi di fondo ma distanziandosi pubblicamente dall’ingombrante e assai acciaccato Donald. L’obiettivo è ottenere – con l’appoggio dell’amico plurimiliardario Elon Musk, anch’egli molto critico sui fatti ucraini… – l’appoggio dei tanti delegati di Make American Great Again e chiudere la partita durante l’estate prossima.  Insomma un parricidio perfetto.  Resta da vedere e da capire cosa farà Trump. L’uomo è coriaceo e non sembra per nulla intenzionato a farsi pensionare anzitempo. Di certo, in caso di vittoria dei repubblicani alle prossime presidenziali, molte cose cambieranno in politica estera. Chiunque sia il prossimo inquilino della Casa Bianca. Avvertite gli europei e gli ucraini.

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