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Politicamente corretto: i sintomi e come curarsi nel libro di Lenzi | CulturaIdentità

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Le democrazie occidentali sono in crisi e neanche noi stiamo tanto bene: se chiamano golpe una rivolta di casalinghe in ciabatte allora c’è qualcosa che non va. I giornaloni si sono indignati coram populo per i tafferugli di questi giorni a Brasilia, stesso scandalo per l’ “assalto” a Capitol Hill del 2020 più o meno egualmente variopinto. Ma al di là dell’ovvia condanna della rivolta (se hai le prove di brogli elettorali ok, altrimenti zitto e mosca), le democrazie occidentali dovrebbero chiedersi cosa c’è che non va in un sistema in cui a votare va solo metà della popolazione.

E proprio in risposta all’attuale crisi delle democrazie occidentali Massimiliano Lenzi ha scritto il libro/intervista con il professor Luca Ricolfi sui guasti del politicamente corretto, con “post chiacchierata” di Giordano Bruno Guerri: Non me ne frego. La crisi delle democrazie occidentali (e Giorgia Meloni non c’entra) è il titolo quasi wertmulleriano appena uscito da Male Edizioni e i sintomi della crisi delle democrazie li esplicita fin dalle prime pagine: la pandemia del Covid e la guerra russa in Ucraina, con sovrapprezzo di crisi economica ed energetica in Europa (e per l’Italia si veda il rincaro della benzina con cui è iniziato il nuovo anno, lascito di Draghi che ci aveva solo messo una pezza sopra).

Il “non me ne frego” del titolo è una diretta conseguenza di quanto sia più facile processare il passato (fascismo = brutto e cattivo) che affrontare la realtà del presente e le sue difficoltà, pensando di essere fortunati a vivere oggi qui. Vero, ma se la libertà cui siamo abituati dovesse volgere al peggio?

All’astensionismo elettorale e all’emorragia di partecipazione abbiamo già accennato, ma che dire della governabilità, della comunicazione e dell’economia (cioè del lavoro)?

Fino a un giorno fa, almeno Italia, se parlavi di presidenzialismo ti davan di fascista, fa niente se fra semipresidenzialismo alla francese, cancellierato alla tedesca o premierato all’inglese mezza Europa è governata così e nessuno ha rischiato di finire al confino.

Mentre per quanto riguarda l’informazione, ci chiediamo quale libertà esista se l’a.d. di una multinazionale del farmaco che ha prodotto un vaccino somministrato a miliardi di persone per contrastare una pandemia si ostini a fare ammuina alle richieste istituzionali di chiarimento sulle modalità in cui sono stati firmati i contratti internazionali di distribuzione del suddetto vaccino. Tanto per fare un esempio di oggi.

Quanto al lavoro, poi, di quale ascensore sociale stiamo parlando, visto che non ci sono neanche le scale?

La crisi delle democrazie occidentali, scrive l’autore, nasce da una perdita crescente di laicità e di libertà a tutto vantaggio dei nuovi conformismi: e qui è inutile girarci attorno, anche un cieco (pardon, un non vedente) vede i pericoli in cui incorrono gli eretici dell’ortodossia politicamente accettata, fra deliri green, cancel culture e alzamienti LGBT.

Al punto che oggi il giornalismo è nella stragrande maggioranza dei casi un’attività da housing governativo anziché di informazione libera e critica: arnese perfetto di tutte le dittature che vogliono controllare i cittadini. Per questo Lenzi “non se ne frega”.

In Italia molti media, quasi tutti salvo poche eccezioni, sono equivicini al potere (anche quando LORO al potere non ci sono più, ma diabolicamente riescono a esercitarlo lo stesso) e anche gli editori puri non è che siano delle verginelle. Quindi, crisi delle democrazie occidentali che è anche crisi dell’informazione. Forse soprattutto questa. Nel voler difendere a tutti i costi minoranze che fino a ieri non avevano emanato nessuna richiesta d’aiuto, il politicamente corretto secondo Lenzi si fa ideologia, ideologia che incattivisce chi la fa e mette ai ceppi chi la subisce, cioè chi preferisce continuare a pensare con la propria testa.

Per questa e altre ragioni Lenzi ci dice che “una democrazia sana, consapevole della propria laicità necessaria e delle sue libertà non derogabili, dovrebbe subito contrastare i sintomi del politicamente corretto e della cultura della cancellazione per preservare i fondamenti libertari che la caratterizzano”.

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