“Quando è venuto ad Orvieto il 29 novembre 2022 l’assessore alla Salute umbra Coletto ci ha illustrato il Piano sanitario regionale che prevede il mantenimento dell’Ospedale di Orvieto come Dea di primo livello e della realizzazione della Casa di Comunità nell’immobile storico dell’ex Ospedale in Piazza Duomo, strutture considerate pietre angolari dei servizi sanitari del futuro nel nostro territorio, e la soppressione del Distretto di Orvieto.
In quell’incontro Coletto ed i suoi hanno, ad onor del vero, parlato più che altro della ristrutturazione urbanistica dell’immobile storico e dell’utilizzo di tecniche “green” per l’esecuzione di lavori presso l’ospedale, senza parlare invece di ciò che a noi ed alla popolazione orvietana interessa di più, cioè della erogazione dei servizi e della loro fornitura all’utenza.
I cambiamenti che si sono e che si stanno verificando nella nostra società impongono per il futuro un mutamento radicale nell’organizzazione dei servizi sanitari, mutamento che è stato recepito a livello legislativo nazionale e che inevitabilmente si ripercuote anche sulle singole organizzazioni regionali e locali.
In sostanza, ci saranno:
1) Casa di Comunità (struttura centrale per l’erogazione dei servizi sanitari preventivi, programmati e di urgenza);
2) Ospedale (interventi solo per acuzie);
3) Distretto Sanitario di Orvieto viene cancellato e spostato a Terni, allontanando con esso il monitoraggio e la supervisione del territorio orvietano.
La scelta di realizzare la Casa di Comunità ad Orvieto in Piazza Duomo dà, invece, l’impressione che si sia pensato in primo luogo a recuperare un immobile storico ristrutturandolo, ma non ad organizzare i servizi necessari a garantire la salute dei cittadini. Se poi pensiamo alle grandi complessità degli appalti pubblici in Italia, i relativi tempi impossibili (basti soltanto pensare alle problematiche inerenti l’attuazione del PNRR in Italia e, più specificamente, i tempi biblici per la realizzazione di un piccolo tratto di complanare ad Orvieto), ci sembra che la Casa di Comunità dell’orvietano funzionante nel 2026 sia una professione di fede, più che un evento effettivamente realizzabile.
Ma se anche si riuscisse nel 2026 a fare ciò che è stato programmato, in questo frattempo come si curerà la popolazione di Orvieto e dell’Orvietano? Esistono iniziative in sostituzione della Casa di Comunità, visto che in altre città dell’Umbria già ci sono case di comunità aperte o in apertura? Specialmente in un territorio come il nostro, lontano da Terni e da Perugia, dunque dai maggiori centri di erogazione dei servizi sanitari?
Ad esempio, a Terni Ausl Umbria 2 e Azienda Ospedaliera di Terni hanno siglato un accordo per la presenza di un medico di Medicina Generale tutti i giorni dalle 9 alle 19 presso il Pronto Soccorso dell’Ospedale Santa Maria per accogliere i pazienti in codice bianco e decongestionare lo stesso Pronto Soccorso, quasi realizzando un embrione di casa di comunità all’interno dell’ospedale.
Un’azienda che si rispetti, in presenza di una ristrutturazione così profonda nell’erogazione dei servizi sanitari come quella attuale, dovrebbe fornire al pubblico una chiara indicazione di quale sia il punto di partenza, il punto di arrivo, ma anche come sopravvivere nel frattempo per arrivare all’obiettivo, perché lasciare la situazione così com’è sarebbe ingiusto e finirebbe per esacerbare scontentezza e provocare proteste sempre più forti.
Noi vogliamo per la cittadinanza orvietana dei L.E.A. adeguati e soprattutto che i cambiamenti fisiologici siano apportati senza improvvisazione, possibilmente senza imitare in alcun modo quanto fatto per il Cup regionale, entrato in vigore senza sperimentazione adeguata e che tanto disagio ha creato e sta creando ai pazienti umbri.
Tutto è forse più semplice di quanto sembrerebbe: programmare e realizzare ciò che è possibile realizzare, senza voli pindarici e mettendo al centro di tutti gli interventi il Servizio Sanitario, non altre cose come recuperare un immobile (intenzione nobile che però non risolve i problemi dell’organizzazione sanitaria). Programmazione, non improvvisazione. Questo è ciò che vogliamo! Il 2026 è più vicino di quanto sembra.
Queste le parole del ministro Schillaci: “La Casa della Comunità è il luogo fisico, di prossimità e di facile individuazione al quale l’assistito può accedere per poter entrare in contatto con il sistema di assistenza sanitaria. La CdC è una struttura facilmente riconoscibile e raggiungibile dalla popolazione di riferimento, per l’accesso, l’accoglienza e l’orientamento dell’assistito”.
PrometeOrvieto