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Zelensky ora punta la Crimea. E negli Usa si ragiona sul “via libera”

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky non ha dubbi: la Crimea resta un obiettivo della controffensiva delle forze di Kiev. In collegamento video con il forum di Davos, il capo dello Stato ucraino ha sottolineato che la penisola nel Mar Nero rimane in cima all’agenda del suo governo: “La Crimea è la nostra terra, il nostro territorio, il nostro mare e le nostre montagne. Dateci le vostre armi e ci riprenderemo le nostre terre”. Un’esortazione abbastanza chiara che, almeno per il momento, toglie qualsiasi dubbio a ipotesi di accordo (anche sottobanco) che consideri la Crimea una parte ormai definitivamente sotto controllo russo.

Le parole di Zelensky arrivano nelle stesse ore in cui dagli Stati Uniti – fonte New York Times – trapelano indiscrezioni sul fatto che Washington starebbe valutando l’ipotesi di sostenere Kiev per questo obiettivo. Gli Usa non hanno mai ritenuto legittima l’annessione della Crimea da parte di Mosca e hanno sempre ribadito la necessità della restituzione della penisola all’Ucraina. Tuttavia, dall’inizio della guerra, la Casa Bianca ha più volte frenato le ambizioni ucraine riguardo uno spostamento del conflitto nel bastione russo del Mar Nero, consapevole che al Cremlino questa è stata tratteggiata come una linea rossa invalicabile. L’amministrazione Biden ha sempre mostrato un certo timore vista l’importanza strategica della Crimea per la Federazione Russa – ritenuta a tutti gli effetti parte della propria nazione da Vladimir Putin – ma anche perché questo avrebbe significato un cambiamento radicale dell’impegno al fianco degli ucraini: non più a sostegno di una resistenza all’invasione iniziata a febbraio 2022 ma una riconquista sotto nuove vesti di qualcosa perso da otto anni.

Ora questa narrazione sembra destinata a cambiare. Questo non significa che Biden abbia dato il via libera per la consegna di missili a lungo raggio né che abbia accettato interamente le posizioni più intransigenti. Ma l’idea che circola a Washington è che un eventuale assalto alla fortezza-Crimea possa indurre Putin a più miti consigli, colpendo al cuore non solo l’intera strategia bellica russa, ma anche il sistema di potere di un presidente che ha fatto della sicurezza delle aree “russofone” la causa principale della “operazione militare speciale”. Perdere o rischiare di perdere la penisola che era considerata la base dell’avanzata significherebbe uno smacco dai contorni difficilmente definibili. Al punto che qualcuno aveva anche suggerito che colpire la Crimea avrebbe provocato il rischio di una reazione spropositata da parte del Cremlino individuata nell’utilizzo dell’arma nucleare.

Da Mosca, le parole di Zelensky e le indiscrezioni del New York Times hanno ricevuto una reazione immediata. Il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha definito l’ipotesi del sostegno Usa all’offensiva in Crimea come “estremamente pericolosa”, perché si tradurrebbe nel portare “il conflitto a un nuovo livello, che non sarà di buon auspicio per la sicurezza europea”. Parole abbastanza prevedibili né troppo minacciose rispetto ad altre già utilizzate dai funzionari russi, ma che comunque fanno comprendere come nella Federazione si prenda molto seriamente il rischio di un sostegno armato agli ucraini non più solo per tutelarsi dagli attacchi russi, ma anche per colpire quanto guadagnato in questi mesi di guerra.

In questo senso, non va sottovalutato anche un particolare: il Nyt fa riferimento alla riconquista del corridoio terrestre che unisce il Donbass alla Crimea e rappresentato da Melitopol e Mariupol. Questo potrebbe anche significare che da parte di Washington, più che l’interesse a investire in un’operazione direttamente contro la penisola, vi sarebbe la volontà di prendere quanto acquisito dai russi da febbraio del 2022 per ricondurre le forze di Mosca alle posizione anteguerra e soprattutto evitare che il Mar d’Azov sia definitivamente un lago russo. In ogni caso, l’avvertimento per il Cremlino è molto chiaro: se Zelensky riceve il semaforo verde (e soprattutto armi) per una controffensiva a sud e a sud-est, la realtà della guerra in Ucraina cambierebbe di nuovo forma, specialmente in caso di ripresa delle offensive con l’arrivo della primavera.

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