La Turchia sta vivendo una delle sue peggiori crisi economiche. L’inflazione ha raggiunto il 137% e i prezzi sono aumentati in quasi tutti i settori raggiungendo una percentuale altissima. Al momento la lira turca ha subito una significativa svalutazione perdendo in un anno quasi il 55% del suo valore nel cambio con il dollaro Usa. Di conseguenza, il consenso nei confronti del presidente Erdogan sta vacillando.
I sondaggi indicano un calo di consensi per il Partito della Giustizia e dello Sviluppo (Akp), che si attesta al 36,9%, contro il 52,59% del 2018. Secondo le statistiche la maggioranza dei turchi non lo voterebbe. Malgrado ciò Erdogan possiede strumenti unici e potenti per assicurarsi le prossime elezioni e si basano su: repressione, promesse e divisione.
Reprimere ogni forma di dissenso
Che i media turchi siano oggetto di censura e vessazione da parte delle autorità turche non è una novità, ma negli ultimi mesi, in vista delle elezioni, il mondo mediatico turco è sempre più nel mirino dell’Akp. A metà ottobre Ankara ha approvato una nuova legge sulla censura di Internet e dei social media, prevedendo una pena di tre anni per chi produce contenuti fittizi e una multa fino a mezzo milione per le piattaforme – Instagram, Whatsapp – nel caso in cui non decidano di aprire le proprie sedi sul suolo turco.
Sempre a ottobre, Şebnem Korur Fincancı, presidente della Fondazione per i diritti umani della Turchia, è stato arrestato con l’accusa di propaganda per un’organizzazione terroristica insieme ad altri 10 giornalisti di testate filo-curde. Il caso si rifa a quanto espresso da Korur Fincancı sulle possibili armi chimiche usate da Ankara contro il Pkk nei territori del nord iracheno. Per lo stesso caso è stato arrestato l’avvocato Aryen Turan dopo che ha chiesto un’indagine approfondita sul reale utilizzo delle armi chimiche in questione. E questi sono solo gli esempi più recenti. Secondo Reporters sans frontières, ad oggi i giornalisti in prigione in Turchia sono 24 e il Paese si classifica al 149esimo posto nel mondo per la libertà di stampa. Quella della repressione dei media indipendenti e della violazione della libertà di espressione, è una strategia ben studiata dal presidente Erdogan e che si presume aumenterà all’avvicinarsi delle elezioni.
Promettere un futuro luminoso
Per riportare a sé un più ampio numero di elettori, l’Akp, sta portando avanti una serie di promesse facendo leva sull’ampliamento del welfare. A settembre Erdogan ha annunciato che verranno create qualche centinaio di migliaia di nuove unità abitative il cui mutuo avrà un costo irrisorio, tra i 121 e i 170 dollari. A novembre il ministero dell’ambiente, dell’urbanizzazione e del cambiamento climatico ha annunciato la costruzione di altri 100.000 alloggi per i redditi medi e medio-alti.
Secondo altre dichiarazioni, il partito ha promesso di eliminare l’età pensionabile a milioni di turchi nel caso in cui abbiano terminato il numero di giorni di lavoro stabilito. Le misure volte a convincere l’elettore turco non si fermano qua: lo stipendio dei funzionari statali è aumentato del 42% e il salario minimo del 30%; gli interessi sui prestiti per gli studenti sono stati azzerati e sono stati forniti incentivi per l’acquisto della prima casa.
La stretta sull’opposizione divisa
Schiacciare l’opposizione è sicuramente la strategia più efficiente per arrivare a fine corsa come vincitore e le forze di Erdogan si stanno concentrando soprattutto sul sindaco di Istanbul, Ekrem Imamoglu che in questi anni gli ha dato filo da torcere. Imamoglu era il candidato favorito da tutti i leader dell’opposizione composta dal Partito popolare repubblicano (Chp), dal Partito İyi, dal Partito democratico (Dp), dal Partito della felicità e altri due partiti minori.
A dicembre però, Imamoglu è stato condannato a due anni e sette mesi di reclusione per un presunto insulto alla Commissione elettorale suprema e gli è stato imposto un divieto di rivestire ruoli politici per due anni. La sua figura era tra le più in voga per riunire tutti i partiti di opposizione sotto un’unica ala che adesso invece non avrebbero ragione di unirsi.
Il Chp, il più grande partito di opposizione, probabilmente deciderà di candidare il suo leader Kemal Kilicdaroglu che però, reputato troppo di sinistra, non andrebbe incontro alle esigenze politiche e ideologiche del Partito İyi e di altri partiti minori di opposizione. Altri nomi potrebbero essere avanzati dal Chp ma andrebbero a creare delle fratture interne al partito.
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