La Trattoriola di Luca si trova in via degli Equi 18, una stradina posizionata tra le maestose mura aureliane e via Tiburtina, nel quartiere universitario, vivace e giovanile, San Lorenzo. Talmente giovanile che qui mi danno del lei dal 1998. Sono passato davanti a questo ristorante decine di volte, ogni volta ne ho ammirato il giardino esterno e spesso ho pensato “Che carino questo posto, devo assolutamente venirci prima che l’estate termini”. Alla fine ci sono entrato a dicembre, con un ritardo degno del Frecciarossa Torino P.N. – Lecce.
Poco male però. Anche la sala interna è molto carina: arredata con gusto in stile classico esprime un’atmosfera familiare. Ad accogliermi lo chef Luca Urriera, vestito con una divisa eccentrica che mi ricorda i pigiami Simple Joys di Bridget Jones. Ripensandoci, vista l’ora in cui ho scelto di cenare cioè poco dopo le 19.00, roba che neanche a Copenaghen, forse Luca indossava ancora il pigiama per davvero.
Il suo aspetto mi mette di buon umore e il mio girovita mette di buon umore lui, perché è evidente che non sono qui per una semplice insalata. Il menu presenta numerose proposte interessanti e, a mettermi in ulteriore difficoltà, c’è anche l’elenco recitato dal gentilissimo cameriere di alcuni sfiziosi fuori menu. Per decidere cosa mangiare impiego quindi lo stesso lasso di tempo delle 32 partite a scacchi tra Anatolij Karpov e Viktor Korcnoj disputate a Baguio nelle Filippine nel 1975.
Si parte subito con un antipasto memorabile: due fiori di zucca ripieni di mazzancolle fritti in tempura (grossi come delle maracas colombiane) e accompagnati da una salsa di yogurt greco. Uno dei migliori fritti che abbia mai mangiato e che mi manda nella stessa estasi mistica di Maradona sugli spalti dello stadio Krestovsky durante Argentina-Nigeria dei Mondiali di Russia 2018.
L’entusiasmo non cala quando arrivano le due mozzarelle di bufala fritta in tempura: questa volta la mia reazione quando le assaggio è la stessa che ebbi al cinema nel 1996 vedendo il décolleté di Salma Hayek in Dal tramonto all’alba. Gustosissime, le mozzarelle intendo.
Non ho mai amato molto il carciofo alla romana. Chiedete alla buon’anima di mia nonna che, dopo averlo preparato con cura per ore, guarnito con la mentuccia raccolta nei prati davanti casa e cotto per ore a fuoco lento, provava a propinarmelo almeno una volta a settimana ottenendo dei rifiuti che neanche il Bastianich più bastardo. Qui, invece, l’ho provato accompagnato da ricotta di pecora e mi sono dovuto ricredere (scusa nonna e grazie per non avermi estromesso dall’eredità).
Per rimanere leggero, come primo piatto ordino gli scialatielli alla carbonara con tartufo nero. Quando me li portano serviti in una padella in cui io normalmente cucino per due persone, mi esalto e urlo come Lele Adani davanti a un’azione qualsiasi di Lionel Messi. Prima ne inalo il profumo, che ricorda la fuga di gas dal Nord Stream nel Mar Baltico, e poi li divoro con foga, facendo la scarpetta con le fette di pane infilate tra le dita tipo ventaglio di Siviglia.
Avrei bisogno di immergermi in una tinozza piena di crema snellente della Somatoline ma non desisto e ordino due secondi fuori menu che mi avevano stuzzicato al momento della scelta. Il brasato di manzo cotto nel rosso non ha un bell’aspetto e somiglia a un gommone incagliato a uno scoglio di Arbatax ma, superato l’impatto visivo, ne apprezzo il sapore e la tenerezza. Il maialino porchettato è più ordinario ma la salsa di mandarino piccante che l’accompagna è davvero superba. Ance il contorno di inestricabili puntarelle con ricotta è ottimo e rappresenta il sipario perfetto sulla cena, anche perché l’enorme quantità di acciughe mi costringe a mettere un disco gel Duck Fresh per wc sul palato e a cercare di non proferire più parola.
Ormai sono totalmente satollo e, prima che riaprano i Centri Dimagranti Sobrino e mi usino come testimonial da bullizzare, chiedo il conto. Me ne vado davvero soddisfatto, camminando per le strade della bella San Lorenzo con l’andamento di un pinguino imperatore e con la certezza che tornerò qui a breve o, quanto meno, l’estate prossima.