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Meloni contro il vertice Macron-Zelensky-Scholz: “La nostra forza dovrebbe essere l’unità”. Il presidente francese al contrattacco

Il capo dell’Eliseo respinge le critiche della premier italiana: “Francia e Germania hanno un ruolo particolare sulla questione”. Lo scontro Roma-Parigi rischia di pesare sul summit di Bruxelles. Gelo alla “foto di famiglia” dei leader

(Tommaso Ciriaco – repubblica.it) – BRUXELLES – L’ha deciso in aereo, in tarda serata, quando ha raggiunto Bruxelles. Infuriata per l’esclusione dalla cena con Volodymyr Zelensky all’Eliseo, sconcertata per la scelta di Macron di includere Olaf Scholz e tenere fuori l’Italia, nonostante i recenti tentennamenti tedeschi sulla fornitura dei tank. “Quella del presidente francese è un’iniziativa inopportuna – dice Giorgia Meloni entrando al Consiglio europeo, al quale prenderà parte anche il presidente ucraino – Capisco le questioni di politica interna e la volontà di privilegiare le proprie opinioni pubbliche, ma in alcuni momenti farlo rischia di andare a discapito della causa. La nostra forza deve essere l’unità”. E le scorie dell’incidente si notano già durante la foto di famiglia, quando Macron e Meloni si ignorano. Lei sta dietro di lui, ma non si parlano. Segno del gelo.

“Non ho commenti da fare” sulle dichiarazioni della premier Giorgia Meloni, “ho voluto ricevere il presidente Zelensky con il cancelliere Scholz, penso che eravamo nel nostro ruolo”, ha detto il presidente francese Emmanuel Macron arrivando al vertice Ue. “La Germania e la Francia, come sapete, hanno un ruolo particolare da otto anni sulla questione” dell’Ucraina, “perché – ha aggiunto – abbiamo anche condotto insieme questo processo, penso che stia anche a Zelensky scegliere il formato che vuole” per i colloqui diplomatici.

La premier vedrà stamane il leader ucraino, ma sa di non poter ormai fugare la sensazione diplomatica di essere scesa – suo malgrado – dal vagone di testa che condusse l’Italia di Mario Draghi a Kiev, proprio assieme a Scholz e Macron. È un affondo politico forte e che inevitabilmente entra nel merito di una scelta che non è soltanto di Macron, ma soprattutto di Zelensky, che accettando l’invito (e quelli precedenti) ha messo plasticamente in ordine il gradimento dei Paesi alleati: Stati Uniti, Regno Unito, Francia (con la presenza tedesca) e, infine, l’Europa.

Una tensione, quella con Parigi, che nasce da lontano. Già prima della nascita dell’esecutivo, Meloni aveva deciso di mandare un segnale in chiave antifrancese, pianificando la prima missione in una Cancelleria europea lontano da Parigi. Due le opzioni: Varsavia, oppure Stoccolma, che da gennaio guida la presidenza di turno dell’Unione. Alla fine è stata scelta la capitale svedese, subito prima di Berlino. Nel frattempo, si è consumato uno scontro durissimo sui migranti con l’Eliseo.

Un conflitto molto duro, che è fatto prima ancora che di sostanza – sui dossier i due Paesi hanno più punti di convergenza di quanto sembrerebbe dalle polemiche – di forma e ripicche diplomatiche. L’ultima, pesante e sotterranea, nei giorni scorsi.

Meloni, da settimane, non riesce a pianificare la missione a Parigi. Lo staff presidenziale dell’Eliseo aveva fatto recapitare un messaggio chiaro: attendiamo una data. Gli uffici diplomatici, pure in contatto, non sono riusciti a ufficializzare il viaggio, nonostante Roma abbia tentato di fissare la visita. Tra le date ipotizzare, anche quella di ieri, mercoledì 8 febbraio, alla vigilia del Consiglio. Il fatto che nel frattempo Macron pianificasse sempre per l’8 febbraio la cena con Zelensky – escludendo tra l’altro proprio Meloni – potrebbe essere stata la classica goccia che ha contribuito a provocare l’incidente diplomatico di oggi. I cui strascichi potrebbero arrivare fin dentro il summit di Bruxelles, complicando il lavoro sui punti in agenda.

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