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Munizioni e 300 mila uomini: il nuovo piano della Nato per il fronte Est

Saranno mesi decisivi per il nuovo corso della Nato. L’Alleanza atlantica, che in autunno dovrà nominare un nuovo segretario vista la fine del mandato di Jens Stoltenberg, si prepara anche a varare un ambizioso piano di contenimento anti russo lungo i suoi confini orientali. Piano, ha scritto Politico Europe, che prevede fra le altre cose una forza di 300 mila uomini.

Stando al portale con sede a Bruxelles nei prossimi mesi la Nato accelererà gli sforzi per accumulare lungo il confine orientale equipaggiamenti e materiali, ma soprattutto una forza di intervento capace di correre in soccorso degli alleati nel più breve tempo possibile. Un piano ambizioso che segna l’ennesimo puntello alla nuova cortina di ferro tra l’Europa e la Russia di Vladimir Putin.

I limiti del piano

Dietro a questo scatto si celano le anime più anti russe dell’Alleanza, Paesi Baltici e Polonia fra tutti. Il problema è che si mostra fin da subito molto difficile da attuare. Non sarà facile, nota ancora Politico, convincere i singoli Paesi Nato a contribuire. Sul piatto andranno messi vari elementi: soldati, addestramento, nuove infrastrutture, ma soprattutto equipaggiamento, munizioni e armi: tre elementi che iniziano a scarseggiare.

Il grande appoggio che i Paesi Nato hanno destinato all’Ucraina ha messo a dura prova gli arsenali di tutti, Stati Uniti compresi. Per questo c’è il rischio che il piano parta depotenziato dato che alcuni potrebbero sfilarsi. Il conflitto in Ucraina è entrato nel suo secondo anno di vita e Kiev insiste per tenere alto il livello delle forniture. Il tutto in uno scenario che vede l’intera filiera sotto pressione, con tempi di evasione degli ordinativi bellici che continuano ad allungarsi.

In primavera i leader militari della Nato si troveranno a presentare la versione aggiornata e ridisegnata dei piani di difesa regionali che proteggono il miliardo di abitanti sotto il cappello dell’Alleanza. Questi piani prevedono, come detto, un dispositivo ambizioso di circa 300 mila uomini. Una forza che richiede coordinamento e soprattutto la partecipazione di tutti gli Stati membri.

Il nodo della prontezza

Un funzionario sentito da Politico ha evidenziato molto bene i due punti cardini che la Nato non può ignorare: servono “più truppe” e soprattutto forze “più pronte”. Ma in cosa consiste questa “prontezza”? Riguarda la capacità di spostare un certo numero di soldati in un certo lasso di tempo.

Il primo livello di questa “prontezza” prevede una forza di circa 100 mila soldati in grado di attivarsi in una decina di giorni. Al momento la gran parte di questi arriverebbe dalle tre repubbliche baltiche, dalla Norvegia e dalla Polonia, ha spiegato l’ex generale Nato Heinrich Brauss. Non solo. In questi 100 mila confluirebbero anche i gruppi tattici multinazionali che sono oggi schierati lungo il fronte Est. Nel 2022 questi gruppi tattici sono passati da quattro a otto e sono stanziati tra Bulgaria, Ungheria, Romania e Slovacchia.

Un secondo livello di truppe verrebbe poi sostenuto da altri Paesi dell’Alleanza, come la Germania, capaci di attivarsi in un tempo più lungo pari a una trentina di giorni. Il problema è che i tempi rischiano di allungarsi andando a inceppare la macchina logistica di tutti i vari comparti Nato. Muovere un così alto numero di uomini e mezzi richiede attrezzature, formazioni e soprattutto molti soldi. Fondi che ogni Paese dovrà destinare in maniera diversa a seconda delle sue lacune, chi per incrementare armi e munizioni, chi per ampliare il reclutamento.

Per avere un’idea di come la partita sia complessa bastano le parole dello stesso Soltenberg non meno di un mese fa a Bruxelles. “L’attuale tasso di consumo delle munizioni in Ucraina è molto superiore al nostro attuale tasso di produzione”. Un’ammissione non secondaria. Lo stesso Soltenberg, riportava Reuters a febbraio, aveva confermato la necessità per l’Occidente di lavorare sul fronte della produzione dato che in poco tempo l’attesa per la fornitura di munizioni di grosso calibro è passata da 12 a 28 mesi.

Il tampone europeo

In realtà i tempi potrebbero dilatarsi ancora di più. Come ha scritto il Financial Times la spinta dell’Europa per fornire armi a Kiev è stata in parte smorzata dalla carenza di esplosivi. Secondo gli addetti ai lavori i ritardi nella produzione di armamenti potrebbero arrivare fino a tre anni. A pesare è la carenza delle materie prime come polvere da sparo, esplosivo al plastico e tritolo. Non solo. Il ciclo produttivo, nel breve periodo, non dovrebbe accelerare nemmeno con un’immediata iniezione di liquidità.

Da mesi si spendono fondi per incrementare la produzione di artiglieria, in particolare quella da 155 mm. Ma i produttori avvertono che l’aumento della domanda sta facendo crescere i prezzi ma non la produzione. Questi rumors apparsi sulla stampa britannica anticipano una riunione chiave che i ministri della Difesa e degli Esteri dell’Unione devono tenere a Bruxelles il 20 giugno per discutere del pacchetto di un miliardo di euro che l’Ue vorrebbe mettere sul piatto per sopperire alla carenza di proiettili.

Intanto il 19 marzo si è tenuta una nuova riunione del Coreper, il gruppo che raduna gli ambasciatori dei 27 Stati Ue. Nel meeting è stato discusso il programma in tre fasi proposto da Josep Borrell, l’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri. Secondo questo piano in una prima fase si invierebbero a Kiev altre munizioni presenti negli stock dei vari Stati membri. A maggio scatterebbe la seconda fase con l’acquisto congiunto di munizioni grazie anche all’azione dell’Agenzia europea della Difesa. La terza e ultima parte riguarda piani più o meno generici di rafforzamento dell’industria della difesa europea.

Resterà da capire se oltre ai piani militari i membri Nato riusciranno a trovare un modo per convertire in modo rapido le loro economie e la loro produzione bellica. Il banco di prova di questi progetti con ogni probabilità sarà quello della riunione Nato fissata in estate in Lituania.

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