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Testimonianza / Il nostro Ratzinger sul filo dei ricordi. “Ecco perché io, tradizionalista, pensai subito: non ci lascerà soli” – Aldo Maria Valli

Cari amici di Duc in altum, John C. Rao, docente alla St. John University di New York, direttore del Roman Forum – Istituto Dietrich von Hildebrand ed ex presidente di Una Vox America, mi ha inviato questo suo bel ricordo di Benedetto XVI.

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di John C. Rao

La mia famiglia da sempre trascorre un mese o più a Roma dopo la fine dell’anno scolastico a New York in maggio e l’inizio del simposio estivo della mia organizzazione, il Roman Forum, sul Lago di Garda in luglio. Nel 1995 mia mogie ed io arrivammo nella città eterna col nostro primogenito, Nicholas, che all’epoca aveva solo due mesi.

Come sempre alloggiammo in un palazzo sul Gianicolo, Villa Bassi, e andammo a cena in un posto molto economico e accogliente in via del Moro, la trattoria da Mario.

Nel corso degli anni siamo rimasti vicini alla famiglia romana a cui apparteneva la trattoria e alla cameriera che quasi sempre ci serviva e continua ad abitare dietro l’angolo, a due passi da piazza San Giovanni della Malva.

Una sera, dopo cena, in quello stesso anno 1995, mia moglie, un nostro amico del cuore (che in quel periodo studiava all’Angelicum e adesso è il cappellano del Roman Forum), il nostro piccolo Nicholas ed io stavamo chiacchierando fuori dalla trattoria. Fumavo un Antico Toscano e a un certo punto il mio amico disse: “Guarda un po’, sta arrivando il cardinale Ratzinger”.

Non c’era dubbio, era proprio lui, che passeggiava in via del Moro in compagnia, credo, del padre Gänswein, non lontano dal ristorante tedesco che il cardinale apprezzava.

Incorrggiato dal suo sorriso, ci avvicinammo e chiedemmo una benedizione per il piccolo Nicholas. Ratzinger gliela diede subito e con entusiasmo, e poi, a sorpresa, si fermò per una quindicina di minuti per chiacchierare con noi.

Gli dicemmo che eravamo molto contenti per una serie di documenti emessi dalla Congregazione per la dottrina della fede e gli spiegammo ciò che noi, come responsabili di un’organizzazione tradizionalista, stavamo facendo con la nostra iniziativa a Gardone Riviera. Lui ci ringraziò per il nostro lavoro e mi chiese di lasciargli più informazioni in proposito nella sede della Congregazione, cosa che feci il giorno dopo.

Ora mando avanti le lancette della storia di dieci anni: siamo nel 2005. Sto finendo una lezione universitaria a New York quando un mio collega grida: “Hanno eletto il nuovo papa!”. Chi sarà? Mi avvio di corsa verso il Centro studentesco, dove c’è uno schermo enorme con il collegamento in diretta da Piazza San Pietro e mentre corro vengo affiancato da due studenti. Chiedo: “E voi dove andate così di fretta?”. Rispondono: “Se correi lei, professore, vuol dire che dev’essere qualcosa di importante”.

Arriviamo davanti allo schermo appena in tempo per ascoltare l’annuncio e vedere spuntare quel viso così familiare, sorridente e buono.

In quello stesso momento mia moglie è in un parco giochi al Greenwich Village con i nostri bambini (diventati tre) e quando viene a sapere il nome del nuovo papa scoppia in lacrime. Guarda Nicholas e subito fa inginocchiare i ragazzi per una preghiera di ringraziamento.

Tutti sapevamo che papa Benedetto aveva alle spalle una posizione teologica quanto meno complicata (parlo ovviamente dal nostro punto di vista di tradizionalisti), ma immediatamente avvertimmo che il nuovo pontefice sarebbe stato dalla nostra parte. Il ricordo dell’incontro di Roma ci confortava: avevamo visto un principe della Chiesa umile. semplice, disponibile, un uomo che si rendeva accessibile senza barriere e manifestava la nostra stessa fede.

Michael Davies, uno dei membri più importanti del Roman Forum, difensore erudito della liturgia romana tradizionale e presidente per parecchi anni di Una Vox Internazionale, ci aveva detto che il cardinale Ratzinger era sicuramente un nostro amico e che ci avrebbe sempre incoraggiato. “Vedrete – ci disse Michael – che certamente papa Ratzinger farà qualcosa per salvarci se ne avrà la possibilità”.

Sfortunatamente, Michael morì prima che quel cardinale mite e buono, divenuto papa, confermasse ciò che Dietrich von Hildebrand, il fondatore del Roman Forum, ci aveva detto fin dall’inizio dei nostri guai liturgici, ovvero che la Messa di sempre non potrà mai essere abolita.

Io invece ero ancora vivo e potei farmi voce di Michael davanti al papa nel quale il nostro amico aveva posto la sua fiducia. Di passaggio a Roma, andai all’Angelus domenicale e lì, in piazza, ringraziai il nuovo papa e pregai per lui.

Seguendo l’esempio di mia moglie, in quel momento toccò a me scoppiare in lacrime. Come mai? Perché la voce che sentii quella domenica dalla finestra del palazzo apostolico era esattamente la stessa che avevo sentito dare la benedizione al nostro piccolo Nicholas in via del Moro dieci anni prima. La voce di un uomo affabile e umile, che “trasudava” la vera Fede comune a tutti noi, qualunque fosse la complessità della sua esegesi biblica personale. Forse il mio giudizio non era fondato su pilastri scientifici, ma in quel momento fui certo che l’amico Michael aveva ragione: Benedetto XVI sarebbe rimasto al nostro fianco, perché era tutto d’un pezzo. Per usare una espressione yiddish, era un Mensch cattolico. Con lui, pensai, noi non solo potremo sopravvivere, ma prospereremo, resteremo vivi e vegeti.

Il 3 gennaio a New York nella Chiesa dei Santi Innocenti, a Manhattan, è stata celebrata una Messa da requiem per Benedetto XVI. Una Messa vetus ordo, con la Chiesa strapiena, come sempre. E come sempre, la maggior parte della folla era composta da giovani e famiglie giovani. Erano lì perché per loro è stato possibile crescere nella fede più sicuramente e tranquillamente grazie all’uomo buono e disponibile, accogiente e umile che avevo incontrato a Roma. Tutti eravamo lì per ringraziarlo.

Confesso che mi sono guardato attorno per vedere se ci fossero anche i due studenti che nel 2005 avevano corso accanto a me per raggiungere lo schermo. Lungo gli anni siamo rimasti in contatto e nel frattempo sono diventati tradizionalisti anche loro. In mezzo alla folla non sono riuscito a distinguerli, ma invierò loro una e-mail per ricordare quella nostra “volata” piena di emozione.

Valse la pena correre a perdifiato. Il papa Benedetto ha veramente benedetto non solo il nostro Nicholas, ma tutti noi. Preghiamo dunque per papa Benedetto, e che lui preghi per noi.

Viva Cristo Re!

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