Roma, 30 mar — E’ giallo sul manifesto d’intenzioni lasciato da Audrey Hale, la killer della strage di Nashville in cui hanno perso la vita sei persone, tra cui 3 bambini. Le autorità non sembrano intenzionate, per ora, a pubblicare tale manifesto, che conterrebbe le motivazioni alla base del gesto.
Nashville, i gruppi Lgbt pongono il veto sulla diffusione del manifesto
Le speculazioni sul contenuto sono tra le più varie. Tuttavia, le più accreditate riguardano possibili motivazioni di tipo ideologico, sulla scia delle violente proteste di antifascisti e comunità trans nei confronti dei legislatori del Tennesse, colpiti da reiterate minacce di morte e di proclami inneggianti alla guerra civile, al limite del terroristico. Casus belli che ha mobilitato le milizie arcobalenate è stata l’approvazione di una normativa che limita fortemente l’età del pubblico degli spettacoli drag queen e proibisce la mutilazione medica dei minori affetti da disforia di genere. Caso strano, ora sono proprio le sigle Lgbt a porre il veto sulla diffusione del manifesto della Hale, mentre giornalisti dell’ala conservatrice come Tucker Carlson da giorni chiedono di sapere secondo quale motivazione Hale si è arrogata il diritto di spezzare la vita a tre bambini e tre adulti.
Quali motivazioni?
Le sue motivazioni erano anticristiane? Aveva maturato una sorta di risentimento nei confronti dell’istituto che aveva frequentato da bambina, oppure la sua sete di vendetta verteva sulla recente legislazione anti-trans approvata nel Tennessee? Una cosa è certa, se Hale ha messo per iscritto le proprie «ragioni», il pubblico merita sicuramente di capire che cosa l’ha armata e l’ha spinta a compiere una strage. Tuttavia le sigle Lgbt preferiscono spostare l’attenzione «sull’accesso troppo facile ad armi mortali», deresponsabilizzando in tal modo chi ha compiuto la strage e le relative motivazioni. «Indipendentemente dalle intenzioni del killer, il vero problema qui è la facilità di accesso ad armi mortali nel Tennessee e altrove», ha detto a Newsweek Jordan Budd, direttore esecutivo di Children of Lesbians and Gays Everywhere (COLAGE).
Sotto ricatto
Charles Moran, il presidente nazionale dei Log Cabin Republicans, un gruppo conservatore gay, si dice più convinto del fatto che le motivazioni di Hale potrebbero subire una sorta di «glorificazione» da parte di altri attivisti trans dell’ala più estrema, portando a emulazioni e quindi altre stragi e parlando di «gravi conseguenze». La società dovrebbe dunque vivere sotto il ricatto di estremisti psicopatici pronti a far saltare e cervella al prossimo, se le varie legislazioni non saranno pronte a soddisfare i loro desiderata?
Di certo, tenere all’oscuro il pubblico per evitare possibili stragi ventilandone l’eventualità è desolante e profondamente ingiusto per una società che si dice civile. Oppure, semplicemente, i gruppi di attivisti Lgbt nutrono la preoccupazione che il manifesto di Hale risulti così indigesto all’opinione pubblica da finire con il danneggiare la causa Lgbt: questi gruppi che vogliono nascondere parte della verità sono preoccupati del fatto che la loro retorica incendiaria e iperbolica potrebbe essersi rivelata decisiva nel guidare l’ultima sanguinaria decisione della 28enne.
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